Prescrizione, Balzano: «No alla Giustizia assoggettata alla ricerca del consenso»

Il Roma La democrazia del fascismo, il fascismo della democrazia demo5stellata ovvero la dittatura della minoranza. Eppure qualcuno parla di Conte tris. «Siamo contrari, non solo a questa riforma (della prescrizione, ndr) che abbiamo definito sciagurata, a tutta la politica della giustizia – assoggettata alla caccia ad un presunto consenso in nome del quale sacrificare i diritti costituzionali dei cittadini – portata avanti da questo governo. La nostra speranza è di riuscire, dialogando con questi ultimi, di renderli consapevoli di quello che si sta consumando ai loro danni». Così, Domenico Nicolas Balzano, presidente della Camera Penale di Torre Annunziata, chiarisce il perché della ‘maratona oratoria’ «Imputato per sempre? No, grazie» organizzata dai penalisti oplontini, contro l’abolizione della prescrizione. Che, a detta dell’ex presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, è inutile, perché «la morte dei processi dovuta alla prescrizione deriva solo da una questione organizzativa e la riforma Bonafede produrrebbe soltanto processi infiniti».

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Sicché, vien da chiedersi, ma dov’è scritto che assicurare agli italiani, ciò che chiedono: una ragionevole durata del processo e certezza della pena, dipenda dalla cancellazione di una norma di civiltà giuridica quale la prescrizione e introducendo l’intercettazione per tutti, tramite Trojan? Da nessuna. Neanche nel codice Rocco, dal nome del guardasigilli del Governo Mussolini che ne fu il principale estensore. Che, con Costituzione e leggi speciali è ancora una delle fonti del diritto penale. Prescrizione che il cosiddetto ‘regime’ istituì, e che, 170 anni dopo, la ‘parademocrazia’ della riforma Bonafede – ispirata dall’ex presidente dell’Anm, Davigo – sostenuta dai grillini, approvata durante il governo gialloverde, ma rinviandone di un anno l’entrata in vigore, per predisporre una vera riforma della Giustizia e accelerare i processi, obiettivo, però, mancato – vorrebbe abolire. Il che, piace a pochi. Anzi, a nessuno. Non all’opposizione; non alla stragrande maggioranza della Magistratura italiana (come dimostrano le polemiche nei tribunali italiani, durante le inaugurazioni dell’anno giudiziario); ancora meno agli avvocati che hanno lasciato l’aula quando alla cerimonia milanese ha preso la parola Davigo, e si sono presentati ammanettati a quella napoletana.

Prescrizione: sarà la più significativa bandiera della dittatura delle minoranze

Una ‘deforma’, quindi, che come si può vedere, rischia di trasformarsi nella bandiera (non l’unica, ma la più significativa) dell’attuale dittatura della minoranza giustizialista, visto che sono soltanto i 5stelle a volerla. Non piace agli altri soci dell’esecutivo giallorossorosa: piddini, Leu e Iv (continuano a sbraitare, stando, però, attenti a non tirare troppo la corda) che se ne stanno facendo complici, solo per evitare di vedersi «depoltronizzati» e dover tornarsene a casa con le pive nel sacco. Ciò nonostante, però, andare avanti, per Conte, non è facile. Anzi, data la debolezza del governo e le notevoli differenze di vedute fra i partiti della maggioranza e al loro stesso interno, per restare in sella deve ricorrere, per ogni ‘si’ alle proprie proposte, all’imposizione della fiducia. Il che significa strozzare il dibattito, riducendo ai minimi termini, la libertà di scelta e i margini di democrazia parlamentare. Non è un caso, infatti, che negli ultimi dieci anni, i governi che hanno ricorso di più alla fiducia sono stati, quello Monti con il 46,59%; Renzi con il 45,95, terzo, ma distanziato il ‘tiranno’ per antonomasia Berlusconi, con appena il 22,06, poi il Conte 1 (ma solo perché durato poco), con il 21,28. Il Conte bis, però, in 3 mesi vi è ricorso su ben 6 provvedimenti, compreso il ‘milleproroghe’, contro i 5 dello stesso periodo del primo. Insomma, i governi più democratici sono quelli in cui sono presenti i leader del centrodestra. Quelli, cioè, che sinistri, grillini e sardine fritte (già fallite in Campania e Puglia) accusano di conculcare le libertà.

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E per questo, vien da chiedersi perché Salvini, voglia dimostrare il contrario, accusando – per altro, dopo essersi dichiarato d’accordo – gli alleati di «egoismo nelle scelte» e pretendendo il canbio dei candidati governatori di Campania (Caldoro, FI) e Puglia (Fitto, FdI) con altri più graditi. Ebbene, con un centrosinistra allo sbando, frammentato in tanti rivoli perché, mostrare i muscoli agli amici e rischiare di spaccare anche il centrodestra? Attento, Salvini, non sempre è vincente.

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