Le Sardine nel mare della politica ‘nuotano’ con il ministro Provenzano e ‘sproloquiano’ di Sud
Il rilancio del Mezzogiorno è un po’ come la Nazionale di calcio: tutti esperti, tutti che ne vogliono parlare dando consigli e avanzando proposte. A questo ‘sport nazionale’ anche le Sardine, il ‘fenomeno’ politico e sociale degli ultimi mesi, non si sono volute sottrarre partecipando ad una serie di incontri, prima, con il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia e, poi, con quello per il Sud Giuseppe Provenzano.
Prima di parlare del loro contributo ideale e valoriale è lecito, però, chiedersi perchè questi baldi ragazzotti siano stati ricevuti da due ministri della Repubblica. A che titolo sono stati innalzati a tale onore? Può bastare aver riempito le piazze e rivitalizzato il dibattito e il recente confronto elettorale in Emilia Romagna? Certo che no. Non basta.
Il punto in questione non dovrebbe essere tanto la mobilitazione, e il flop di qualche giorno fa a Napoli deve far riflettere, ma piuttosto le idee o il programma. E su questo piano il contributo delle Sardine è stato sempre molto generico se non inadeguato. E allora perchè l’incontro? Una scelta di marketing politico, perché oggi è ‘figo’ farsi vedere affianco alle Sardine, che altro non sono che un prodotto nato nel laboratorio massmediatico della sinistra e imposto agli italiani in ogni occasione. E come tutti i fenomeni nati in ‘vitro’ poco importa che non abbiano qualcosa di serio da dire, basta l’apparenza. Basta vederli e farsi vedere con loro. E così eccoli ricevuti dai ministri. Speriamo che almeno il presidente del Consiglio Conte si sottragga a questa puerile passerella.
Ma se per alcuni contano le apparenze, per chi è abituato a pretendere soluzioni ai problemi queste spiegazioni non hanno alcun senso, specie se poi si parla di sviluppo del Mezzogiorno. E allora da questi incontri le Sardine sono riuscite a dare un loro contributo programmatico? Giudicate voi: «Ripristinare fin dall’Università una sorta di Erasmus tra regioni del Sud e del Nord». Insomma, si chiedono le Sardine: «Perché un napoletano non può farsi sei mesi al Politecnico di Torino e un torinese sei mesi a Napoli o a Palermo per studiare archeologia, arte, cultura o diritto?».
Davvero c’è bisogno di un ‘tour operator
universitario’ tra Nord e Sud?
Può farlo benissimo, risponderemmo, ma non porterebbe alcun vantaggio in tema di sviluppo del Mezzogiorno. Infatti, non è la creazione di un ‘tour operator’ universitario la risposta al Sud che non cresce e non è questo quello che si attendono i giovani che nascono nell’Italia meridionale. Peraltro, in una società così liquida come la nostra è talmente improbabile che uno studente del Sud vada al Nord e viceversa? Certo che no.
Se questa proposta non fosse giunta dalle Sardine ci sarebbe stato da preoccuparsi, visto che sottende una sempre viva visione lombrosiana e cioè di un Sud incapace e gretto rispetto ad un Nord sviluppato, da cui i meridionali possono e devono soltanto imparare. Insomma esisterebbe sempre il Cialdini di turno che deve riportare ordine e disciplina, sabauda, tra i briganti meridionali.
Fortunatamente non è così, perché questa visione è estranea alle Sardine e non perché ne abbiano un’altra ma perché sinceramente non ne hanno una. Resta il fatto che uscire da un incontro a Palazzo Chigi avendo proposto l’Erasmus Nord-Sud come soluzione al divario tra Italia Settentrionale e Meridionale è alquanto imbarazzante. Se sono le Sardine l’humus su cui deve rinascere la sinistra consigliamo fortemente di guardare altrove. Ma subito.
Il Sud deve ripartire dalle proprie radici e dall’orgoglio
La verità è che le radici del sottosviluppo del Mezzogiorno sono ben più profonde e complicate e certamente non si curano con viaggi premio o studio al Nord. Il Sud non deve andare all’esterno per imparare a crescere, ma piuttosto dovrebbe partire dal proprio territorio e dall’orgoglio di una terra. Molto spesso è proprio sulle divisioni, sull’incapacità di fare squadra che sono state perse grande occasioni. Il Sud ha bisogno di pensarsi come uno spazio comune di interessi e valori convergenti ed i giovani vanno formati secondo questa visione. Mettendosi alle spalle un passato che troppo spesso ha diviso le grandi città del Mezzogiorno, all’interno di un Regno che vedeva Napoli capitale indiscussa. Il Sud può vincere la sfida della modernità e del sottosviluppo ma soltanto mettendo in rete le grandi potenzialità e facendo comunità. E questo parte dalla formazione di quelle che saranno le classi dirigenti, i futuri amministratori, imprenditori e professionisti. Poi c’è il tema delle risorse e di come impiegarle. Ma come sempre bisogna partire dalla formazione di chi governerà la cosa pubblica e le imprese. E questo non lo si fa allestendo i viaggi ‘Erasmus’.
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