«Fate presto». Dopo 40 anni quel grido di aiuto per la Campania risuona tristemente

«Fate presto». Era quasi quarantant’anni fa che Il Mattino dava vita a una delle prime pagine che sarebbero entrate nella storia del giornalismo italiano. Per carità non pensiamo di avere la stessa forza e autorevolezza de Il Mattino, ma oggi come allora è indispensabile agire senza indugio per salvare la Campania. Stavolta non è il terremoto l’emergenza contro la quale intervenire prontamente, ma la seconda ondata di Covid-19 che sta letteralmente travolgendo Napoli e l’intera Campania.

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Non sono soltanto le immagini dell’uomo trovato morto in un bagno del Pronto Soccorso dell’ospedale Cardarelli a dare voce al grido di «Fate presto». Sì quelle immagini, che abbiamo deciso di non diffondere, fanno male, ma forse peggio ancora è tutto il contesto intorno. Quelle barelle abbandonate, quei malati soli e senza assistenza e calore umano sono lo specchio di un’emergenza che sta investendo Napoli e tutta la Campania.

Conte: «Siamo lo Stato, serve segnale su criticità Napoli». Arrivano Esercito e Protezione civile

Conte firma il nuovo dpcm
Giuseppe Conte

Lo confermano le parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, fatte filtrare dalla riunione a Palazzo Chigi con i capi delegazione di maggioranza, che a pochi instanti da queste immagini avrebbe detto che «Siamo lo Stato e se ci sono segnalazioni diffuse di criticità sulle strutture sanitarie della città di Napoli serve dare un segnale. Il governo non rimane con le mani in mano: se c’è stress sulle strutture sanitarie si interviene con l’esercito e con la possibilità di nuovi Covid hotel a Napoli».

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Parole che non hanno riscontrato la reazione del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che stavolta ha preferito rimanere in silenzio. Eppure, soltanto due sere fa al ministro Boccia e al sindaco De Magistris, che nel corso della trasmissione Cartabianca esprimevano posizioni critiche sulla situazione in Campania, ma certamente meno pesanti rispetto a quelle del premier Conte, aveva brandito l’arma della «querela per diffamazione», convinto che fosse in atto un’operazione una «campagna di aggressione mediatica».

Parole Conte suonano come commissariamento della Regione Campania

De Luca - Coronavirus
Vincenzo De Luca

Ora nessun cenno. E dire che le parole del presidente Conte, qualora siano state davvero pronunciate ma non è giunta alcuna smentita, sono gravissime. Di fatto rappresentano un commissariamento della Regione, dopo la constatazione di un evidente fallimento nella gestione dell’emergenza Covid. Evocare il ricorso all’esercito e alla Protezione Civile per intervenire sullo stress sulle strutture sanitarie è la presa d’atto di un fallimento a livello regionale. E gioverebbe ricordare che la Regione Campania è competente e responsabile sulla politica sanitaria.

Non basta, perché accennare alla possibilità di realizzare nuovi Covid hotel nasconde al suo interno un’altra constatazione, se non una bocciatura, e cioè nell’ampliamento dell’offerta ospedaliera per gestire la seconda ondata che, complice il virus influenzale, in inverno sarebbe stata ancora più violenta. E viene spontaneo chiedersi che fine abbiano fatto i tre Ospedali Covid che nei mesi del primo lockdown il governatore De Luca tanto esaltava e magnificava? Che fine ha fatto la baldanza di quei mesi, che arrivava ad essere sfrontatezza, contro quel Nord che allora sembrava, secondo una drammatica legge del contrappasso, destinato a mostrare tutta la sua vulnerabilità rispetto a un Sud stavolta più diligente?

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Silenzio. E allora il grido di «Fate presto» non può che risuonare ancora più forte e drammatico, quasi al pari di quel 1980. Domani potrebbe essere la giornata per capire il futuro della Campania, che finora è stato colorato di giallo, come il colore di quella zona che fin da subito a qualcuno è sembrata fuori luogo leggendo i numeri e guardando le immagini degli ospedali e dei Pronti soccorso.

Dubbi ai quali anche noi abbiamo dato voce, spiegando che più che zona gialla eravamo dinanzi a un vero e proprio giallo sulla gestione anti Covid in Campania, alimentato anche da quei controlli dei tecnici, durati quasi due giorni, sui dati provenienti dalla Regione. Domani con il nuovo monitoraggio potrebbero esserci cambiamenti al punto che tutta la Campania potrebbe diventare zona rossa.

Sia chiaro, noi non tifiamo perché lo diventi. Guai a chi pensi di utilizzare questo dramma per farne lotta politica, ma se il premier Conte evoca esercito e Protezione civile, parla di allestire altri ospedali per gestire l’emergenza il passaggio la zona rossa diventa quasi obbligato. E anzi viene da chiedersi perché ci si accorge soltanto adesso di questa situazione? Forse che una settimana fa non c’era questa emergenza? Sarebbe, invece, bastato fare un giro, ascoltare i vari amministratori locali per rendersi conto che già allora la gestione era saltata.

E forse sarebbe bastato dare ascolto anche allo stesso governatore De Luca che soltanto qualche giorno fa chiedeva a gran voce di chiudere la Campania decretandola zona rossa. Una situazione talmente emergenziale che era pronto lui stesso a farlo. Peccato che poi né a livello nazionale, né regionale è mai accaduto nulla. E sarebbe interessante sapere il perché di questo immobilismo. Si temevano contraccolpi sull’ordine pubblico?

Ora lo scenario sembrerebbe cambiato, con il governo che punta a gestire l’emergenza e dettare i tempi e gli interventi da operare. Resta da capire chi davvero chiuderà, se si chiuderà, la Campania. Saranno alcune province, come Napoli e Caserta? Oppure tutto il territorio regionale? Ma soprattutto chi premerà il bottone del lockdown? Il ministro Speranza o il governatore De Luca? Non è domanda da poco, perché da chi deciderà le chiusure si capirà anche chi dovrà sobbarcarsi il peso degli aiuti economici. Tema non secondario che, secondo qualcuno, ha avuto un peso sull’immobilismo di questi giorni.

Gli occhi sono perciò puntati a venerdì, quando saranno diffusi i dati e potrebbero essere decise nuove misure. Ma «Fate presto», la Campania non può più aspettare.

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