Spaccio di stupefacenti, condannati i fratelli Marco e Gabriele Bianchi

Ancora in corso il processo d’assise d’appello per l’omicidio di Willy

I fratelli Marco e Gabriele Bianchi, condannati all’ergastolo in primo grado per il pestaggio mortale del ventenne Willy Monteiro Duarte avvenuto a Colleferro (Roma) nel settembre del 2020, avevano «una capillare attività di spaccio di sostanze stupefacenti», in particolare cocaina, la cui fornitura agli acquirenti si basava su un linguaggio in codice che definiva le quantità in termini di «magliette piccole, grandi e felpe». Lo sottolinea la Cassazione che ha confermato a carico dei due fratelli, esperti in arti marziali, la condanna a quattro anni e sei mesi ciascuno per spaccio e tentata estorsione.

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Ad inchiodare i Bianchi – per i quali è in corso il processo d’assise d’appello per l’omicidio di Willy – sono state soprattutto le intercettazioni, dal momento che i loro clienti, interrogati dalla polizia, hanno reso «dichiarazioni palesemente reticenti e timorose», rileva la sentenza 24226 depositata oggi dalla Terza sezione penale degli ‘ermellini’ e relativa all’udienza che si è svolta lo scorso 14 marzo.

Ad avviso della Cassazione, con «adeguata motivazione priva di vizi di logicità», la Corte di appello di Roma nel suo verdetto dell’ undici aprile 2022 – contro il quale il collegio di difesa dei Bianchi ha fatto ricorso alla Suprema Corte – ha confermato la responsabilità dei due imputati per lo spaccio e la tentata estorsione riducendo, per il venir meno di alcuni episodi in concorso, a quattro anni e sei mesi l’originaria condanna, stabilita dal Tribunale di Velletri, a cinque anni e quattro mesi.

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Secondo i supremi giudici, correttamente si è esclusa la «lieve entità dei fatti» – sostenuta invece dai legali Vanina Zaru, Valerio Spigarelli e Ippolita Naso – in quanto si è trattato di cessioni di cocaina «reiterate nel tempo e senza una sostanziale soluzione di continuità che dimostravano una non occasionale ma professionale attività di spaccio e, quindi, la detenzione di considerevoli quantitativi da immettere, seppure di volta in volta e in quantità modica, sul mercato».

Così il ricorso della difesa è stato dichiarato «inammissibile», ed i fratelli Bianchi – detenuti da subito dopo l’omicidio, scontano la pena in carceri diverse – sono stati condannati a versare tremila euro alla Cassa delle ammende per la mancanza di solidi motivi per appellarsi alla Suprema Corte

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