Matteo Messina Denaro sorvegliato h24 in una cella da 10 metri quadri

di Chiara Langella

Matteo Messina Denaro «riceverà lo stesso trattamento di tutti gli altri detenuti con patologie sanitarie»

Sorvegliato 24 ore su 24, in una cella di poco più di dieci metri quadrati nel supercarcere dell’Aquila. Matteo Messina Denaro è arrivato in Abruzzo, prima con un volo militare da Palermo a Pescara e poi scortato in auto verso il capoluogo, dove sorge il penitenziario italiano con il maggior numero di detenuti al 41 bis.

L’ormai ex latitante più ricercato d’Italia, che sarebbe in gravi condizioni di salute, ha passato tranquillo la giornata, durante la quale è stato affidato alle cure dei medici della Asl che operano all’interno dell’istituto. A breve comincerà anche la chemioterapia in una stanza ad hoc allestita nel carcere. Ad assistere il boss sarà il primario Luciano Mutti che terrà sotto controllo eventuali reazioni negative o effetti collaterali della terapia.

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Messina Denaro «riceverà lo stesso trattamento di tutti gli altri detenuti con patologie sanitarie – spiega il Garante dei detenuti dell’Abruzzo, Gianmarco Cifaldi -. Garantiremo il suo diritto alla salute». Subito dopo l’arresto a pochi passi dalla clinica privata palermitana La Maddalena dove era in cura, Messina Denaro è stato trasferito con un volo militare in Abruzzo, scortato dal Gruppo d’intervento speciale dei carabinieri e dai Ros.

Le fasi di accoglienza di routine hanno riguardato la registrazione del detenuto, attraverso le foto segnaletiche e la registrazione delle impronte digitali. Poi è stato portato nella sezione, probabilmente quella che si trova al piano terra del carcere, dedicata ai detenuti considerati ‘più pericolosi’.

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La videocamera registra tutto quello che accade

La sua cella non differisce per nulla da quelle degli altri, con un letto saldato a terra, un gabinetto e una televisione con i canali bloccati. Non è possibile infatti avere accesso alle emittenti regionali, per evitare il rischio che possano in qualche modo essere trasmessi messaggi in codice destinati ai boss. Sul muro della cella è installata una videocamera che registra minuto per minuto ogni movimento del boss. Immagini che poi vengono vagliate e analizzate dai poliziotti del Gom, il Gruppo Operativo Mobile.

Si tratta di agenti penitenziari gestiti non dal Provveditorato regionale, ma direttamente dal Dap e i cui turni vengono cambiati casualmente ogni giorno, anche tra penitenziari diversi. Le telecamere sono presenti, inoltre, in ogni corridoio o sezione del carcere, senza lasciare alcun angolo scoperto o spazi dove potersi nascondere. La vita all’interno dell’istituto prevede per i detenuti l’assoluto divieto di socialità o di incontro, con appena un paio di ore d’aria al mese.

C’è comunque la possibilità di accedere alla biblioteca o di leggere i giornali, in alcuni casi censurati se riportano fatti o articoli riguardanti processi nei quali siano coinvolti, anche indirettamente, i detenuti stessi. Esistono solo celle singole e per ogni sezione è predisposta una cella come presidio sanitario. In questo modo i detenuti non devono spostarsi dal proprio corridoio – composto da file di cinque o sei celle per lato – per poter ricevere le cure dei medici.

Gli altri detenuti nel carcere dell’Aquila

Nel super carcere dell’Aquila sono stati ospitati detenuti eccellenti come il boss mafioso Leoluca Bagarella – che sconta l’ergastolo per strage -, Raffaele Cutolo della Nuova camorra organizzata, l’esponente dei casalesi Francesco Schiavone detto Sandokan, l’esponente della Mala del Brenta Felice Maniero. Qui fu detenuto Totò Riina e sconta l’ergastolo Nadia Desdemona Lioce, la brigatista condannata per gli omicidi Biagi e D’Antona.

Ora nelle celle sono presenti 159 persone, di cui 12 donne. Sono tutte in regime di 41 bis ad eccezione di una ventina di detenuti che sono destinati però ai lavori di manutenzione o di cucina all’interno del carcere. In nessun modo possono interagire con chi è sottoposto al carcere duro. Questi ultimi, tutti condannati per reati legati alla mafia o al terrorismo, possono incontrare esclusivamente i propri legali o i familiari negli orari previsti dal regolamento. Una vita ben diversa dalle camicie firmate e le scarpe di lusso di trent’anni di latitanza.

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