Caso camici, la difesa di Dini: «Dopo parole di Fontana fece donazione»

L’avvocato ha chiesto di prosciogliere l’imprenditore fratello della moglie del presidente della Lombardia

Andrea Dini, titolare di Dama e cognato di Attilio Fontana, «prese atto» che non poteva andare avanti «con quella fornitura», perché «il governatore gli disse ‘mi metti in imbarazzo’ e quindi lui fece un passo indietro» e si arrivò alla donazione. Così, in sostanza, l’avvocato Giuseppe Iannaccone, davanti al gup di Milano Chiara Valori, ha chiesto di prosciogliere l’imprenditore, fratello della moglie del presidente della Lombardia che «non ha commesso alcun reato».

Dini è presente in aula e imputato in udienza preliminare assieme ad altre quattro persone, tra cui lo stesso Fontana, per il cosiddetto ‘caso camici’. Il difensore – il primo a parlare nell’udienza di oggi poi dedicata anche a tutte le altre difese, compresa quella del governatore – ha fatto presente anche che, poi, Dini ha offerto anche gli altri 25mila camici previsti inizialmente nella fornitura (con la donazione ne vennero consegnati 50mila in totale) ma «la Regione non li ha voluti ed è documentato per iscritto che li abbiamo offerti».

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L’ipotesi di frode in pubbliche forniture

L’inchiesta riguarda una fornitura, da circa mezzo milione di euro, di 75 mila camici e altri dpi da parte di Dama ad Aria, centrale acquisti regionale. Fornitura che, quando venne a galla il conflitto di interessi perché Dama era del cognato di Fontana, venne trasformata in donazione con la consegna, però, di 50 mila pezzi. La conseguenza, in base all’ipotesi della Procura, fu che l’ordine non venne perfezionato per la mancata consegna di un terzo del materiale. Cosa che ha portato i pm Filippini e Scalas, con l’aggiunto Maurizio Romanelli, a contestare l’ipotesi di frode in pubbliche forniture. Nella scorsa udienza i pm hanno ribadito la richiesta di processo per tutti e cinque gli imputati. La decisione del gup è prevista per il 13 maggio.

Oggi, dopo l’intervento dei pm nella scorsa udienza del 18 marzo, parleranno anche i legali degli altri imputati: Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl, rispettivamente ex dg e dirigente di Aria spa, e Pier Attilio Superti, vicesegretario generale della Regione. La difesa di Dini ha fatto anche notare che la Regione non ha mai contestato l’inadempimento della fornitura dei 75mila camici. Secondo i pm, ci sarebbe stato un danno all’interesse della pubblica amministrazione e dei cittadini che, nella primavera del 2020, durante l’emergenza sanitaria avevano il diritto «ad ottenere una regolare fornitura di camici», tra i presidi necessari per far fronte all’epidemia Covid.

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La difesa di Attilio Fontana

Per la difesa di Fontana, coi legali Jacopo Pensa e Federico Papa, invece, la lettura dei fatti è molto semplice: «non c’è stato alcun danno alla pubblica amministrazione né alcuna frode, si è trattato di una donazione e infatti non c’è alcun pagamento e nemmeno una parte offesa».

La vicenda, secondo l’indagine, avrebbe poi visto l’intervento del presidente della Lombardia con il tentativo di risarcire, per il mancato introito, il cognato con un bonifico – bloccato poiché segnalato dalla Banca d’Italia – di 250 mila euro prelevati da un suo conto in Svizzera. Da qui è scaturita pure un’inchiesta autonoma per autoriciclaggio e falso in voluntary disclosure nei confronti di Fontana e che è stata archiviata nei mesi scorsi, perché il gip Imarisio non ha riscontrato alcun reato.

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