Anche se non l’ha detto espressamento, lo ha lasciato intendere chiaramente, secondo il professore Barbagallo, Napoli ha bisogno di una rigenerazione totale. Un compito improbo, alla cui realizzazione non basta un sindaco, uomo solo al comando o uomo della Provvidenza.
Ma una coalizione coesa e convinta, guidata da un numero uno con le idee chiare e che si rende conto di non essere il depositario della verità, ma che sappia essere, proprio in forza della chiarezza d’idee che deve contraddistinguerlo, non il padrone ma il primus interpares con i suoi alleati coi quali deve confrontarsi per tirare fuori il meglio da tutti. Anche da se stesso. Per il bene della città e, in verità, anche dell’intera Campania.
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Perché, una regione il cui capoluogo non riesce ad evolversi per la mancanza di dialogo fra i suoi massimi vertici istituzionali, difficilmente potrà venir fuori dalla mediocrità in cui si trova ristretta in forza di 60 anni di mala amministrazione. Non dimentichiamo che i risultati migliori per la nostra regione sono arrivati grazie alla collaborazione istituzionale fra il governatore Rastrelli ed il sindaco Bassolino, perché seppero mettere da parte le divisioni ideologiche, lavorando nell’interesse di Napoli e della Campania. Purtroppo, grazie al trasformismo mastelliano quel periodo è durato troppo poco.
E l’ultimo quiquennnio è stato decisamente il peggiore, per non dire addirittura il più squallido. Ora è tempo di dire basta! Ed ha decisamente ragione il prof. Barbagallo, quando sottolinea che: «un centro-destra espressione di più robuste energie locali avrebbe consistenti possibilità di opporre programmi di normale amministrazione e addirittura progetti di trasformazione e di innovazione dell’area metropolitana, vista la sostanziale ignavia dimostrata al riguardo dalle amministrazioni di centro- sinistra negli ultimi decenni». Che hanno saputo soltanto coniare slogan, ricordate il “rinascimento” bassoliniano? Qualcuno lo ha visto?
Ma esiste davvero questo centrodestra in Campania? Se dovessi rispondere sulla scorta dei risultati delle ultime regionali, risponderei decisamente di no, salvo che i suoi leader – a cominciare da Matteo Salvini, che da parte sua dovrà finalmente dimostrare nei fatti e non a chiacchiere che l’epoca dell’antimeridionalismo spinto e becero è finito ed anche lui è disposto a contribuire al cambiamento – si rendano conto che bisogna lavorare all’unisono, mettendo da parte gelosie e personalismi, a differenza di quanto avvenuto nell’indicazione dei candidati governatori e consiglieri regionali, nell’estate scorsa.
E, soprattutto scegliendo i candidati sulla scorta del programma da realizzare e sulla capacità di collaborazione con gli altri, e non sulla base delle magliette che indossano e della squadra cui appartengono. Perché, questo, non avvicina gli elettori al centrodestra, bensì li fa scappare altrove. Magari, anche soltanto – quelli più vicini politicamente – dalla cabina elettorale.
Napoli ha tutte le potenzialità per rinascere
Napoli ha davvero bisogno di rinascere e le potenzialità le ha tutte: purché sappia guardare al futuro e – dal momento che già oggi rappresenta naturalmente uno snodo importantissimo al centro del Mediterraneo – ritagliarsi uno spazio nel comparto della logistica ma per questo occorre potenziare ed efficientare trasporti e servizi, e soprattutto realizzare integrazioni fra le diverse modalità di trasporto: ferrovie, autostrade, porti ed aeroporti. E poiché «senza denare nun se cantano messe» è indispensabile che comune, città metropolitana e regione, sappiano sommare le proprie forze e collaborare fra loro, per riuscire a strapparlo ad un governo che nei confronti del Sud continua ad essere poco disponibile.
Tutto questo e come ha sottolineato Luciano Schifone «al netto delle diatribe interne dei partiti, che sono il frutto di un arroccamento autoreferenziale, il centrodestra è in condizioni di poter offrire ai napoletani una proposta programmatica che parta dal coinvolgimento del ceto produttivo, imprenditoriale e professionale oltre che dall’associazionismo» può rappresentare un ulteriore momento di forza per un centrodestra che riesca a riproporsi coeso e collaborativo.
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