Napoli perde non solo un simbolo ma l’unico progetto politico vincente dal dopoguerra

di Dario Caselli

Dalla zona rossa alla zona azzurra. Per una serata Napoli ha dimenticato il Covid, il coprifuoco e il lockdown regionale per rendere omaggio al suo ultimo re. Lì dove ha esercitato il suo potere, allo stadio San Paolo che adesso si chiamerà Diego Armando Maradona. Lo ha chiesto subito il presidente del Calcio Napoli, Aurelio De Laurentiis, e assicurato il sindaco Luigi De Magistris derogando così alla legge che, invece, prevede che trascorrano almeno 10 anni prima di poter intitolare un bene a un personaggio defunto.

E attorno allo stadio un tappeto di candele, lumini, sciarpe, striscioni a cui hanno reso omaggio centinaia di tifosi che in composto silenzio e commozione hanno voluto rendere omaggio al più grande campione di calcio che Napoli, l’Italia e il mondo abbiamo finora conosciuto.

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Un grandissimo rito pagano che nessuno, nemmeno il più zelante, ha voluto vietare o frenare. Simbolo e manifestazione di un amore indissolubile che si trasmette di generazione in generazione, perché ieri sera intorno allo stadio non c’era soltanto chi quella fantastica stagione di vittorie l’ha vissuta e può ricordarla, ma anche i più giovani, quelli che l’hanno vista negli occhi dei fratelli maggiori, dei padri o dei nonni.

Una ‘devozione’ che si perpetua e nutre delle immagini, dei video e delle gesta del campionissimo di cui adesso tutte le tv sono piene. Napoli perde un simbolo, perché Maradona non è stato semplicemente un giocatore o il giocatore, ma l’emblema della napoletanità e del riscatto di un’intera città. Maradona negli anni ’80 è stato il programma politico di Napoli e del suo orgoglio di capitale perduta. L’unico vincente del dopoguerra. Né Lauro, né Valenzi, né lo stesso Bassolino possono dire di aver ottenuto quanto Maradona sia riuscito a fare nei suoi sette anni.

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Maradona e la difesa di Napoli nella semifinale di Italia ’90

Basterebbe ricordare quanto disse alla vigilia della semifinale di Italia-Argentina ai mondiali di calcio del 1990, che per un beffardo scherzo del destino si giocò proprio a Napoli: «Per 364 giorni su 365 chiamano ‘terroni’ i napoletani, ma questa volta gli chiedono di essere italiani. L’Italia si ricorda che sono italiani solo quando devono sostenere la Nazionale, poi si dimentica di come li tratta».

E quanto è ancora vera questa frase e come fa il paio con quella che ci lasciò Eduardo in ‘De Pretore Vincenzo’ a proposito sempre di Napoli: «Napule ogneduno ha studiato pè vedè comm’ avèven’ ‘anguaià! Per progetto, con la malafede, con l’arma che si vede e non si vede, con la calunnia e con la falsità». E il governo «non risolve niente. S’imbrogliano cu’ e legge pure loro: nun c’è che fa, s’hanno mparato ‘o coro ch’ a Napule se vene pè cantà. ‘O peggio surdo è chi nun sente apposta».

Lo stadio San Paolo acceso in onore di Maradona

Piagnisteo napoletano. Sì, ma per la morte di un simbolo in una società dove ce ne sono sempre di meno e quelli che ci sono recitano a soggetto e dietro lauti compensi. Maradona non fu nulla di tutto questo, e la tragica morte ne è la testimonianza. Bruciato dai suoi vizi ma anche dalle sue cattive compagnie che lo hanno sempre seguito dovunque. Ieri sera Gennaro Montuori, il capo degli Ultras degli anni del Napoli di Maradona, ha puntato il dito proprio contro queste compagnie, giungendo addirittura ad accusarli di aver ucciso Maradona. Non è così materialmente, ma lo è moralmente e forse il Calcio Napoli porta un gran rimorso per come sia finito Maradona.

De Laurentiis ricorda Maradona con una poesia

Ieri il presidente Aurelio De Laurentiis lo ha ricordato con una poesia su twitter: «Caro Diego, orgoglio del popolo napoletano, stella irraggiungibile nel firmamento del calcio universale, amore, gioia, passione e arte. E finché il sole risplenderà, i nostri cuori saranno illuminati dalla luce del tuo genio». Ma allora, perché non si è fatto nulla per portare sotto il cielo di Napoli nuovamente quella stella. Era davvero così irraggiungibile?

Quanto bene e quanto lustro, invece, avrebbe fatto e dato avendolo come team manager; caricare i giocatori come fece con i suoi ragazzi dell’Argentina nel mondiale del Sudafrica. Con quel suo piglio guerriero che gli consentì di caricarsi sulle spalle squadre intere come in Messico nell’86, in Italia nel ’90 e anche negli Usa nel ’94, fino a quando non fu messo fuori perché iniziò a far paura. Chissà come sarebbe andata a finire se fosse arrivato a Napoli. Purtroppo non lo sapremo mai.

Con Maradona scompare l’Italia degli anni ’80

Ma con Maradona vanno via anche i mitici anni ’80, quelli dell’Italia quinta potenza mondiale, sul tetto del mondo fino al mondiale organizzato nel ’90. Ed è singolare che i sette anni di Maradona coincidano con quelli più belli, dopo i decenni ’50 e ’60, della nostra storia nazionale. Quelli di un’Italia che fu capace di uscire dal suo punto più basso, la morte nel ’78 per mano delle BR di Aldo Moro, e di rilanciarsi sulla vetrina internazionale con il mondiale dell’82 e infine con i mondiali organizzati in casa. Simboli di un’Italia vincente.

Maradona abbandonerà l’Italia alle porte di Tangentopoli, quasi come se la sua parabola calcistica dovesse segnare e scandire i giorni felici di un’Italia che giorno dopo giorno guardiamo con sempre maggiore nostalgia, come si vede una foto scattata con una Polaroid. Ecco, la morte di Maradona ci allontana ancora di più da quell’Italia così diversa e che per tanti versi rimpiangiamo con il groppo in gola.

L’ultimo saluto in Argentina a Maradona sarà nella Casa Rosada, il Quirinale argentino, e sono attesi milioni di persone. Intanto sui social c’è già chi da appuntamento a stasera alle ore 20:45, prima della partita del Napoli in Europa League: «Metteremo alle finestre luci e candele per D10S, e alle 21:00, dopo il minuto di silenzio, faremo partire da ogni finestra di Napoli il più grande applauso mai sentito nella storia della città. Grideremo il nome di Diego per far sentire al mondo che non lo dimenticheremo mai, che Diego è il nostro figlio e fratello piu’ amato. Inoltrate e condividete a tutti i Napoletani. Forza Diego Per Sempre!!!».

Come con Totò anche per Maradona doppi funerali?

Speriamo che adesso ai napoletani sarà data la possibilità di organizzare una camera ardente come accadde per il finto funerale di Totò alla Sanità. La compostezza e la civiltà (perché i napoletani a dispetto di chi non ci crede e ci denigra ne hanno tanta) mostrata ieri davanti allo stadio Maradona quasi lo esigono.

Sarebbe bello se anche ai napoletani fosse data questa possibilità. E chissà che Napoli non riviva un altro imponente funerale, come quello organizzato a Masaniello che, dopo il selvaggio ludibrio a cui fu sottoposto il suo corpo, fu salutato con una manifestazione imponente in cui la devozione si unì alla venerazione. E il pathos di ieri sera intorno allo stadio ricorda tanto l’atmosfera del giorno precedente ai funerali di Masaniello raccontata Bartolommeo Capasso e Michelangelo Schipa sulla base delle testimonianze coeve.

In fin dei conti Maradona non è che un novello Masaniello, che però non per dieci giorni ma per sette anni condusse il popolo napoletano a riacquistare gli antichi privilegi.

Ps. Oggi il consueto punto politico non c’è, anche se spesso lo sport è un potente strumento per far politica. Ce ne scusiamo. La giornata politica prevede, comunque, un importante appuntamento con la votazione dello scostamento di bilancio, prima alla Camera per le ore 9.30 e poi al Senato alle 13. Il Centrodestra è alla ricerca di una posizione unitaria attraverso la presentazione di un documento con una serie di proposte da sottoporre al governo e alla maggioranza. Dalle risposte del governo dipenderà il voto di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia sullo scostamento di bilancio. La palla quindi al governo che, però, ostenta sicurezza nella convinzione di poter contare sul oltre 161 voti.  

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