A Nizza ad essere ferita non è stata solo la Francia, ma l’intero Occidente

di Eugenio Preta

Un nuovo attentato islamista ha colpito il mondo occidentale. Purtroppo non abbiamo ancora capito di essere veramente in guerra, non solo contro un ‘epidemia perniciosa’, ma contro un nemico invisibile che abbiamo ammesso nei nostri Paesi, invitato alle nostre tavole e che ha invaso settori importanti dei nostri territori e della nostra società.

Non bastano oggi le buone scuse e i propositi di sempre maggiore vigilanza. Una risposta adeguata dovrebbe iniziare intervenendo ora sui legami costringenti che ci impongono le regole dell’Unione europea, la giurisprudenza della corte europea dei diritti dell’uomo e delle giurisdizioni amministrative nazionali che impediscono, ad esempio, l’espulsione dei terroristi e una lotta efficace contro le reti islamiste e l’immigrazione massiccia e senza controlli che costituisce terreno fertile per l’islamismo terrorista.

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In una società impregnata dalla cultura della scusa e del pentimento che è riuscita a sostituire la spiegazione razionale con l’ideoligismo emozionale, ricercatori umanitari e sociologhi politicamente corretti accamperanno ancora le giustificazioni improponibili dell’esclusione sociale delle periferie, del bisogno di contestualizzare per combattere la radicalizzazione islamica e trovarne gli antidoti.

Ma la giustificazione del disagio sociale è soltanto la maschera dietro la quale politici e sociologhi hanno nascosto una realtà sempre più evidente: il totalitarismo islamico.

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Il totalitarismo islamico che ci affanniamo a descrivere come Islam politico, il ritorno cioè del religioso nella sfera politica, in realtà è fuorviante e ci farebbe pensare ad un Islam progredito, perfettamente separato dal potere temporale. Ed invece, dietro l’Islam c’è una morale ancestrale che ha la sua forza e il suo potere d’attrazione presso le masse dei disadattati che riempiono le periferie delle metropoli, sempre più preda del vuoto spirituale della nostra società, più che il supposto rancore sociale avanzato dai sociologhi, sempre quelli delle scuse e del pentimento.

La battaglia di civiltà europea non deve ridursi alla difesa del diritto di critica e di caricatura ironica, come nel caso di Charlie Hebdo, ma non può però farne il modello ideologico di una battaglia societaria. Oggi siamo di fronte a due nemici agguerriti: l’Islam conquistatore e il nostro vuoto spirituale diretto dal materialismo mondialista. Potremo combattere l’Islam senza rifondare i nostri valori occidentali?

Malraux, il ministro della cultura di De Gaulle diceva che la caratteristica di una civiltà è quella di ritrovarsi in una religione aggiungendo che, incapace ormai di costruire templi e sepolcri, la civiltà occidentale si sfalderà se non saprà ritrovare i suoi valori fondamentali.

Finalmente avremo capito? Dopo l’uccisione del professor Paty, si sono affannati a raccontarci che il terrorista voleva colpire lo Stato in quello che ha di più significativo, la scuola. L’attacco alla basilica di Nizza però non lascia più alcun dubbio e ci vorranno molte elucubrazioni semantiche per convincerci che il terrorista islamico voleva colpire ancora e solo i valori dello Stato, secondo una stanca retorica “giustificante”.

Nel momento in cui le campane suonano a martello, con le spiegazioni di una Chiesa relativista violata dall’assassinio di tre fedeli, l’augurio di arrestare finalmente l’angelismo surreale della nostra società e la speranza di riuscire a comprendere che non è un solo paese, la Francia in questo caso, che si vuole colpire, ma l’intero Occidente in quello che, nonostante la sempre più crescente de-cristianizzazione, ha ancora di più sacro: i suoi altari.

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