Sembra voltare al sereno il cielo del governo e della maggioranza. Dopo l’accordo sui licenziamenti per il dl Agosto la strada dovrebbe essere in discesa e infatti per stasera è previsto il Consiglio dei ministri per il varo definitivo del provvedimento. Il condizionale è d’obbligo perché come ci ha abituati la maggioranza rosso-gialla tutto può accadere nell’arco di qualche ora.
Come detto la svolta nel pomeriggio di ieri al termine di una riunione di maggioranza, quando proprio il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha annunciato l’accordo. «Il nodo è stato sciolto, c’è condivisione. Abbiamo fatto una sintesi», ha annunciato Gualtieri uscendo dalla riunione di maggioranza, spiegando che sui licenziamenti c’era l’accordo e che nulla impediva il Consiglio dei ministri per approvare il dl.
La maggioranza trova l’intesa sui licenziamenti: da metà novembre ma soltanto per le aziende che non utilizzeranno la Cig Covid
Ma in cosa consiste l’intesa? In pratica il blocco dei licenziamenti varrà per tutti ancora fino a metà novembre, poi sarà consentito licenziare solo a quelle aziende che non utilizzeranno i fondi per la cassa integrazione Covid o per la decontribuzione. Un punto medio tra chi avrebbe voluto, come Confindustria e la stessa Italia Viva, che il blocco fosse prorogato fino al 15 ottobre e cioè allo scadere dello stato di emergenze; e chi, come i sindacati e Leu, che invece chiedeva il blocco dei licenziamenti fino alla fine dell’anno.
E’ prevalsa, invece, nella maggioranza una linea di sintesi che al momento sembra accontentare tutti, anche se da Italia Viva attraverso il neo presidente della Commissione Finanze, Luigi Marattin, si lancia subito un avvertimento: “Il confronto è stato lungo e approfondito, ma il via libera di Iv è condizionato alla presenza di alcune misure che servono all’economia italiana e che abbiamo chiesto con forza, in primis lo slittamento delle tasse di novembre per i lavoratori autonomi, Isa e forfettari”.
Un altolà che non fuga tutti i dubbi e le perplessità, anche perché se sui licenziamenti l’accordo politico è stato trovato adesso sono gli altri punti ad essere soggetti a trattativa. E infatti al termine della riunione politica è toccato ai tecnici dei vari ministeri chiudersi in una stanza e far quadrari i conti con le richieste. E qui potrebbero sorgere problemi.
Nel decreto, ad esempio, dovrebbe rientrare anche la fiscalità di vantaggio richiesta dal ministro Provenzano e cioè 30 per cento di sgravi da ottobre sui contributi per le aziende che investono nel Sud. Via libera anche ai contributi a fondo perduto richiesta dal ministro Franceschini per i centri storici, mentre il bonus per chi paga al ristorante con carta di credito dovrebbe slittare al 2021.
Più complicata, invece, la situazione per il fondo a favore dei ristoratori che utilizzino prodotti al 100 per cento made in Italy, fortemente voluto dal ministro Bellanova. La proposta iniziale prevedeva un contributo di 5mila euro a fondo perduto per 180 mila ristoratori. La trattativa è andata avanti fino a notte inoltrata e probabilmente una soluzione si troverà proprio a ridosso del Consiglio dei ministri.
Ferma al palo la norma che stabilisce sconti più ampi sui beni di consumo, tra cui quelli d’abbigliamento. E in forse anche i 500 milioni di euro aggiuntivi chiesti dal presidente dell’Anci, Antonio Decaro, a sostegno degli Enti Locali che ha spiegato: “Manca ancora parte delle risorse promesse ai Comuni direttamente dal presidente del Consiglio. A cominciare da quelle necessarie a coprire la tassa sui rifiuti che non intendiamo riscuotere per i mesi in cui le aziende sono state chiuse. Ci aspettiamo che quell’impegno venga rispettato”.
In realtà, probabilmente non soltanto le attese dell’Anci rimarranno deluse ma anche quelle dei vari ministeri che da giorni stanno facendo pervenire a Palazzo Chigi e a via XX Settembre le proprie richieste. 25 miliardi non sono pochi ma le priorità da tempo sono state indicate e con la scelta di destinare quasi la metà al lavoro è chiaro che gli spazi di manovra si riducono.
Ecco perché da Palazzo Chigi l’obiettivo è fare presto, chiudere velocemente la partita e convocare immediatamente il Consiglio dei ministri, forse già in serata, per non far lievitare gli appetiti della maggioranza. In questo modo sarà anche possibile rispettare la scadenza del 18 agosto quando nell’Aula del Senato sarà annunciato l’incardimento del provvedimento.
Critiche le opposizioni che assistono perplesse all’evolversi delle notizie sul decreto. Giorgia Meloni fa notare che “il problema non è trovare una sintesi tra Confindustria e sindacati, ma tra grillini e Pd. Questi sono governi fatti con partiti dalle visioni diverse e distanti”, ricordando che “abbiamo sempre detto che il blocco dei licenziamenti andava accompagnato dalla proroga del pagamento della cassa integrazione”.
Pollice verso anche da Matteo Salvini per il quale “se non si aiutano le imprese, con soldi veri subito e con una Pace Fiscale per tutto il 2020, tante falliranno e saranno costrette a chiudere. Non basta ‘bloccare i licenziamenti’ sulla carta se non si sostengono le aziende, le uniche che danno lavoro e creano ricchezza”.
Non solo decreto Agosto però. Infatti sempre al Senato riflettori accessi per l’altro importante provvedimento il dl Semplificazioni. Ieri è scaduto il termine per gli emendamenti. In tutto sono 2750 di cui oltre la metà arriva dalla maggioranza a conferma che su questo decreto trovare una sintesi non sarà semplice.
Anche qui però Conte e la maggioranza vogliono andare avanti a tappe forzate. In primo luogo perché sul decreto c’è l’attenzione dell’Unione europea, che non a caso ha posto il taglio della burocrazia tra le riforme che l’Italia deve attuare in vista del Recovery Fund. Questo spiega la particolare attenzione del premier Conte per questo provvedimento.
Intorno al 24-25 agosto dovrebbe riprendere l’esame in Commissione per approdare con tutta probabilità in Aula per la prima settimana di settembre. Un timing molto stretto visto che il decreto scade il 14 settembre. Questo significa che l’esame di merito sarà soltanto al Senato e che il passaggio alla Camera sarà una pura formalità. Un modus operandi a cui ormai la maggioranza rossogialla è avvezza.
Si prospetta perciò un altro agosto politicamente impegnato, ma almeno per Conte quest’anno non si prevedono crisi di governo. E per una maggioranza che naviga a vista questo è già qualcosa.
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