Altro che Roma isolata, a Granada nasce il patto a 6 contro gli scafisti

Italia, Gran Bretagna, Francia, Albania, Olanda e Commissione Ue unite contro i trafficanti di esseri umani

Blindare l’accordo con Tunisi, stringere l’asse con Londra per rilanciare una lotta «robusta» ai trafficanti che vada anche oltre i confini dell’Unione europea, perché è tempo di passare dalle diagnosi alla cura, cioè dalle parole ai fatti. A Granada nasce il patto a 6 tra Italia, Gran Bretagna, Francia, Albania, Olanda e Commissione Ue, con un obiettivo: fare sul serio nella lotta agli scafisti. E la novità emersa in terra andalusa vede Giorgia Meloni tra i protagonisti. Il suo messaggio, arrivando in città, è netto: sul dossier migranti l’Italia «è tutt’altro che isolata in Europa».

In effetti, su questa piattaforma muscolare e molto ambiziosa, la premier italiana incassa l’appoggio dei partecipanti di un nuovo format, inaugurato verso mezzogiorno in una saletta del Palazzo dei Congressi di Granada. Una riunione convocata a sorpresa dalla premier e dal primo ministro britannico, Rishi Sunak, alla quale partecipano inizialmente i loro omologhi dei Paesi Bassi, Mark Rutte, ed Albania, Edi Rama. Poco dopo però si uniscono anche la presidente della Commissione europea e il presidente francese Emmanuel Macron.

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Il Memorandum con Tunisi

È chiaro che la presenza, attorno allo stesso tavolo, dei tre protagonisti del Memorandum con Tunisi assume un significato molto forte alla luce delle critiche che l’intesa ha ricevuto da più parti a Bruxelles, in particolare da Charles Michel e da Olaf Scholz. Mentre l’assenza degli unici due premier europei socialisti – il padrone di casa Pedro Sanchez e appunto il cancelliere tedesco – suggerisce l’idea che sia nato un nucleo duro pronto a promuovere la linea della fermezza, dentro ma anche fuori dell’Unione.

Sono queste le premesse del bilaterale tra Meloni e lo stesso Scholz, in programma domani a margine del Consiglio informale, che si annuncia molto delicato. Chi ha convocato la riunione insiste che si tratta di un format «aperto» e che nessuno ha parlato del «modello Ruanda» caro ai conservatori inglesi, cercando di smorzare le tensioni. Resta però il fatto che nell’agenda della giornata ci fossero l’Ucraina, l’intelligenza artificiale e tanti altri temi, ma non il dossier migratorio.

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Tanto che secondo alcuni rumor la presidenza spagnola non abbia apprezzato particolarmente l’iniziativa, che ha comunque già prodotto un documento in 8 punti, dal maggiore supporto ai Paesi partner, all’Oim e all’Unhcr per l’assistenza ai migranti nei rimpatri, fino al sostegno ai Paesi nordafricani per la protezione delle frontiere e contro gli ingressi.

Meloni: fermare l’immigrazione illegale

Sempre Meloni, del resto, in mattinata era stata chiara, definendo l’accordo raggiunto mercoledì a Bruxelles solo un primo passo, certamente non risolutivo: «L’Italia ha dato il suo voto sul Patto di migrazione e asilo perché sono regole che riteniamo migliori alle precedenti. Ma la proposta italiana – ha chiarito la presidente del Consiglio – non è quella di continuare a parlare di come distribuiamo persone che illegalmente entrano in Europa bensì fermare l’immigrazione illegale».

Quindi ha evitato di alzare i toni contro il presidente tunisino e la sua scelta di rifiutare i fondi Ue: «Credo che Saied, con cui ho un buon rapporto, abbia parlato innanzitutto alla sua opinione pubblica, quello che ha detto lo comprendo. La Tunisia ha un problema che non è diverso dal nostro, c’è una immigrazione illegale anche da loro». Una buona notizia le arriva in serata anche da Roma: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha infatti firmato il decreto legge migranti approvato dal governo il 27 settembre. Ora tocca al Parlamento.

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