Diffamò la premier Giorgia Meloni, il Tribunale condanna Roberto Saviano

Durante una trasmissione definì la leader di Fratelli d’Italia «bastarda»

Una pena pecuniaria di mille euro. E’ la condanna inflitta dal tribunale monocratico di Roma allo scrittore Roberto Saviano, accusato di diffamazione ai danni della premier Giorgia Meloni. Una vicenda che risale al dicembre del 2020 quando l’autore di Gomorra, nel corso di una trasmissione televisiva in cui affrontava il tema dei migranti, definì la leader di Fratelli d’Italia «bastarda».

Per lo scrittore il giudice ha riconosciuto le attenuanti generiche tra le quali l’avere «agito per motivi di particolare valore morale», dichiarando la sospensione della pena e non menzione nel casellario giudiziario. Il difensore di Saviano, l’avvocato Antonio Nobile, ha annunciato il ricorso in appello. Lasciando piazzale Clodio, lo scrittore ha commentato la decisione affermando che «perdere oggi è esempio di ciò che accadrà domani, porta ancora di più a capire in che situazione stiamo vivendo, con un potere esecutivo che cerca continuamente di intimidire chiunque racconti le loro bugie».

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E ancora: «oggi sono fiero di aver fatto questo processo. Il giudice ha riconosciuto un aspetto morale e questo mi ha fatto sorridere. Ho notato in questi mesi il tentativo continuo di questo governo, e basta vedere la cancellazione della mia trasmissione, di fermare e intimidire. Non tutti, ma solo coloro la cui voce temono. Esattamente come fa Orban». Saviano ha affermato, inoltre, «che la parte civile ha chiesto 75 mila euro: uno degli obiettivi di questo governo è mettere le mani addosso economicamente a chi li contesta. Loro utilizzano l’immunità parlamentare agendo da banda e chi li critica viene portato a giudizio e costringono la magistratura a perimetrare gli spazi in cui potersi esprimere. Non mollo contro queste bande».

Il legale della premier: il diritto di critica non può travalicare nell’uso dei termini e dal rispetto delle persone

Secondo l’avvocato Luca Libra, legale della premier, quelle di Saviano non erano però critiche ma «insulti», con un linguaggio «eccessivo, volgare e aggressivo». «Il diritto di critica, anche per la Cassazione, non può travalicare nell’uso dei termini e dal rispetto delle persone» ha ribadito, definendo «assolutamente falso» sostenere che Meloni «stia perseguitando qualcuno».

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La vicenda giudiziaria è legata a quanto Saviano disse durante una puntata della trasmissione ‘Piazza Pulita’. Il passaggio è quello in cui lo scrittore, parlando della morte di un bambino della Guinea durante una traversata nel Mediterraneo, affermò: «Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle Ong: «taxi del mare», «crociere»… ma viene solo da dire bastardi. A Meloni, a Salvini, bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile tutto questo dolore descriverlo così? Legittimo avere un’opinione politica ma non sull’emergenza».

L’autore di Gomorra è imputato, sempre a Roma, in un altro processo per diffamazione in questo caso ai danni del leader della Lega, Matteo Salvini. Si tratta di un procedimento legato ad una vicenda che risale al 2018: una serie di post che lo scrittore pubblicò sui social e in uno dei quali definì l’allora ministro degli Interni come «il ministro della mala vita». Il difensore dello scrittore ha depositato anche una lista testi nella quale compaiono il ministro degli Interni Matteo Piantedosi, Oscar Camps, fondatore e presidente di Open Arms e il segretario generale della Federazione europea dei giornalisti, Ricardo Gutierrez. Il giudice si è riservato di decidere aggiornando il processo al prossimo 7 dicembre.

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