La pistola dell’omicidio nascosta nel water
Sono accusate di avere aiutato Francesco Pio Valda a guadagnarsi la fuga, dopo che questi aveva sparato e ucciso per sbaglio un giovane che con la malavita non aveva nulla a che fare e la cui unica aspirazione era fare il ragazzo. Sette persone, tra parenti e amici del presunto killer, sono state arrestate con l’accusa di favoreggiamento dalla Squadra Mobile di Napoli nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Francesco Pio Maimone, assassinato la notte tra il 19 e il 20 marzo sul lungomare di Napoli, mentre era in compagnia dei suoi amici.
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Tra questi c’è la nonna, che infilò la pistola nel water per nasconderla ai poliziotti. Con quella lite tra giovani e giovanissimi legati a clan rivali di diversi quartieri di Napoli, degenerata per un pestone su un paio di sneakers griffate, la vittima non c’entrava nulla. Eppure fu lui a morire, senza sapere neppure perché. Tra le persone raggiunte dalle misure cautelari (4 in carcere e 3 ai domiciliari) emesse dal gip su richiesta della Dda, figurano anche la sorella del killer, Giuseppina Valda (ai domiciliari), lo zio, Giuseppe Perna (messo in carcere) e la nonna, Giuseppina Niglio (anche lei ai domiciliari).
Gli amici del pistolero
Gli altri indagati sono amici del pistolero, figlio di Ciro Valda, affiliato al clan Cuccaro deceduto in un agguato di camorra nel 2013: si tratta di Salvatore Mancini, Pasquale Saiz, Rocco Sorrentino e Alessandra Clemente (i primi tre in carcere e l’ultima ai domiciliari). Quella drammatica notte, dopo avere sparato diversi colpi di pistola, alcuni finiti in una macchina parcheggiata e uno, fatale, nel petto di Maimone, Valda venne caricato in auto e fatto scappare dai suoi amici che avrebbero anche fatto sparire l’arma usata per il delitto.
Ciononostante il killer venne fermato dalla Squadra Mobile il giorno dopo l’omicidio e il successivo 23 marzo il provvedimento pre-cautelare venne convalidato dal gip. Gli accertamenti della Squadra Mobile, coordinata dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini, consentirono di appurare che al momento della tragedia nei pressi dello chalet dove scoppiò la lite c’erano, con Francesco Pio Valda, Pasquale Saiz e lo zio Giuseppe Perna.
Questi due indagati, insieme con Alessandra Clemente e con Giuseppina Valda, la sorella, gli avrebbero fornito tutta l’assistenza possibile per consentirgli di scappare e di disfarsi della pistola. Salvatore Mancini invece si occupò di informare il giovane killer,che dormiva placidamente a casa della nonna, delle indagini e della necessità di scappare in un luogo sicuro. Gli inquirenti accusano la nonna di Francesco Pio, Giuseppina Niglio, di avere ritardato le indagini in particolare nascondendo l’arma (ancora non trovata) nel water.
La circostanza è emersa dal contenuto di alcune intercettazioni. Rocco Sorrentino, infine, sempre secondo le conversazioni registrate dalla Polizia, ha custodito un’arma mentre Giuseppina Valda durante una perquisizione venne anche trovata in possesso di droga nascosta in un cassetto.
I messaggi sui social
Dopo l’omicidio del ragazzo sui social vennero postati diversi messaggi da profili anonimi subito dopo cancellati inneggianti alla famiglia malavitosa Aprea-Valda del quartiere San Giovanni-Barra.
Alcuni ritraevano il killer in compagnia di un rampollo della malavita organizzata del luogo, altri evidenziavano gli scontri tra i vari quartieri della città che si erano suddivisi gli chalet del lungomare della città come quello su Tik-Tok in cui le bande di Pianura, Bagnoli e Soccavo minacciavano quelle di Barra: «Non vi fate trovare per Napoli, vi tagliamo la testa… Mergellina zona rossa per tutti voi di Barra».
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