Manovra, prende forma «Ape Donna»: indennità di accompagnamento alla pensione dai 61/62 anni

Al centro del lavoro del governo anche la natalità

Un accompagnamento alla pensione per le donne già a partire dai 61 anni. Ma anche la possibilità di usare la previdenza integrativa per permettere ai più giovani di uscire dal mondo del lavoro già a 64 anni.

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Mentre il lavoro sulla manovra procede con cautela, in attesa che la Nadef definisca quella che sarà la cornice delle risorse, nel cantiere delle possibili misure è dal capitolo pensioni che spuntano nuove ipotesi di lavoro. In particolare, prende forma l’ipotesi Ape Donna, ovvero un’Ape sociale agevolata al femminile, che consentirebbe di ricevere l’indennità di accompagnamento verso la pensione dai 61/62 anni invece dei 63 previsti attualmente.

La platea è quella delle donne con una situazione di disagio (licenziate, con invalidità almeno al 74%, caregiver o impegnate in lavori gravosi) e si aggiungerebbe allo sconto già in vigore di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni. Una soluzione che potrebbe anche mandare in soffitta Opzione donna, già oggetto di una forte stretta.

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Qualche prospettiva di anticipare l’uscita dal lavoro arriva anche per più giovani. L’idea è di dare la possibilità di usare la contribuzione nella previdenza integrativa per raggiungere la soglia minima e uscire già a 64 anni anche per chi ha cominciato a versare dal 1996 ed è quindi interamente nel sistema contributivo. Per il resto il capitolo previdenziale in manovra dovrebbe limitarsi alla proroga di quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi) e Ape sociale.

Non partirà dunque nemmeno quest’anno la ‘Quota 41’ piena tanto cara alla Lega, cioè la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età: è un «obiettivo di legislatura», promette comunque il sottosegretario al Lavoro leghista Claudio Durigon.

Giorgetti: «Non temo l’Ue ma i mercati»

In questa manovra c’è spazio solo per le priorità, è il mantra dell’esecutivo. Con il Ministero dell’Economia che guida la linea della cautela di fronte ad un quadro tutt’altro che roseo. La politica monetaria restrittiva della Bce è riuscita solo a rallentare la crescita, osserva il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti.

E per un paese indebitato come l’Italia il rialzo dei tassi significa avere a disposizione «14-15 miliardi in meno». Con questo dovrà fare i conti la manovra. Su cui è destinato ad incidere anche il negoziato sul nuovo Patto di Stabilità, con l’Italia in pressing perché siano esclusi gli investimenti. Sulla riforma però Giorgetti sfodera ottimismo: l’accordo «si raggiungerà – dice -, se non a ottobre dopo Natale». Quello che è certo è che la prossima legge di bilancio prorogherà il taglio del cuneo.

Dipenderà invece dalle risorse a disposizione se si riuscirà ad abbinarlo ad una prima riforma dell’Irpef (con l’accorpamento dei primi due scaglioni con un’unica aliquota al 23%), per evitare che i benefici del taglio contributivo finiscano poi per essere mangiati dalle tasse. Un altro dei capisaldi sarà sicuramente la natalità, un tema particolarmente caro all’esecutivo, che ha già sul tavolo una serie di ipotesi dagli aiuti per le famiglie con almeno 3 figli ai bonus per il secondo figlio, agli sgravi per le mamme che lavorano. Un cantiere questo ancora in pieno fermento. Come dimostra l’incontro in serata tra l’esecutivo e il network «Ditelo sui tetti», che riunisce circa cento associazioni di area cattolica.

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«Un incontro che conferma l’attenzione dell’esecutivo per le sensibilità sociali», spiega il sottosegretario Alfredo Mantovano: la legge di bilancio, promette, ne «terrà conto nel massimo possibile». Ma il governo promette anche qualcosa agli imprenditori. «Nella prossima manovra economica faremo una riforma del fondo di garanzia», annuncia il ministro delle Imprese Adolfo Urso.

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