Regione Campania, sentenza “rimborsopoli”: soldi anche per finanziare i partiti

Le motivazioni: spese «certamente estranee alle finalità» previste

Sarebbero dovuti servire per far funzionare i gruppi consiliari della Regione Campania e, invece, vennero usati per finanziare i partiti, per l’affitto e, in un caso, per la campagna elettorale, in sostanza per scopi che nulla avevano a che fare con gli usi prescritti: è quanto emerge dalle motivazioni dei giudici della IV sezione penale del Tribunale di Napoli (presidente Giovanna Napoletano) che lo scorso febbraio hanno riconosciuto colpevoli di peculato gli ex consiglieri regionali della Campania Pasquale De Lucia, Enrico Fabozzi, Angela Cortese, Anita Sala e Nicola Marrazzo al termine del processo ribattezzato dai media «rimborsopoli».

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I giudici assolsero l’ex consigliere Corrado Gabriele e anche l’attuale consigliere regionale Carmine Mocerino, per insufficienza di prove. L’autorità giudiziaria passò al setaccio un fiume di ricevute e scontrini relativi alla legislatura 2010-2015 giungendo alla conclusione che parecchio di quel denaro pubblico era stato distratto per scopi diversi da quelli per i quali venivano erogati.

Soldi per Pd, Fondazione Sudd e l’assemblea nazionale Udc

E da quell’analisi è emerso, per esempio, che 9mila euro erano finiti al Pd della Campania, ma «ad avviso del Tribunale» quelle spese erano «certamente estranee alle finalità per le quali il prevenuto (l’ex consigliere Fabozzi) ha ricevuto i fondi» della Regione. Stessa valutazione del Tribunale per 3mila euro versati alla Fondazione Sudd di Antonio Bassolino e per altri 400 euro versati mensilmente alla sezione del Pd di Villa Literno, in provincia di Caserta.

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I giudici hanno anche contestato il peculato, per esempio, in relazione all’utilizzo di 11.168 euro, 3mila dei quali impiegati dall’ex consigliere Anita Sala per sostenere la campagna elettorale di un candidato al Comune di Napoli. Le contestazioni rivolte dagli inquirenti all’ex consigliere Angela Cortese, condivise dai giudici, ammontano invece a 7mila euro. Molto più cospicua la somma, 42.459 euro, per la quale, sempre secondo il tribunale, le giustificazioni «non possono valere ad escludere la sussistenza del peculato» in quanto non è stata depositata documentazione che ne attestasse il reale uso per finalità istituzionali (quelle addotte ma solo verbalmente, riguardavano canoni di locazione, pagamento della corrente e spese di condominio e la manutenzione di un’auto).

All’ex consigliere dell’Udc Pasquale De Lucia, infine, i giudici contestano un peculato da 5.264 euro perlopiù per «incoerenza con le finalità del capitolo di spesa» come per esempio il denaro speco per partecipare all’assemblea nazionale Udc a Chianciano Terme e per una conferenza stampa con buffet annesso.

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