Il bunker di Matteo Messina Denaro nascosto da un armadio: caccia ai documenti

di Fabio Maresca

In un appartamento al piano terra di una palazzina

Come in un thriller, la stanza segreta di Matteo Messina Denaro era dietro un armadio. Invisibile, nascosta da un fondo scorrevole coperto dagli abiti. Non c’era un letto, non c’erano suppellettili, probabilmente se l’era fatta fare per conservarci le cose a cui teneva davvero, il suo tesoro. I carabinieri e il Gico della Guardia di Finanza l’hanno scoperta ieri mattina, grazie a una segnalazione confidenziale a sole 48 ore dalla cattura dell’ex primula rossa di Cosa nostra.

E fondamentale è stato anche lo screening dei dati catastali acquisiti dalle Fiamme Gialle. Un bunker a tutti gli effetti ricavato in un appartamento al piano terra di una palazzina di Campobello di Mazara, il paesino in cui Matteo Messina Denaro ha trascorso almeno l’ultimo anno. A meno di un chilometro dall’abitazione scelta dal padrino di Castelvetrano per il suo ultimo soggiorno da latitante e acquistata da Andrea Bonafede, il geometra che gli ha ‘prestato’ l’identità, a giugno del 2022.

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Il primo contatto tra i due, ha raccontato lo stesso Bonafede, c’è stato un anno fa e fu il boss ad agganciarlo in paese. Nel bunker c’erano delle scatole: alcune piene di carte – ora al vaglio dei carabinieri del Ros – altre vuote. Forse, saputo dell’arresto del boss qualcuno ne ha fatto sparire il contenuto. Di sicuro sarà uno degli argomenti che i pm metteranno sul tavolo quando lo interrogheranno. Perché finora c’è stato, come ha detto il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia, solo «un breve colloquio durato qualche minuto». «Gli ho spiegato che è nelle mani dello Stato – ha sottolineato De Lucia – e gli ho detto che avrà piena assistenza medica». E lui «ha ringraziato».

La stanza dei segreti di Matteo Messina Denaro

La stanza dei segreti è stata ricavata nell’abitazione di una vecchia conoscenza dei magistrati della Dda: Errico Risalvato, già indagato e assolto per associazione mafiosa, originario di Castelvetrano, fratello di Giovanni Risalvato che per mafia è invece stato condannato a 14 anni. Scontata la pena è stato scarcerato e ora è libero. Due fedelissimi del padrino Errico e Giovanni che, intercettato dagli inquirenti non perdeva occasione per dichiarare il suo incondizionato amore per il padrino.

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«Gliel’ho detto un mare di volte! – diceva, non sapendo di essere intercettato, a un altro uomo d’onore – Me ne vado con lui! Me ne sto fregando! Tanto a mio figlio non manca niente! Mia moglie lo stipendio ce l’ha…e io sono dell’avviso, Maurì, meglio un giorno da leone che cent’anni da pecora!» Ma Matteo Messina Denaro – raccontano le microspie che riferiscono le parole di Risalvato – aveva declinato l’offerta. «Io ti ringrazio …e so che lo fai con tutto il cuore, però mi puoi aiutare di più da lì che… aiuto non me ne puoi dare, da lì mi puoi aiutare’», aveva risposto al suo fedelissimo.

Se i Risalvato sono vecchie conoscenze della legge, era invece incensurato, «un signor nessuno» hanno detto i pm, Giovanni Luppino, l’agricoltore che faceva da autista a Matteo Messina Denaro e l’ha accompagnato alla clinica Maddalena dove entrambi, lunedì, sono stati arrestati. Oggi comparirà davanti al gip al quale dovrà spiegare i suoi rapporti con il capomafia. Il giudice dovrà decidere se convalidare l’arresto e disporre la misura cautelare e valutare se siano fondate le accuse di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena che la Procura gli contesta. Si allunga, intanto, la lista dei fiancheggiatori finiti sotto inchiesta.

I medici indagati

Oltre a Luppino, arrestato in flagranza, sono indagati Andrea Bonafede, il geometra di Campobello che ha prestato l’identità al boss – Matteo Messina Denaro aveva clonato la sua carta di identità – e due medici. Uno è di Trapani, Filippo Zerilli, primario di oncologia. E’ stato lui a sottoporre Matteo Messina Denaro all’esame del dna necessario per prescrivergli la chemioterapia. L’altro è Alfonso Tumbarello, vecchio dottore di Castelvetrano che lo aveva in cura. Entrambi rispondono di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena. Più grave la posizione di Tumbarello, che conosceva bene il vero Bonafede, essendo il suo medico curante. Come è possibile che non si sia reso conto della singolare omonimia dei suoi due assistiti?

Il boss al 41 bis

Chiuso al 41 bis nel carcere de L’Aquila, intanto, il boss di Castelvetrano è già stato sottoposto a visite mediche. Nulla di preciso viene fatto trapelare sulle sue condizioni anche se sarebbe gravemente malato: è certo che i sanitari stanno esaminando esami e documenti inviati dai medici della clinica in cui era in cura, poi verrà stabilita la strategia d’intervento tra cui anche la chemioterapia.

Somministrazione che, secondo quanto si è appreso, sarà effettuata in uno spazio riservato in carcere. E proprio sulle condizioni di Matteo Messina Denaro è intervenuto il Garante della Privacy, chiedendo ai media di non diffondere dettagli relativi alle sue cartelle cliniche. «Anche in casi di vicende riguardanti persone che si sono macchiate di crimini orribili», scrive, la diffusione di quei dati «non appare giustificata».

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