Meloni avvisa gli alleati: «Governo atlantista o non si farà. Mai anello debole dell’Occidente»

La leader di Fratelli d’Italia affida a una nota un messaggio chiaro

L’Italia non sarà «mai l’anello debole dell’Occidente». E il governo a guida Giorgia Meloni sarà saldamente atlantista. O non sarà. Dopo 24 ore di riflessione la leader di Fratelli d’Italia affida a una nota un messaggio che suona come un aut aut agli alleati. Le regole di ingaggio devono essere chiare, la posizione in politica estera «inequivocabile». E l’obiettivo quello di dare risposte ai cittadini seguendo «il programma» se venerdì, come resta lo scenario più probabile, Sergio Mattarella al termine di un giorno e mezzo di consultazioni le darà l’incarico.

«Su una cosa sono stata, sono, e sarò sempre chiara – rimarca la leader di Fdi – intendo guidare un governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile. L’Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell’Europa e dell’Alleanza atlantica. Chi non fosse d’accordo con questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo». Ancora risuonano, nei corridoi di Montecitorio, le ennesime esternazioni di Silvio Berlusconi in un ulteriore audio registrato alla riunione di martedì. Parole che continuano a suscitare reazioni a metà tra lo stupore e l’irritazione in casa di Fdi.

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Contatti tra i due non risultano: Meloni, dicono i suoi, è rimasta tutto il giorno a lavorare, al riparo da taccuini e telecamere e anche dagli interrogativi sulla squadra che si fanno più insistenti tra gli alleati.

I dubbi su Antonio Tajani

Anche perché uno dei punti fermi dello schema che ha in mente, quello di Antonio Tajani agli Esteri, entra nel mirino delle opposizioni e inizia a suscitare qualche dubbio anche nelle file del centrodestra. Oggi il candidato alla Farnesina cercherà scudo al Ppe, dove andrà a ribadire che Forza Italia (un messaggio che anche il Cavaliere, dopo il caso di queste ore, sta cercando di veicolare) è sempre stata filo-occidentale e atlantista.

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Ha sempre votato convintamente tutti i provvedimenti a sostegno dell’Ucraina, compresi gli invii di armi che sarà peraltro uno dei primi impegni cui dovrà far fronte il nuovo esecutivo con un sesto decreto con aiuti militari a Kiev (e quello, dicono da Fratelli d’Italia, sarà il vero banco di prova sul tasso di atlantismo della coalizione).

Certo sarà da vedere la reazione dei Popolari europei – che al loro interno hanno diverse anime. Ma Fi è certa che Tajani non salterà dalla lista che Meloni porterà al Colle, anche se già iniziano a circolare ipotesi alternative, una extrema ratio, come Giampiero Massolo o Giulio Terzi, neoletto con Fdi. Per la leader resta prioritario fare presto.

Al Colle il centrodestra andrà unito e indicherà, come assicura Matteo Salvini, il nome di Meloni. «Mercoledì il governo parte», dice il leder della Lega, che a pranzo ha visto il Cavaliere e gli ha espresso il suo stupore per «l’irresponsabile e infedele che ha trasmesso ai media una riunione riservata». Una parentesi che va archiviata velocemente. Perché rapidi bisogna essere a prendere in mano le redini dell’esecutivo e a entrare appieno nei dossier, tanti e complicati, che lo aspettano.

Il via alle consultazioni

Che si stia concretizzando un’accelerazione per la formazione del governo lo si pensa anche al Quirinale che non a caso ha convocato le consultazioni già oggi dando disponibilità ad organizzare il giuramento del nuovo premier anche durante il fine settimana.

E’ ormai chiaro anche al Colle che non ci saranno problemi sui ministri visto che – anche dopo interlocuzioni tra Mattarella e Meloni – i nomi dei dicasteri di peso per il Quirinale (Esteri, Difesa, Economia e Interni) sono ormai noti anche ai media e non faranno registrare un’opposizione del presidente. Anche le fibrillazioni in maggioranza, dopo le uscite di Silvio Berlusconi, vengono derubricate dai fatti: come sempre per il presidente della Repubblica varranno solo le dichiarazioni fatte durante le consultazioni.

Quindi, se la maggioranza che sale unita al Quirinale parlerà con una sola voce, per il presidente sarebbe decisamente più facile valutare e dare l’incarico. Troppi i problemi da affrontare in tempi strettissimi: per il Quirinale è l’ora di guardare avanti.

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