Amministrative, scegliere il candidato migliore deve essere un dovere dei partiti

di Nicolò Antonio Cuscunà

Le coalizioni non sono semplici assemblaggio di forze politiche ed elettorali improntate al manuale Cencelli

Azzeccare i candidati per amministrare, fingendo di scegliere il meglio, è gioco della prima Repubblica. Cambiano gli uomini, gli ideali e il momento storico, non i metodi. Scegliere in ritardo ed usando il bilancino è lampante dimostrazione di pochezza umana e scarsa responsabilità politica.

La designazione di un candidato sindaco non è come fare il tassello allo ‘zipangulu’ (Citrullus Lanatus), col rischio che non esca rosso e saporito. L’individuazione della personalità cui affidare le sorti delle città è preciso dovere oltre che scelta oculata, soppesata e meditata dei partiti.

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Dal governo di una città grandissima, media o piccola dipende la vita di chi vi abita. Le alleanze di più partiti e movimenti, non sono solo assemblaggio di forze elettorali unite al manuale spartitorio, la scelta deve coincidere con: forma, sostanza e dignità. Scelte eseguite per tempo, con contenuti qualitativi e, perché no, salvando la faccia.

Trovare il candidato sindaco non risolve i problemi dell’amministrare la Res Pubblica. Non osiamo parlare di programmi perché si adottano per gabbare il popolo. È il caso di parlare dei candidati consiglieri, i rastrellatori dei voti, anche se i partiti dei Capi popolo nazionali attirano a prescindere dei candidati consiglieri.

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Per tentare d’essere credibili, almeno all’apparenza, si dovrebbero evitare: «i cambiacasacca, gli ondivaghi, quelli per tutte le stagioni, i possessori di pacchetti di voti, i maneggioni del voto, gli affezionati alle poltrone, i desiderosi della sistemazione economica in assenza del reddito di cittadinanza». Ma, se tanto ci da tanto, allo scuorno della scelta dei candidati sindaco si sommerà lo scuorno dell’assemblaggio di liste d’impresentabili.

Comunque andranno le scelte, i conti si dovranno fare con l’oste in carica nella locanda. Chi confida nell’assemblaggio di consensi, proiezioni, sondaggi e comizi dei Capi nazionali, ha poca dimestichezza col clima all’ombra dei Campanili e con la «macchina ingoia consensi» di chi riesce a gestire il potere senza lasciarsi logorare. Il malgoverno è anche generato dall’assenza di controlli propositivi. Chi per 5 anni ha brillato da scaldasedia, non può risorgere a nuova vita confidando su spot pubblicitari, convinto di continuare a gabbare gli elettori. D’altronde il proliferare del ‘civismo’ è la palese dimostrazione dello scollamento e lontananza tra Paese Reale, Partiti e i loro rappresentanti.

Infine, risulta cosa buona e giusta fare un breve passaggio sull’origine e significato delle rappresentanze ‘civiche’.

Civismo di reazione, tattico e opportunistico. Il primo nasce dalla sfiducia alla politica di partiti e istituzioni. Il secondo è voluto, guidato per precise tattiche ‘raschiatorie’ dei barili, cioè, dragare i fondali, non lasciare voti in libera uscita, intercettare il malcontento per riportarlo al consenso. In questa tattica il centrosinistra è maestro. Maestro nel confezionare false opposizioni, distingui ideali, distanze programmatiche e strategiche, da ricomporre, in seconda battuta, col collante dell’antifascismo di maniera. Il terzo esempio è il civismo degli urlatori, imbonitori di strada, dell’ignoranza assurta a gloria, degli utili idioti a tutto brodo.

In questo desolante scenario, spesso o il più delle volte, la gente sceglie di conservare . Conservare il conosciuto, al quale spesso ci si è abituati anche se a malincuore, che rischiare un nuovo peggiore del trascorso.

L’elezione diretta del sindaco, da tanti agognata come la soluzione ai mali del buon governo, riflettendoci bene, col doppio turno (ballottaggio), rappresenta la vera matrice generatrice dei mali del governo delle città. I sindaci, più che dimostrare capacità amministrative, sono chiamati a svolgere mansioni d’equilibristi votati a garantirsi la maggioranza di governo, non importa a che prezzo, arrivare al termine del mandato costi quel che costi, anche a perdere la dignità personale. Peccato che a rimetterci sono solo i cittadini. Speriamo di sbagliare.

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