Lega e Fi rispondono a FdI e presentano una mozione sulle riaperture, ma Draghi li gela. Se ne parla lunedì

Ormai è ufficiale, il Gran Premio delle riaperture è ufficialmente aperto. Con la presentazione al Senato della mozione del cosiddetto centrodestra di governo sulle riaperture e sul coprifuoco, che si affianca e risponde a quella di Fratelli d’Italia, il Gran Premio può prendere il via anche se, se il centrodestra non troverà un’intesa e un punto di caduta tra le due mozioni, tutto rischia di finire in un nulla di fatto.

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Con buona pace della vera maggioranza di governo, quella giallorossa, che assiste silente ma gaudente a questa sfida tutta interna al centrodestra, tanto che con una certa perfidia il segretario del Pd, Enrico Letta, dice: «Se avessimo dato retta a Salvini che chiedeva riaperture, oggi ci saremmo trovati in una situazione di rischio molto maggiore. Ora potremmo togliere il coprifuoco perché si sono rispettate le regole. Non è una questione politica».

Ma siamo andati troppo avanti, schiacciamo il tasto rewind e facciamo un attimo chiarezza. La scorsa settimana Fratelli d’Italia decide di presentare in Senato una mozione per chiedere al governo in 4 punti l’abolizione del coprifuoco, dell’uso della mascherina all’aperto ma con il rispetto del distanziamento di un metro, dei limiti alle visite private e infine le riaperture dei locali al chiuso sia per la ristorazione e sia per l’intrattenimento e cultura.

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Nel frattempo, dalla Lega Matteo Salvini cerca di scandire i tempi dell’azione di governo con le sue parole d’ordine e cioè basta coprifuoco e riaprire tutto e subito. E si individua anche una data: venerdì 14 giorno in cui con l’arrivo dei nuovi dati bisognerà avviare il lento ma inesorabile ritorno alla normalità. Intanto, però ci si mette proprio FdI a creare tensione con la sua mozione, che in votazione rischia di spaccare la maggioranza e di mettere in difficoltà i leghisti stessi.

Ma i leghisti insistono ed anche nella riunione di ieri della cabina di regia sul decreto Sostegni bis insistono per avviare già questa settimana l’allentamento delle misure. In questo sono spalleggiati anche dalla ministra Gelmini. Tentativi che vanno a vuoto, il premier Draghi insiste che ora la priorità sono i sostegni, delle eventuali aperture se ne parlerà con calma con i dati alla mano. Insomma, dopo venerdì.

Ecco, allora la mossa: presentare da parte di Lega e Forza Italia, insieme agli altri esponenti di governo del centrodestra, una mozione simile anche se un po’ più annacquata di quella di Fratelli d’Italia dove stabilire via il coprifuoco ed anticipare le riaperture previste per giugno e luglio: dunque ristoranti al chiuso, palestre, parchi tematici, fiere, convegni e congressi, consentire l’organizzazione di eventi e cerimonie dando il via libera al settore del wedding, aprire gli stadi al pubblico e i centri commerciali nel fine settimana.

Un evidente tentativo di forzare la mano e mettere Mario Draghi con le spalle al muro. Ma Palazzo Chigi non si desiste ed anzi fonti di governo chiariscono che «si svolgerà lunedì 17 maggio la Cabina di regia tra le forze di maggioranza e il premier Mario Draghi per discutere delle riaperture».

Una doccia fredda che Salvini digerisce con difficoltà: «La riunione era fissata per venerdì invece si fa lunedì. La nostra richiesta è di abolire il coprifuoco, riaprire i centri commerciali anche nel fine settimana e le piscine al chiuso, non c’è più motivo per limitare e chiudere», ma che al tempo stesso conferma che Mario Draghi non si fa dettare l’agenda di governo.

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Infatti, anche se apparentemente sembra soltanto una questione di forma la verità è che in questa decisione c’è tantissima sostanza. E questo perché proprio in politica la forma diventa sostanza. Non essersi piegati alla richiesta di Salvini, che avrebbe voluto venerdì la convocazione della cabina, evidenzia quanto il pallino del governo non sia nelle mani del leader leghista e tanto meno nella parte di centrodestra del tavolo governativo, ma piuttosto che l’Esecutivo ha una sua linea ben precisa che porta avanti in maniera decisa ed è quella comunicata da Draghi.

Perciò, niente bracci di ferro o manovre, i tempi li detta Draghi che poi, guarda caso, combaciano quasi sempre con i desiderata dei giallorossi. Ma questa è un’altra storia.

E non casualmente dagli studi di Porta a Porta dopo poco Giorgia Meloni fa notare che «sulle chiusure Draghi è più rigido di Conte. L’anno scorso riaprì tutto il 18 maggio, ristoranti all’aperto e al chiuso, il coprifuoco non c’era e quelle riaperture non comportarono un nuovo aumento dei contagi perché con la stagione estiva è più difficile il contagio».

Adesso tutto si sposta in Aula domani. Come detto se Salvini non vuole collezionare un altro scivolone deve quanto meno trattare con FdI e trovare un punto di caduta, solo così può sperare di trovare i numeri per far passare la sua mozione. Ci riuscirà, ma soprattutto gli converrà? Questo il vero interrogativo. Infatti, il tema vero è se può accettare un simile rischio e cioè di trovare un’intesa con FdI, opposizione implacabile di questo governo, a costo di spaccare la maggioranza perché è chiaro che dopo l’annuncio di Palazzo Chigi di riunire la cabina di regia sia il Pd e sia il M5S giudicheranno le mozioni inutili e le bocceranno.

Che farà allora Salvini? Per evitare di rimangiarsi una mozione già firmata e presentata potrebbe decidere di votare quella del centrodestra di governo ed astenersi su quella di FdI, con la conseguenza di rimanere con un pugno di mosche in mano visto che da solo con FI non avrà i numeri per farla passare, il che confermerà davanti all’Aula che i numeri della maggioranza sono in mano ai giallorossi. Insomma, in un modo o in un altro il cosiddetto centrodestra di governo giovedì ne uscirà male e con l’ennesima dimostrazione di inconsistenza politica.

Non un bel biglietto da visita in vista della riunione di oggi sulle amministrative alla quale il centrodestra in formazione classica, cioè con FdI, si troverà riunito attorno a un tavolo. Due i nodi da sbrogliare: Milano e Roma. Sul primo punto sembra che Gabriele Albertini dopo il gran rifiuto potrebbe rientrare nel totosindaci; più complessa la questione su Roma dove Guido Bertolaso ha confermato di non essere intenzionato a candidarsi. In realtà, qui il nodo vero riguarda soprattutto l’autonomia che l’ex capo della Protezione Civile pretende nell’eventuale nomina della giunta. Autonomia che, chiaramente, i partiti non sono intenzionati a concedere.

Come detto, oggi è la prima riunione del tavolo al quale non siederanno i leader ma i responsabili Enti locali. Una sorta di sherpa che dovranno aprire la strada all’incontro di primo piano tra i leader dei vari partiti. Un incontro, quindi, interlocutorio ma non inutile dal cui esito si potrà capire lo stato di salute di questo centrodestra, né di governo né di opposizione.

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