Il bello dei regimi parlamentari consiste nel fatto che i politici di professione possono promettere ciò che vogliono in campagna elettorale salvo poi fare quello che vogliono una volta occupati gli scranni del parlamento o del governo.
La chiamano democrazia, potere del popolo, non tenendo conto che il popolo può esprimere soltanto un voto-delega che, di fatto, lo espropria del potere decisionale nel momento stesso in cui lo esprime. Saranno gli eletti, il parlamento, a decidere in piena autonomia: la sovranità da popolare diventa pienamente parlamentare.
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Il Presidente del Consiglio, legittimato solo dal voto dei due rami del parlamento, potrà essere un politico eletto, oppure anche un non eletto che viene chiamato ‘tecnico’. Con quest’ultimo termine si vuole dare ad un personaggio ‘autorevole’ una credibilità che non ha conquistato mai in ambito politico, ma solo nel ramo in cui ha acquisito capacità tecniche.
Nella vita normale nessuno penserebbe di affidare ad un idraulico la riparazione di un’automobile o del televisore di casa.
In politica, invece, può succedere di tutto. E, di solito, invocando una crisi reale o indotta, ci si affida ai banchieri, cioè a gente lontana mille miglia dai bisogni reali della gente ed abituata ad ignorarli, nel migliore dei casi.
In passato ci sono stati i governi ‘tecnici’ di Ciampi, Dini e Monti, che hanno ottenuto risultati non proprio incoraggianti. Nessuno dei problemi è stato risolto, a partire dal debito pubblico per finire alla fatidica ‘crescita’, sempre invocata ma mai realizzata. Per non parlare del massacro delle pensioni o dell’inarrestabile innalzarsi del carico fiscale.
Adesso abbiamo il governo dell’ex Governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi, accolto, a furor di parlamento, come Messia dalle virtù taumaturgiche.
In realtà, qualche virtù taumaturgica deve pure averla, dal momento che è riuscito a mettere d’accordo il diavolo e l’acqua santa: gli antieuro si sono miracolosamente convinti della «irreversibilità dell’euro»; gli antieuropeisti hanno scoperto che «fuori dall’Europa c’è meno Italia» e i sovran-populisti di Giussano si sono persuasi che è meglio «cedere sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa». Come dev’essere bello condividere la nostra sovranità ‘spendacciona’ con i paesi ‘frugali’ del nord Europa!
I miracoli politici avvengono soprattutto quando c’è un’emergenza. Il Covid è un’emergenza, ma non solo sanitaria. Si pretende che sia soprattutto un’emergenza politica, da affidare a un tecnico bancario di alto profilo: l’uomo giusto al posto giusto (sic!). Tutti, in questo caso, hanno il dovere di dare solidarietà e aiuto: Oggi «l’unità non è un’opzione, l’unità è un dovere. Ma è un dovere guidato da ciò che sono certo ci unisce tutti: l’amore per l’Italia». Draghi dixit. E l’amore per l’Italia è commovente.
Il popolo, il presunto sovrano, può stare solo a guardare. E sperare. Lo ha fatto più volte in passato masticando delusioni, ma facendoci il callo. Adesso, però, può sorgere un problema.
I partiti, grandi e piccoli, sedicenti di sinistra, centro e destra, sono tutti al governo. Per «fare squadra» dice Salvini, soddisfatto che ora può giocare in ‘nazionale’. All’opposizione restano solo i parlamentari di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. La cosa non è da sottovalutare.
Quando gli umori della gente, per ora frastornata e confusa, si saranno riacutizzati contro un governo che già nei suoi primi passi sta procedendo sul solco del precedente, per l’opposizione della destra sovranista si apriranno praterie elettorali.
Qui viene il bello.
Il Movimento fanculista di Grillo è nato per mettere definitivamente in crisi il sistema bipolare e puntare ad un ribaltamento totale degli equilibri politici. Sappiamo com’è andata a finire la rivoluzione per la scatoletta di tonno.
La credibilità dei Cinque Stelle è oggi ai minimi termini, e appare poco convincente pensare che i grillini dissidenti possano seriamente organizzare una vera opposizione in nome dei loro ‘valori traditi’.
I rimestatori della politica, quelli che stanno dietro le quinte, magari gli stessi che hanno dato vita all’ormai defunto partito giustizialista di Di Pietro e all’ormai agonizzante fenomeno pentastellato, dovranno trovare presto una nuova soluzione, un contenitore nuovo per drenare, sterilizzare, spoliticizzare il dissenso degli italiani e non lasciare campo libero alla Meloni.
Per loro è intollerabile che possa profilarsi uno strano bipolarismo nel quale la Meloni, come unica protagonista spendibile, potrebbe scorrazzare a proprio piacimento nell’area dell’opposizione al governo in carica.
Come ormai dovrebbe essere chiaro anche a chi si occupa poco di politica, nei piani alti di Bruxelles abitano i promotori delle crisi politiche e dei governi tecnici. E, soprattutto, non si tollerano i partiti che non si attengono ai loro ‘consigli’.
Lo sgarbo di non avere voluto sostenere il governo del «padre della patria» non è passato inosservato. E non potrà essere privo di conseguenze.
Per i ‘patrioti’ è venuto il momento di affilare le armi dell’intelligenza e non confidare soltanto sulla rendita di posizione.
Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali