Il M5S si piega alla riforma del Mes e dà via libera a Conte. La paura delle urne convince quasi tutti i frondisti

Alla fine, come in tanti ipotizzavano oggi in Parlamento non accadrà nulla. Il premier Giuseppe Conte incasserà il via libera per andare a Bruxelles per riformare il Mes e il suo governo potrà mangiare il panettone. Infatti, il timore di far saltare tutto e di andare precipitosamente al voto ha portato la fronda del M5S a più miti consigli. Non è che sia stata completamente assorbita, ma ormai si può dire che i dissidenti siano quasi irrilevanti ai fini del raggiungimento della maggioranza, al punto che dal governo ormai si dicono sicuri che i numeri, tanto alla Camera e tanto al Senato, ci saranno.

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Un accordo trovato nella mattinata di ieri su un testo che alla fine dice tutto e non dice nulla. In sostanza se da un lato si dà il via libera a Conte per andare al Consiglio europeo e dare il via libera alla riforma del Mes, dall’altro si chiede di procedere lungo la logica a pacchetto e cioè l’introduzione di altri meccanismi come, ad esempio, l’Edis, il fondo di garanzia per i depositi bancari. Inoltre, sempre nella risoluzione di maggioranza, anche la richiesta di modificare profondamente il Patto di stabilità e crescita, con l’introduzione del sistema europeo di assicurazione dei depositi.

Trovata l’intesa della maggioranza sulla riforma del Mes

Come c’era da attendersi nessun cenno all’attivazione del Mes, tema sul quale la maggioranza non ha e difficilmente potrà trovare un punto di caduta. Continuando in questo modo ad alimentare l’equivoco.

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Ma come detto la paura del voto e il baratro delle urne già ad inizio del nuovo anno hanno portato il M5S a più miti consigli. In fin dei conti con i sondaggi in caduta libera e con il taglio dei parlamentari tantissimi cinquestelle sarebbero rimasti a casa. Ed ecco allora l’intesa.

Aula – Seduta del 2 novembre 2020, Presidente del Consiglio dei Ministri rende comunicazioni su emergenza da COVID-19

Ma se sul Mes la maggioranza è riuscita a raggiungere un’intesa ecco che all’orizzonte si staglia un altro pericolo e cioè il Recovery Plan e in particolare la governance. Le due riunioni del Consiglio dei ministri fissate per lunedì e per ieri sono andate a vuoto a causa dell’ostilità di Italia Viva, che ha deciso di mettersi di traverso al progetto del premier Conte.

Conte, infatti, aveva immaginato una struttura con a capo il presidente del Consiglio affiancato da due ministri (Economia e Sviluppo economico) e poi da 6 top manager a capo dei 6 capitoli in cui il Recovery si articola. Infine, ciascun manager potrebbe contare su una squadra composta da una cinquantina di collaboratori per portare avanti e monitorare l’attuazione dei progetti.

Struttura che all’inizio Conte avrebbe voluto far nascere attraverso un emendamento alla manovra, obiettivo poi accantonato viste le polemiche. Ma anche la decisione di ricorrere a un decreto ad hoc non ha calmato gli animi. Come detto è Italia Viva quella più polemica, assolutamente contraria a una simile governance.

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Renzi: «Conte ritiri piano e convochi sessione ad hoc»

Matteo Renzi

«Conte ritiri il suo piano» ha spiegato Matteo Renzi e «venga in aula, ascolti le idee di maggioranza e opposizione e poi si decida. Noi non abbiamo la filosofia di Johnny Dorelli, ‘aggiungi un posto a tavola’. Il governo valuti le proposte ma alla fine convochi una sessione ad hoc dopo legge di bilancio e poi si decide chi spende i soldi e come».

Renzi: «Non ci stiamo a fare i passacarte»

E se questo già non bastasse rincara la dose: «Noi non ci stiamo a fare i passacarte solo perché qualcuno ha paura che sennò succede un problema al governo. Dire di sì all’istituzione di questa struttura è una follia istituzionale. Non puoi sostituire le sedute parlamentari con le dirette Facebook, il governo con le task force o i servizi segreti con le fondazioni. E’ un problema di tutela delle forme democratiche e di regole del gioco».

Scontro frontale, quindi, che ha portato Italia Viva per il momento a non sottoscrivere nemmeno la risoluzione di maggioranza sulla riforma del Mes. I renziani, infatti, attendono l’intervento di Conte ed hanno già fatto sapere che se questi nel suo intervento dovesse chiudere all’utilizzo del Mes i voti di Italia Viva non ci saranno.

Delrio: «Chiarire sovrapposizione strutture e che poteri avrà»

Graziano Delrio

E’ possibile che lo stesso Renzi oggi prenda la parola anche se è da escludere uno show down, ma piuttosto la prima puntata di un duello che secondo molti continuerà oltre che sul Recovery anche sulla manovra. C’è da dire che l’iniziativa renziana stavolta trova nella maggioranza ampie condivisione, specie nel Pd dove sono in tanti a non vedere di buon occhio la governance di Conte.

Ad esempio, il capogruppo dem alla Camera, Graziano Delrio, ospite di Cartabianca chiarisce bene qual è il punto: «C’è un problema serio di sovrapposizione rispetto alle strutture che normalmente lavorano, che va chiarito. Ma serve anche una struttura tecnica per questa mole di soldi dall’Europa. Il problema sono i poteri che si danno a questa struttura, non è un tema pretestuoso».

Da Palazzo Chigi non trapela nulla, a parte l’irritazione con cui Conte starebbe seguendo l’escalation renziano. Ciononostante, il premier la ‘sfangherà’ anche se sa benissimo che il percorso rimane accidentato e che all’anno nuovo sulla verifica con annesso rimpasto non potrà più archiviarla come vecchia politica. Anzi, se davvero vuole cercare di sopravvivere farebbe bene a farsi consigliare da qualche vecchio saggio, che la vecchia politica e i suoi trabocchetti li conosce benissimo.

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