Dal concetto al concerto della tradizione partenopea
Un’antica famiglia d’arte con un unico DNA: l’amore per la propria terra, per una comunicazione, viscerale, sentita, ironica ed è proprio intorno a questa che si muoveva «il corpo di lavoro» rendendo Peppe Barra grato al suo genealogico, in particolar modo alla madre Concetta Barra per avergli insegnato quella leggerezza chiamata vita, chiamata professionalità.
Peppe Barra: la genesi di un’artista
Nell’immediato dopoguerra, l’artista iniziò a studiare con Zietta Liù, unica classe maschile in una scuola femminile. A 6 anni era già un teatrante; un bambino che intratteneva i suoi amici col suo «gioco preferito», un teatrino che tutt’oggi conserva gelosamente.
Partendo dalla madre poi continuando con la NCCP, Nuova Compagnia di Canto Popolare, dove non è stato da subito facile, far rivivere le tradizioni popolari, ed è grazie a Roberto De Simone (regista teatrale e compositore) che la tammorra, il tamburo riprende a muoversi senza sentirsi fuori luogo, senza accusarne «la vergogna» ed essere di nuovo amato dal popolo.
Quando si parla di Peppe Barra, non si può non intrecciare Eduardo De Filippo, ed è proprio grazie a lui che la presenza al Festival dei due Mondi con la direzione artistica di Romolo Valli, vede le iconiche figure familiari e artistiche splendere. Connubi fondamentali grazie a cui è stato possibile la «ripresa» artistica della madre, che aveva lasciato il teatro per dedicarsi alla famiglia, riascoltata poi attraverso la NCCP e messa in evidenza da De Filippo al Teatro San Ferdinando.
Il teatro appaga il narcisismo dell’attore, il cinema di meno, così Barra differenzia le due «realtà», colui che è stato per un po’ di anni, punto di riferimento anche all’interno della Federico II insegnando, arricchendo non solo gli studenti ma se stesso. Il teatro bisogna averlo nel sangue e assimilare quella didattica che aiuta l’attore a concepirne l’attorialità.
Peppe Barra: dall’istrionicità all’umanità
È difficile coinvolgere la punteggiatura quando si parla di Peppe Barra, perché la facilità di passare dall’istrionicità all’umanità in un percorso che dura da sempre è rara. Ogni sua espressione vive anche attraverso quella musica senza tempo, con respiri così vividi da sentirli nel proprio petto. Lo studio, la lettura, il tocco, gli odori della stampa, i gesti portano alla consapevolezza del sapere ed è proprio questo il messaggio che l’artista tende a dare ai giovani d’oggi; un uomo, un’icona che possiamo definire «La Cultura» dell’arte partenopea, italiana, ancora tanto attivo nel panorama d’autore… Un’artista completo, nato a Roma «per sbaglio» mentre i genitori provavano al Teatro Valle, per poi dopo due anni, tornare a Napoli.
Dal cinema alla musica al teatro, voluto da tutti per l’unicità che può appartenere solo a Peppe Barra. Dischi, libri dove trovare una memoria così ricca da reperire un percorso colmo di gratitudine, di arte, di nomi che solo a citarli sarebbe a dir poco ridicolo.
Vivere intensamente le giornate, essere turista della propria città, studiare, essere sempre amanti del proprio vissuto, comunque sia stato e accompagnarlo per mano in quel che si ha, che qualcosa di bello «adda’ arrivà». Così vogliamo augurare al maestro e d’arte e di vita (poche nozioni stilistiche e da «curriculum» ma con la presente di alcune raccolte di suoi pensieri, cosi vicini all’individuo da sentire un’icona del panorama mondiale, «una persona di famiglia», percezione empatica di rara bellezza) buon 80esimo compleanno!
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