Conte annuncia il decreto da 25 miliardi di euro, ma in Senato l’unità nazionale salta

Dopo un mese le prime comunicazioni ufficiali di Conte in Parlamento

Nel giorno in cui, per la quarta volta, i dati su contagi e morti registrano una flessione e dall’Eurogruppo giunge la certificazione che il MES per gestire l’emergenza economica sarà usato sotto condizioni, il premier Conte arriva in aula alla Camera per un’informativa sul Covid-19. Una prima assoluta visto che finora non c’era mai stato (prevista replica oggi in Senato alle 10). In effetti, dopo una serie di conferenze stampa dal vivo e in streaming, appelli alla Nazione e quant’altro, suona davvero grottesco che le prime comunicazioni ufficiali del presidente del Consiglio in Parlamento arrivino ad oltre un mese da quando è iniziata la stretta sanitaria in Italia. Ma tant’è.

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Un decreto di oltre 25 miliardi per dare liquidità a famiglie e imprese

E chiaramente ne risente anche l’intervento del presidente Conte che sul piano informativo ha ben poco da dire, visto che già è stato detto tutto. E non è un caso che oltre le parti di rito (combattiamo un nemico invisibile e insidioso; Il governo ha agito con la massima determinazione, con assoluta speditezza; E’ l’ora della responsabilità Saremo all’altezza? La storia ci giudicherà, verrà il tempo dei bilanci, tutti avranno la possibilità di sindacare) il cuore dell’intervento sia quel decreto da 25 miliardi a cui già tutti guardano. Non un passaggio da poco visto che per la prima volta si parla di cifre, di «uno strumento di non minore importo» rispetto appunto ai 25 miliardi già stanziati. L’intento è chiaro, è quello di garantire «maggiore liquidità per aziende e cittadini» oltre ad offrire una tutela degli asset strategici del nostro Paese.

Giorgia Meloni: non bastano le comunicazioni, il punto è collaborare

E proprio in vista di questo decreto il tasto battuto nella replica all’informativa dagli esponenti politici è quello della condivisione. Insomma, passi questo ‘Cura Italia’ ma al prossimo tutti vogliono esserci. Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia chiede «qualcosa di più, non semplici comunicazioni del presidente, il punto è collaborare sul serio» perchè «dall’inizio abbiamo insistito, pensando che il parlamento dovesse e potesse fare di più. Se è vero che siamo in guerra noi non vogliamo disertare, noi vogliamo essere in prima fila, vogliamo essere all’altezza di quei medici che stanno in prima fila, delle forze armate e e delle forze dell’ordine, di chi sta in fabbrica e nei supermercati». Concetti che riecheggiano anche nelle parole di Guido Guidesi della Lega che però rileva una nota stonata nell’intervento di Conte: «Non ho ancora sentito nessun appello alle opposizioni sulla collaborazione. Noi vogliamo collaborare ma vogliamo anche risposte, non si può solo chiedere di non fare polemiche».

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Maria Elena Boschi: meglio una volta in più in Parlamento che una diretta Facebook

Infatti, l’appello nell’intervento di Conte non c’è, il riferimento a una gestione condivisa manca e probabilmente non è un’assenza casuale. I sondaggi confermano che Conte piace sempre di più alla gente e quindi la linea non cambia, a costo di indispettire i renziani che anche ieri in Aula con Maria Elena Boschi, replicando al premier, ha sottolineato «il bisogno di una comunicazione più chiara, in modo univoco, nelle sedi opportune: è meglio una volta in più in Parlamento che una diretta Facebook».

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Lega frena in Senato. A rischio intesa su iter decreto

Insomma, i timori che in futuro la linea del governo possa non cambiare sono molti forti. Lo sanno bene quelli della Lega che per il momento non vuole scoprirsi. Così, infatti, va letto l’irrigidimento leghista al Senato nel corso dell’incontro tra capigruppo di maggioranza e opposizione. Una riunione che avrebbe dovuto costruire un percorso condiviso per l’esame del dl ‘Cura Italia’. E invece per il momento è saltato tutto visto che la Lega ha rispedito al mittente la richiesta di contingentare i propri emendamenti. Ne presenterà 200 e non 50 come si era pensato in un’ipotesi di intesa. Una mossa che ha innescato l’immediata risposta piccata del capogruppo Pd Marcucci, il quale si dice «preoccupato dall’atteggiamento della Lega. Il percorso unitario va fatto insieme, non si può procedere a strappi». Parole che a stretto giro trovano la replica del presidente dei senatori leghisti Romeo: «Noi vogliamo collaborare, dal mondo produttivo, famiglie, associazioni abbiamo ricevuto migliaia di proposte di emendamenti. Noi responsabilmente li abbiamo ridotti a 200, tutti utili agli italiani. Se il Pd li considera tempo perso e vuol fare da solo, ci spiace per il Paese».

Già finita unità nazionale chiesta da Mattarella. M5S smentisce Esecutivo con Draghi premier

L’unità nazionale chiesta da Mattarella quindi è già bella che finita, ciò significa che il passaggio parlamentare del ‘Cura Italia’ sarà più contrastato del previsto. Se poi si considerano i continui spifferi di una possibile crisi di governo a vantaggio di un governo di solidarietà nazionale guidato da Mario Draghi, al punto che il M5S è dovuto uscire con una nota per spiegare che altri nomi fatti circolare per la guida di Palazzo Chigi, come quello del Governatore Draghi, per noi non sono neppure ipotizzabili, si ha il quadro di uno scenario politico molto agitato.

Nord Europa impone MES con condizioni. Lettera Conte e di altri 8 premier

Agitazione che si percepisce anche per quello che sta accadendo in Europa, dove le interlocuzioni dell’eurogruppo non hanno portato a sbloccare la situazione sul MES e i ‘coronavirusbond’. Le richieste italiane di utilizzare i fondi del MES per la ricostruzione e il rilancio dalle macerie economiche del Covid-19 senza condizioni, sono state frustrate dall’atteggiamento ostile dei paesi del Nord Europa (Olanda, Germania e Scandinavia) che invece puntano ad imporre regole molto stringenti a chi ricorre a quelle risorse. Un muro contro muro che l’Italia sta cercando di aggirare coinvolgendo altri Paesi. La lettera a firma del premier Conte e sottoscritta da otto nazioni, tra cui Spagna e Francia, punta proprio a creare una crepa nel muro dei paesi del Nord Europa. Operazione complicata e da cui secondo molti dipende anche il futuro dello stesso Conte, visto che un fallimento in Europa avrà come effetto anche quello di indebolirlo in Italia.

Tutto però dipenderà dal Consiglio europeo di oggi, dove si cercherà quella quadratura politica finora mancata a livello tecnico. Ma al momento l’ipotesi di un accordo appare davvero lontana.

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