Un Parlamento a prova di Coronavirus si prepara a votare lo scostamento del Bilancio

Pronti i primi 7,5 miliardi per l’emergenza

E’ un Parlamento a prova di Coronavirus quello che oggi aprirà i battenti per approvare la richiesta del governo di scostamento del deficit di Bilancio. Toccherà prima al Senato alle 15 e poi alla Camera alle 16. Un passaggio obbligato se si vuole predisporre un intervento economico speciale per sostenere gli sforzi che il Paese sta sopportando da quando è iniziata l’emergenza dell’epidemia Covid-19. Due sedute che, avranno bisogno della maggioranza assoluta dei componenti delle rispettive Aule.

Ma andiamo con ordine e partiamo dall’inizio e cioè da cosa si discuterà: il ‘famoso’ pareggio di bilancio introdotto nel 2011 nella nostra Costituzione dal governo Berlusconi nel momento di maggiore crisi economica, e speculativa, che il nostro Paese abbia vissuto. Da allora i governi sono stati obbligati ad assicurare «l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico», con una rete di salvaguardia: «Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali». Ed ecco arrivato il momento dell’indebitamento, che si tradurrà in un decreto legge per interventi di circa 7.5 miliardi di euro.

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Sedute eccezionali con le regole dall’ultimo decreto anti Coronavirus

Ma a garantire l’eccezionalità delle sedute odierne ci saranno anche le misure speciali previste in ossequio alle disposizioni anti-contagio varate dal governo nei giorni scorsi. Le presenze in Aula saranno contingentate garantendo il numero minimo indispensabile per far passare il provvedimento: 161 al Senato e 350 alla Camera. Anzi a Palazzo Madama sono stati ancora più fiscali, stabilendo che nel corso della discussione generale saranno presenti soltanto 6 senatori per gruppo parlamentare e predisponendo un sistema di voto a scaglioni e per appello nominale evitando così gli assembramenti in Aula.

Meloni (FdI): «Solo un punto di partenza»
Salvini (Lega): «Sono preoccupato”
Tajani (FI): «Un commissario per la comunicazione univoca»

Però se sul piano organizzativo c’è piena sintonia fra le forze politiche, è sui contenuti del provvedimento, queste si dividono con l’opposizione (alle 12 di ieri ha incontrato il premier Conte) che continua a ribadire scetticismo per l’operato dell’Esecutivo. A partire dalle risorse giudicate insufficienti. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha spiegato che «servono almeno 30 miliardi e che sono comunque un punto di partenza. I 7,5 miliardi che ha stanziato il governo non sono adeguati, sono meno di quanto spendiamo per il Reddito di cittadinanza». Spiegando, però, che FdI è orientata a votare a favore del decreto legge purché «qualcuno ci garantisca che è l’inizio di un percorso. Su questo il ministro dell’Economia ha detto che è in fase di riflessione e speriamo che queste riflessioni portino bene». Dubbi, invece, da Matteo Salvini, leader della Lega, il quale se si rallegra perché «finalmente qualcuno ci ha ascoltato», dall’altro «esco preoccupato, abbiamo portato voci di chi chiede misure drastiche subito, di chiudere tutto subito per ripartire sani. Ma la risposta è stata no. Quindi totale incertezza». Infine, Forza Italia che con Antonio Tajani ha insistito sulla necessità di prevedere «un commissario straordinario per dare una comunicazione univoca, che possa coordinare tutti gli eventi. E dal governo è arrivata un’apertura». E proprio dal governo il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio annuncia: «Faremo un decreto nei prossimi giorni per gli aiuti che servono a imprese, famiglie e partite Iva e a tutti quelli in difficoltà. Istituiremo voucher per baby sitter, sospenderemo mutui, fidi, contributi, tasse e istituiremo la cassa integrazione anche per le aziende con pochi dipendenti».

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Si fa strada l’ipotesi di una chiusura di tutte le attività come in Cina

Appuntamento, quindi, a questo pomeriggio sempre che nel frattempo non arrivino altre novità. Si fa sempre più concreta, infatti, l’ipotesi di uno stop per alcune settimane di tutte le attività, al di fuori di quelle essenziali come negozi di generi alimentari e farmacie. Ma molto dipenderà dai dati dei contagiati e dalla loro diffusione sul territorio nazionale. E sono sempre di più quelli che iniziano a guardare con attenzione al modello cinese di chiusura obbligata e totale, che ha portato in un paio di settimane i casi di contagio a ‘zero’ fuori da Wuhan.

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