Nelle prossime elezioni presidenziali Usa si gioca il destino del mondo moderno

Mai prima d’ora le elezioni americane si era svolte in un clima così teso, tanto che non sembra esagerato dire che tra poco meno di due mesi sarà in ballo il destino dello stesso mondo moderno per la semplice e preoccupante ragione che si stanno affrontando due concezioni dell’uomo e del suo ruolo nella società contemporanea.

Si tratta di una vera guerra che potrebbe essere riassunta come lo scontro tra élite internazionali e popoli radicati, lo scontro tra le grandi metropoli e il mondo delle periferie, l’avanzata del progressismo selvaggio contro la salvaguardia di un sistema di principi e di valori consolidati.

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Per il primo gruppo, minoritario come consistenza numerica, sicuramente non come mezzi disponibili, bisogna adoperarsi con ogni mezzo per cambiare i riferimenti che hanno guidato le organizzazioni umane attraverso i secoli. Si tratta di una grande opera di demolizione: della morale, della famiglia, della religione, viste come ostacoli da abbattere per non restare imbrigliati nel presente.

L’uomo deve iscriversi in un modello indefinito dove il sesso non deve essere predeterminato ma deve rispondere ad una scelta personale e, peggio, anche ad una scelta di rifiuto, una non scelta che, alla fine ne fa un essere immateriale, come uni spiffero di vento che non viene da nessuna parte e che può essere dappertutto.

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Allo stesso tempo le frontiere non hanno più alcun senso, come le nazioni che bisogna distruggere per arrivare ad una forma di umanità senza radici ne’storia: omogeneizzata, figura centrale nella fantasmagoria progressista.

La salute delle anime passerà quindi da un governo mondiale e dalla dissoluzione degli Stati nazione, a sentire dalle dichiarazioni degli oligarchi miliardari.

Dal momento poi che la crisi epidemica attuale rappresenta una catastrofe planetaria, potrebbe costituire l’occasione ideale per applicare un controllo sociale più stretto delle masse in modo da evitare ogni possibile protesta, sempre più frequente negli ultimi due anni, e per instaurare una forma di terrore sanitario, in questo caso.

Per il secondo gruppo, le società possono progredire solo imponendosi norme minime di comportamento e rimanendo ancorate ad una base di valori e di convenzioni sociali che sarebbe necessario salvaguardare come le fondamenta di una costruzione. Solo il rispetto delle tradizioni, delle identità e della storia è garanzia dell’equilibrio necessario al progresso dell’uomo che rimane legato ai limiti e alle specificità del territorio in cui vive e che si riconosce attraverso l’insieme delle convenzioni sociali che ha creato.

Queste convenzioni del resto formano degli spazi regolati da un insieme normativo che prescrive comportamenti e riduce gli attriti sociali. Alla fluidità omogeneizzata precedentemente evocata si oppone quindi la resistenza e l’inerzia dei principi secolari.

Per questi motivi l’elettore tipo americano rimane legato all’immagine di un’America forte e fiera che in due soli secoli è diventata la maggiore potenza planetaria.

E questo costituisce un problema importante perché i progressisti, col mondialismo attaccato alla pelle, odiano ogni attaccamento all’ordine, all’autorita ‘, alla patria, alla bandiera che non riconosco più. Sognano un multiculturalismo senza riferimenti e la cancellazione della Storia patria e della cultura.

Con Obama erano riusciti a trovare un capo capace di portare a buon fine il loro progetto societario, che sarebbe continuato eventualmente anche con Hilary Clinton, nel solco del multiculturalismo più spinto. Così sarebbe stato, com’era nelle previsioni, se non fosse arrivato Donald Trump che si è installato senza essere invitato dalle élite e rompendo il loro delirio distruttivo della nazione.

Ecco perché lo detestano e perché da quattro anni non cessano di attaccarlo. Trump ha per di più promesso di denunziare tutti quelli che hanno tradito il voto popolare organizzando a più riprese tentativi mal celati di colpo di stato,cosa che ha portato gli eletti democratici ad una forma di patologia inquietante.

Trump da quattro anni è il nemico da abbattere e tutto è permesso per poterlo distruggere: pronti a non riconoscere una sua possibile vittoria il prossimo 3 novembre e disposti, se ce ne fosse bisogno, anche a ricorrere alla violenza estrema delle piazze. In definitiva,oggi, il loro programma si riduce a questa sola prospettiva.

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