Ma i pulpiti da cui arrivano le prediche sono assolutamente inattendibili
«‘O peggio surdo è chillo ca nun vò sentì». L’antica saggezza fotografa magnificamente la presunta opposizione di Pd, 5S, Avs, e Iv al governo Meloni. Certo, contestare i numeri della manovra finanziaria, ancora prima che il governo la scriva, è da sempre una cattiva abitudine di tutte le minoranze. E anche quest’anno sta andando così.
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Le polemiche che si inseguono a ritmo frenetico
Meloni e il ministro delle finanze Giorgetti, continuano a rassicurare tutti che «non chiederanno nuovi sacrifici e nessun balzello sarà nascosto nella riforma». Ma il «campo magro» pensa di essere ancora lui al governo e alla luce dei suoi «precedenti» non ci crede. Landini (Cgil) strepita perché «la prossima legge di bilancio inaugurerà una lunga stagione di rigore e tagli a sanità, istruzione, ricerca, previdenza e ai contratti collettivi di lavoro pubblici, agli enti locali e agli investimenti», e ha annunciato che giovedì 17, il sindacato scenderà in piazza, ma la Cisl ne ha già preso le distanze. Secondo il leader Sbarra è «una piazzata che svilisce il diritto di sciopero».
Per la Schlein «è una manovra non all’altezza e senza visione» e ha già rinnovato il proprio «amore infinito» per la patrimoniale. Ma poiché sa che in Italia di balzelli del genere ce ne sono già 11, si rende conto che potrebbe essere difficile spuntarla, prova a farcela imporre dall’Ue. E prosegue col lanciare strali contro Jobs Act, lavoro povero e salario minimo, insieme a Landini che intanto, con motivazioni fredde e indecifrabili tipo: «per giustificato motivo oggettivo» continua a tagliare gli organici del sindacato. Cosa che si appresterebbe a fare anche lei, con una novantina di dipendenti del Nazareno. La coerenza dei bugiardi!
E se il Conte a 5S sottolinea che «non prevede alcunché contro carovita, caro carburante, caro mutui, per la scuola e la sanità», quindi, «è insignificante e dannosa», la presidente di Avs, Zanella, adombra, addirittura, che «ingarbuglia i numeri, il rapporto con il Pil resta tra i più bassi dell’Ue». Più che i numeri, insomma, l’inesistente legge di bilancio, ha già ingarbugliato la testa della Zanella.
Il silenzio di Mattarella ad argomenti alterni
E perfino Mattarella – che in 9 anni di presenza al Quirinale, non ha mai parlato di sanità e, anzi, ha controfirmato i provvedimenti per i 37 miliardi di riduzione della spesa sanitaria – si è ricordato che la sanità pubblica è «un pilastro per la tutela del diritto alla salute».
Ma continua a tacere sui problemi della magistratura, e la disapplicazione dei decreti contro l’immigrazione irregolare da parte delle toghe rosse che vogliono sfasciare il piano anticlandestini del governo, essere loro a stabilire verso quali Paesi sia possibile rispedire i clandestini e quali no; sui dossieraggi contro il governo, la destra, la premier e la sorella Arianna; nonché sulla Corte Costituzionale che la protervia piddina, di agire come se questa fosse solo un’appendice del Parlamento a controllo Pd, impedisce alle Camere di eleggere il sostituto della giudice Sciarra, ormai in pensione da un anno.
Forse scenderà in campo a dicembre, quando i giudici scaduti da 1 diventeranno 4 e lui non potrà più tacere, per la regolarità e la funzionalità della stessa. Se non ci fosse da piangere, per ciò che sta succedendoci intorno e che non potrà non riverberarsi anche su di noi e sulla finanziaria 2025, ci sarebbe da scompisciarsi dal ridere.
Gli sprechi dei governi precedenti
Purtroppo, i pulpiti da cui arrivano le prediche sono assolutamente inattendibili. Sono gli stessi che da 10 anni (e forse più), non fanno che peggiorare i conti del Paese. Basta pensare, agli 80 miliardi annui di interessi che paghiamo per i debiti prodotti con i loro sprechi. Di più. Salari e stipendi dal 1991 al 2022 in Italia sono cresciuti solo dell’1%, mentre negli altri Paesi Ocse del 32,5. E scusate se è poco! Conte, Schlein, Landini e c. continuano a parlare di salario minimo e ad accusare il governo di non volerlo approvare. Ma se è cosi importante perché non l’hanno approvato quando governavano loro?
Il debito pubblico è cresciuto tra il 2011 e il 2022 di ben 954 miliardi di euro di cui 157, il 17% in appena 3 anni (2018-21) addebitabili (comprese le truffe per mancanza di controlli, da bonus 110: 135 miliardi per adeguare al green soli 500mila immobili, ovvero appena il 4% del patrimonio immobiliare italiano; e, poi, Rc, mascherine anti covid e banchi a rotelle) ai governi Conte 1 (M5s-Lega) e 2 (M5s- Pd-Leu-Iv- Maie).
E senza dimenticare i 3,5 miliardi del Bonus docenti voluto nel 2015 da Renzi. Anche da questo, sarebbero – stando alle Fiamme Gialle – scaturite tantissime truffe. Numerosi docenti da Nord a Sud lo avrebbero utilizzato, per acquistare elettrodomestici, piuttosto che per aggiornarsi. Ciò spiega come mai, nonostante gli errori commessi e le promesse che non sono ancora riusciti a mantenere Meloni e il governo, a due anni dal voto, continuano a godere della fiducia dei cittadini. E loro no!