In Campania 520 milioni di euro per imprese e famiglie in tre mesi

Si rafforza la collaborazione fra Intesa Sanpaolo e Sud. De Giovanni dice basta  al «Premio Napoli»: meglio «Campania legge – Fondazione premio Napoli».

La buona volontà della nuova («Domani») ed ex («Repubblica») stampa debenedettiana di aiutare, la Schlein e la brigata del pensiero unico sinistrorso, a tirarsi fuori dalla morta gora in cui gli italiani li hanno scaraventati, con il loro voto, c’è tutta.

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Ma la fantasia per farlo, no. E, chissà, se prima di pubblicarli, si siano chiesti quanti voti riusciranno a portare via alla destra e regalarli a «nani e ballerine» dell’opposizione, titoli come quello del «Domani»: «La storia oscura dell’Italia stragista a cavallo tra fascismo e mafia», di Enzo Ciconte storico, deputato Pci nella X legislatura o quello a tutta, o quasi, pagina, di Repubblica: «Meloni tradisce Bonaccini».

Con il primo che si è perso le brigate rosse, che piazzavano bombe e uccidevano ma in fondo erano solo «compagni che sbagliavano», vi ricordate? E il secondo si è perso ringraziamenti, strette di mano e baci di Bonaccini a Meloni e Von der Leyen, in diretta televisiva, per i fondi del governo (2miliardi) e (6) Ue per i primi interventi l’Emilia e Romagna.

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Dopo Fazio anche l’Annunziata, già riconfermata da Rai3, ha deciso di abbassare la saracinesca di «Mezz’ora in più». «Non condivido nulla di questo governo», ha detto. Svelato, il segreto di Pulcinella. Avevano provato ad accerchiare la Meloni, con gli «attenti a quei due»: Fini e Bocchino. Non ci sono riusciti e sono scappati. Pazienza, nessuno ne sentirà la mancanza. Ma «nani e ballerine» contestano l’esecutivo.

Ma dov’è finita la «politica»?

Quella, che per De Gasperi «vuol dire realizzare»? Purtroppo, già in crisi prima, con l’arrivo della neo segretaria del Pd Schlein (lei conosce solo quella tasse e patrimoniali e desideri privati «travestiti» da diritti civili), se n’è persa ogni traccia.

E – dopo la trentennale occupazione del potere da parte della sinistra – è molto più vicina all’«arte di servirsi degli uomini facendo loro intendere di servirli» del francese Dumur perché, per dirla con Machiavelli, «governare è far credere», con l’obiettivo di Marx: «il potere politico è il potere organizzato di una classe per la sottomissione dell’altra». Che, a pensarci bene, visto il modus agendi, era proprio l’obiettivo di Schlein e amici interni ed esterni al Pd. Prima, però, bisognava delegittimare la Meloni e il suo esecutivo.

Cosa non facile, alla luce dei suoi risultati: ritrovata centralità nell’Ue, il Pil (dati Ocse) del primo trimestre 2023 (+0,5) superiore alla media dei Paesi più sviluppati (+0,3) e migliore della media dei 38 Paesi dell’Ocse; l’industria accreditata (secondo Intesa-Prometeia) di un fatturato record nel 2023 di 1.170 miliardi di euro (+ 260 sul 2019); l’export in crescita del 50%; il successo della Meloni al G7; la blindatura del Pnrr «E’ una priorità assoluta»; il riconoscimento del bilancio positivo dei primi mesi di governo, della stampa internazionale ovvero gli elogi del Figaro e poi del NYT, la promozione delle agenzie di rating: Fitch, S&P, Dbrs; e a Bruxelles comincia a prendere corpo l’alleanza Ecr – Ppe.

Il fantasma fascismo

Sicché – in assenza di idee – via con bufale in quantità industriali, contro FdI: il fantasma fascismo. La surreale inchiesta dei summenzionati quotidiani e ripresa dal settimanale «Gente», sulla sua famiglia per ingenerare dubbi su di lei nell’opinione pubblica: un vero flop. L’impedimento alla ministra Roccella di presentare il suo libro «Una famiglia radicale» al Salone di Torino, il cui ex direttore, Lagioia se l’è data a gambe, ululando che «il governo può diventare autoritario».

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E prima ancora il «no» alla presentazione di «Bomba a orologeria» di Capezzone, con il FdI, Rosciani alla Sapienza al grido di «fuori i fascisti dall’Università». Stesso grido «striscionato» da una decina di studenti napoletani invasati per contestare la «Lectio Magistralis» del Ministro alla cultura, Sangiuliano alla Federico II, dalla quale il 9 giugno sarà premiato quale «laureato illustre».

Ma a quali fascisti si riferivano. Loro erano già fuori. Delegittimazione della destra, che non si è realizzata. Gli italiani, si sono resi conto della trappola e li hanno mandati grillinescamente a «fan… c…o». E il sondaggio Pagnoncelli del 25/5, lo dimostra: FdI ancora in crescita 29,6%, il Pd in frenata 20,4% e il M5s in calo 15%., Lega 8,2% e FI 7,7%. Ma oggi da questo punto di vista, grazie ai ballottaggi, ne sapremo qualcosa di più.

I fondi per il Sud

Altro che autonomia differenziata (con la quale non sono d’accordo perché come ho sempre scritto: un’altra autonomia è possibile ed è quella macroregionale), comincia a cambiare l’aria fra il sistema bancario e il Mezzogiorno. Incontrando gli imprenditori napoletani, Stefano Barrese, responsabile della Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, ha sottolineato che nel primo trimestre dell’anno sono stati erogati a famiglie e imprese dei settori strategici della Campania (agroalimentare, turismo, energia, ICT-digitale ed economia marittima) oltre 520 milioni di euro.

Una notizia positiva che fa il paio con quella dei 13 milioni di euro stanziati in questi giorni dal ministero della Cultura attraverso la D.G. Archeologia e la Dg Musei per il restauro conservativo del Maschio Angiono. Di cui 2,5 per la rimozione delle barriere fisiche e cognitive; 6 al restauro e consolidamento dell’Arco trionfale e altri 4,5 per la messa in sicurezza e il completamento delle barriere architettoniche e potenziare gli allestimenti.

Il Premio Napoli

Che si contrappone, però, a quella assolutamente negativa scaturita dalla fervida mente del giallista ideatore del commissario Ricciardi, Maurizio De Giovanni, presidente della Fondazione Premio Napoli che, di sua sponte – almeno così assicura – intende calare un colpo di maglio, sul più antico premio letterario d’Italia. 69 anni di storia e di successi, quant’altri mai.

Il neo presidente – nominato meno di due mesi addietro – ha, infatti, intenzione di rinominare il «Premio Napoli», ricco di storia, cultura e identità, in «Campania legge», trasformando, inoltre, la fondazione in una sorta di agenzia per la diffusione culturale. Tutto e niente, insomma. Cogliendo così, due piccioni con una fava, e intestarsi il merito dell’eventuale «nuovo corso». Riportare a casa i finanziamenti della Regione Campania che da qualche tempo, allo stesso modo di quanto sta facendo con il Teatro San Carlo, ha detto basta alle risorse. Tanto per il «San Carlo», quanto per il «Premio Napoli».

In verità, lui dice che l’obiettivo è solo quello di cambiare il nome del progetto che da ora si chiamerà «Campania legge – Fondazione premio Napoli». E che la decisione non dipende da pressioni ricevute dal governatore De Luca che assicura di non conoscere nemmeno. Lo spero, ma non ci credo. E comunque, chi vivrà vedrà. Tanto più che, se il nuovo corso dovesse finire in flop, sarebbe lui a rimetterci la faccia.

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