Mezzogiorno e Pnrr, un’occasione da non perdere ma difficile da realizzare
Mezzogiorno e Pnrr. Penso ai 206 miliardi di Recovery Fund destinati al «Belpaese» e soprattutto agli 82 per il Sud. Un’occasione da non perdere ma difficile da realizzare. Da qui l’esigenza di accelerare al massimo il cambio di governance per velocizzare la messa a terra dei progetti, senza curarsi più di tanto delle accuse di «lottizzazioni» di quel Pd che nonostante la batosta elettorale, non intende rinunciare al potere.
E’ semplicistico sostenere che il Sud è un inferno, nascondendosi dietro i ritardi, causati dalla loro indifferenza verso questa terra, le cui responsabilità vorrebbero scaricare sulla destra, appena arrivata al governo. Ma è anche eccessivo sostenere che è un paradiso perché ricco di potenzialità.
La verità è che è un inferno nonostante le grandi ricchezze che ne arricchiscono il territorio. Al punto che, se, «La ricchezza delle Nazioni», primo testo «sacro» della scienza economica moderna, anziché nel 1776, fosse arrivato oggi, nelle librerie avremmo detto che la fonte alla quale Adam Smith si era ispirato, è il Mezzogiorno.
Se è vero, infatti che – come sosteneva l’economista scozzese – la ricchezza delle nazioni ovvero quello da cui ogni Paese ricava ciò che serve alla sua crescita ed al benessere della sua comunità, non è conseguenza diretta delle risorse naturali di cui ognuna dispone, ma del lavoro che vi si svolge e dalla sua capacità produttiva; è, altrettanto, vero che il ritardo di sviluppo che denuncia, ancora oggi – 240 anni dopo l’elaborazione di quelle tesi e nonostante le sue enormi ricchezze storico-archeologiche, paesaggistico-ambientali – è perché nella stragrande maggioranza sono prive di vita.
La mancanza di collegamenti
Abbandonate a se stesse, preda dell’incuria, del degrado, della loro irraggiungibilità per la mancanza di collegamenti (a Matera, casa dei famosi «Sassi», non c’è – o meglio c’è, è costata 500 miliardi di vecchie lire, eppure non ha mai funzionato – la Ferrovia dello Stato e per coprire i 105 Km da Potenza a Bari occorrono ben 3 ore e 58minuti e la Sicilia, in fatto di collegamenti è messa anche peggio) non sono fonte di alcun tipo di lavoro. Né per preservarne l’integrità passata, né migliorarne l’utilizzazione futura.
Santuari impolverati, dove il tempo s’è fermato a ciò che è stato, senza aperture verso ciò che potrebbe essere domani. Agricoltura, allevamenti, pastorizia continuano ad essere considerati comparti produttivi poveri e da rifuggire. Lasciando, così, il lavoro dei campi agli immigrati che – con salari inferiori e privi di assistenza – consentono a qualche imprenditore agricolo senza scrupoli, di guadagnare di più, con minori sacrifici economici, impedendo al comparto di diventare un vero volano di sviluppo. Il che ne fa una potenzialità dimezzata, nonostante i risultati positivi che, insieme alle industrie agroalimentari, riesce a mettere a segno.
Lo stesso turismo – che, pure, ancora una volta a Natale ha segnato record di presenze – continua ad essere considerato un settore di scarsa rilevanza, legato soltanto alle attività di accoglienza, ospitalità, ristorazione – e, magari, dei trasporti laddove, ovviamente, ci sono ed è possibile usufruirne – e non per quello che veramente è: un comparto a composizione economica e strutturale capace di coinvolgere direttamente ed indirettamente anche settori come quelli dei prodotti tipici, del commercio, dell’artigianato, dei servizi, dell’agricoltura, dell’abbigliamento locale, e, quindi, in grado di produrre uno sviluppo complessivo ampio.
Da patrimonio potenziale in ricchezza vera
E’ da qui che si può e si deve ripartire, per rilanciare il Mezzogiorno e trasformarlo da patrimonio potenziale in ricchezza vera. Certo, l’hub energetico per l’Europa; il Ponte sullo Stretto di Messina e gli interventi strutturali sul sistema trasporti nel Sud, rappresenterebbero una svolta per il futuro dell’area. Ma, per il momento, sono ancora chiacchiere. Speriamo che la premier Meloni, il ministro Fitto e il governo di centrodestra riescano a trasformarli in fatti.
Anche perché, è giusto riconoscerlo, esiste anche un Sud innovativo e tecnologicamente avanzato, capace di competere che va sostenuto e valorizzato. Per far tornare i giovani. Anzi no, per non farli scappare. Se non ora, quando?
Intanto oggi a Roma arriva la leader della commissione europea von der Leyen arriva a Roma per discutere delle modifiche per l’adeguamento del Pnrr alla nuova situazione economica post Ucraina.
Finalmente – almeno si spera – gli euro ministri hanno capito che non basta soltanto provvedere ad aumentarsi lo stipendio per portarsi a casa 1.000 euro al giorno, aumentando quello degli euroburocrati del 7% annuo – come hanno fatto nei giorni di Natale, mentre gli europei continuavano a preoccuparsi di come fare per mettere insieme pranzo e cene – ma bisogna anche cominciare davvero ad occuparsi dell’Europa e dei cittadini continentali che affondano sotto i colpi dell’inflazione, del caro bollette.
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