Dopo il successo de «L’amica Geniale» riecco un racconto di Elena Ferrante
Dopo il successo della già iconica «L’amica Geniale», la Napoli tanto accuratamente raccontata da Elena Ferrante torna ad essere rappresentata sul piccolo schermo con «La vita bugiarda degli adulti», dal 4 gennaio su Netflix. La sceneggiatura è affidata, insieme alla Ferrante e al regista Edoardo De Angelis, a Laura Paolucci e Francesco Piccolo.
Il mondo della giovanissima Giovanna (Giordana Marengo) viene totalmente stravolto a seguito dell’incontro con sua zia Vittoria (Valeria Golino), a lungo estraniata dalla famiglia, e di una serie di rivelazioni sconcertanti che fanno crollare le sue certezze di bambina nata e cresciuta nella bambagia della Napoli collinare, e la cieca fiducia che aveva nei suoi genitori (Alessandro Preziosi e Pina Turco).
Proprio il contrasto tra due volti della stessa città è al centro della narrazione, vedendo la protagonista divisa tra due mondi: quello familiare del Vomero e quello sconosciuto, tutto da esplorare, delle zone più degradate della prima periferia est della città.
Giovanna, come tanti ragazzi nati nel suo stesso quartiere, all’inizio della narrazione non è quasi mai uscita dalla «Napoli bene», e quando esprime il desiderio di andare a trovare la misteriosa zia Vittoria, la madre per prima cosa le consegna uno stradario, come se fosse una mappa del tesoro, e la invita ad iniziare a studiare: «questa è la tua città».
Il primo incontro tra Giovanna e la sua città avviene tramite un libro, è teorico, incarnando perfettamente l’atteggiamento di una borghesia che non si abbassa, osserva da una debita distanza il degrado che in realtà si trova a pochi metri da sé, con un’ipocrisia che diventa ancora più lampante se si guarda alla geografia di Napoli, in cui quartieri più e meno agiati si trovano a ridosso l’uno dell’altro, e talvolta basta realmente voltare l’angolo per cambiare completamente panorama.
Giovanna e le sue amiche hanno, inoltre, ricevuto un’educazione fortemente improntata ad un comunismo sposato con un fervore non dissimile da quello religioso che connota zia Vittoria e i personaggi a lei affini. Si tratta, anche in questo caso, di un approccio teorico al pensiero comunista, in netto contrasto con lo stile di vita che le ragazze e i loro genitori effettivamente conducono, ma nondimeno ostentato e reso tratto identitario. Comunismo o religione, poco cambia: nella società delineata dalla Ferrante qualcuno dice ai giovani «questo è il mondo» e loro gli credono, si fidano, fino a quando qualcosa non si rompe.
La rottura, per la protagonista, arriva quando un giorno ascolta di nascosto uno sfogo di suo padre Andrea, che dichiara «sta facendo la faccia di Vittoria», che nell’intimo linguaggio della loro famiglia è sinonimo di «si sta facendo brutta». Vittoria è ai loro occhi, infatti, l’incarnazione di ogni male, una donna invidiosa e cattiva che gode nel vedere gli altri soffrire.
E’ per lei l’inizio di una vera e propria crisi di identità: come possono le persone che dovrebbero amarti di più al mondo vedere in te qualcosa di così orribile? Giovanna, giovane e incompiuta come il rudere della rampa che si staglia sotto casa sua, a via San Giacomo dei Capri, intraprende così un’avventura interiore, che la porta a cercare sé stessa in questa nuova enigmatica figura, che presto e sorprendentemente diventa per lei un punto di riferimento proprio perché schietta e sincera, l’unica adulta a non sembrare bugiarda, anche se solo all’apparenza.
Crescere, per la ragazza, significa dare inizio a una morbosa e instancabile ricerca di verità scomode, rincorrendo un oggetto fortemente simbolico: un braccialetto, dono di quando era bambina, che viene trasferito di polso in polso portando con sé rivelazioni e guai.
Come negli altri lavori dell’autrice, importante è il ruolo giocato dalla sessualità dei personaggi, giovani donne che approcciano all’intimità da una parte come a un cerotto da strappare, dall’altra come uno strumento per affermare la propria libertà e indipendenza. Per Giovanna sarà l’ultimo grande ostacolo da saltare prima di iniziare una fase successiva della sua vita con una nuova consapevolezza: crescendo non si diventa completi, né perfetti, né tantomeno belli.
La regia di un esperto e sensibile Edoardo De Angelis opta per numerosi complessi piani sequenza e scene girate al contrario, accompagnandoci nell’intricata realtà interiore della giovane protagonista, anche con l’ausilio delle musiche originali di Enzo Avitabile che contribuiscono a rendere l’opera un’esperienza sensoriale tra echi, suoni, rumori e silenzi, tutti posizionati al momento più opportuno.
«La vita bugiarda degli adulti» è una serie da non perdere, che prima lega a sé presentando il mistero presto svelato dell’introvabile braccialetto attorno al quale ruotano tutti gli eventi, poi diventa volutamente aneddotica, com’è giusto che sia una storia che narra di molte anime che, ognuna coi propri mezzi, cerca di avere il controllo sulla propria rappresentazione al mondo esterno e sul proprio esito.