Unione europea, per punire uno Stato recalcitrante basta una «condizionalità»

Per il democristiano Junker «non ci può essere richiamo alla democrazia contro i trattati europei»

Lo scorso 3 aprile Victor Orban stravinceva le legislative in Ungheria senza però suscitare l’entusiasmo dell’Unione europea – tutt’altro – tanto che ci saranno voluti due soli giorni perché Bruxelles mostrasse la sua vera faccia.

Von der Leyen infatti, davanti a un Parlamento europeo di inutili figuranti, accampando una scusante ridicola che si qualificava da sola annunziava che l’Esecutivo aveva il dovere, per difendere il bilancio generale dell’Unione, di avviare una procedura di infrazione contro lo stato magiaro sulla base di un non meglio definito principio di «condizionalità», in linea con la terminologia prettamente brussellese per definire un testo studiato solo per punire uno Stato recalcitrante come l’Ungheria e che servisse anche da avvertimento ad altri, a esempio alla Polonia, Stati che hanno l’ardire di contestare l’ideologia liberal-libertaria che ormai domina un’Unione che non si definisce più nemmeno europea, e «massima» nei testi che produce.

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Da tempo remoto, del resto, tutti i meccanismi studiati per assoggettare i popoli annunciano chiaramente questo dogma. Lo ammise uno dei padri del sistema, Jacques Delors, che aveva definito quella europea proprio «una costruzione tecnocratica basata su un modello di despotismo illuminato». Oggi però il sistema non è affatto illuminato: è soltanto dispotico.

Del resto anche al democristiano Junker, predecessore della democristiana von der Leyen, forse a margine di una serata ben annaffiata di Beaujolais nouveau, sfuggì una frase emblematica «non ci può essere richiamo alla democrazia contro i trattati europei».

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La legge scritta dell’Unione europea

E siccome i Trattati – che sono la legge scritta di questa Unione (principio forse dimenticato dalla von der Leyen), debbono essere rispettati e non possono essere aggirati, pena l’implosione dell’intera traballante impalcatura europea – non permettono di punire gli alunni più discoli in ragione del voto all’unanimità richiesto per poter privare uno di questi Stati del suo diritto di voto e men che mai per togliergli finanziamenti legittimi, l’Esecutivo ha inventato il principio di «condizionalità» proprio per privare dei fondi europei gli Stati recalcitranti sulla base di una decisione presa, questa volta a maggioranza qualificata.

A questo punto, il tanto decantato stato di diritto, definito in maniera molto larga dai fanatici del politicamente corretto, è diventato uno strumento di lotta politica ed ideologica in modo da smontare scelte, pur democratiche, ma che non sono in linea con i principi della casta che governa il sistema unionista.

La penale milionaria alla Polonia

La Polonia, colpevole di voler abbassare l’età pensionabile dei magistrati da 67 a 65 anni e di voler istituire una Camera disciplinare è stata condannata al pagamento di una penale milionaria. La Commissione voleva addirittura vietare alla Slovacchia di coniare una moneta commemorativa euro con l’effige di San Cirillo e di San Metodio perché portavano sul capo una corona di stelle ornata da una Croce.

Per una strana combinazione questo tipo di persecuzione viene sempre esercitata nei confronti di governi legittimati dal voto del popolo che pretendono di tutelare le loro sovranità di fronte ad un’Unione sempre più intrusiva e che rifiutano quindi di piegarsi all’ideologia decostruttiva in voga nell’Occidente.

In nome di un sedicente Stato di diritto questa Unione si sta trasformando sempre più in una prigione dei popoli che però si ribellano perché vogliono salvaguardare le loro sovranità, rifiutano di lasciarsi dominare dal sistema e a poco a poco, stanno maturando la voglia di abbandonare il progetto europeo. «Addio vecchia Europa» recitava un vecchio inno della Legione straniera.

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