Green pass obbligatorio anche per chi entra in scuola, università e Rsa. Intanto solo 45 deputati su 132 della Lega votano il dl
Tutto secondo copione. Alla Camera dei deputati via libera al decreto sul green pass, mentre a Palazzo Chigi disco verde al primo allargamento dell’applicazione del certificato verde digitale. Da adesso in poi chiunque vorrà entrare in una scuola o in un’università, compresi i genitori degli studenti, dovrà esibire il green pass e a partire dal 10 di ottobre tutti coloro che dovranno accedere per servizio o lavoro ad una Residenza sanitaria assistita dovranno essere vaccinati.
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Insomma, a piccoli passi Mario Draghi va verso il suo obiettivo, che è quello dell’obbligatorietà del green pass e di conseguenza di un allargamento quasi totale della platea dei vaccinati. E tutto questo, possibilmente, senza l’obbligo vaccinale che comunque rimane un’opzione sullo sfondo. Il tutto con un ritmo che proprio ieri avevamo battezzato come quello di Beethoven ‘adagio, ma non troppo’.
E che l’orizzonte sia quello appena descritto lo confermano anche le parole che lo stesso premier ha utilizzato nel corso del Consiglio dei ministri, assicurando che attraverso un percorso graduale si procederà ad estendere il green pass. E già sarebbero visibili i prossimi passi: i lavoratori di quelle attività al chiuso dove è già previsto per i clienti l’obbligo della certificazione.
Si tratta dei ristoranti, dei bar, dei musei, dei cinema e dei teatri; ma anche per chi lavori per gli eventi e le competizioni sportive, nelle piscine, nelle palestre, e nei centri benessere e termali. E poi ci sono gli addetti ai parchi tematici e di divertimento, dei convegni, delle sale gioco, tra cui bingo e casinò. E senza dubbio ci saranno anche gli impiegati nei concorsi pubblici, nei centri culturali, sociali e ricreativi, oltre al personale che lavora su treni, navi, aerei e bus a lunga percorrenza.
Ulteriori provvedimenti dopo le elezioni amministrative
L’elenco è lungo, ma Draghi conta già ai primi di ottobre di poter centrare l’obiettivo o al massimo a metà ottobre. Comunque sia dopo le elezioni amministrative, quando ormai i bollenti spiriti della campagna elettorale saranno sopiti e si potrà discutere con la testa piuttosto che con la pancia.
Per quella data però si dovranno risolvere anche alcune questioni tecniche di non poco conto, che passano da quell’intesa tra sindacati e Confindustria che ancora manca. Il tema continua ad essere il costo dei tamponi e a chi addebitarlo. Non proprio spiccioli e proprio per questo l’intesa non sarà semplice. Strada più in discesa per il settore pubblico riguardo al quale lo stesso ministro Brunetta ha assicurato che è già tutto pronto.
Ma è sul piano politico che andranno risolti i nodi maggiori e in particolare sul tavolo della Lega. Ieri il partito di via Bellerio alla Camera ha disertato la votazione finale del decreto Green pass. Per la verità si sono registrate assenze in tutti i partiti, ma nel Carroccio il pallottoliere alla fine dice soltanto 45 deputati, su 132, che votano sì, con una percentuale di presenti ferma al 34 per cento. Numeri che devono far riflettere e che raccontano di un partito spaccato e in sofferenza sia all’interno, diviso tra chi è pro e chi è contro il green pass, e sia all’esterno. In particolare, verso Fratelli d’Italia che continua a raccogliere i frutti di stare da soli all’opposizione.
Estensione green pass, le contorsioni di Matteo Salvini
Salvini per il momento continua ad insistere nel ‘no’ sia all’obbligo del green pass e sia a quello vaccinale. Ma mentre su quest’ultimo potrebbe anche spuntarla, sul primo difficilmente ne uscirà vincitore. E probabilmente questo lo ha capito e lo sa, e ciò spiega le contorsioni degli ultimi giorni. Si tratta soltanto di tempo, l’unica concessione che Draghi ha fatto al leader leghista per correggere il tiro. Da qui alla metà di ottobre dovrà aver effettuato la virata ed aver fatto digerire anche ai più recalcitranti nel suo partito la svolta sul green pass.
Facile a dirsi ma molto difficile nei fatti, anche perché Salvini guarda come fumo negli occhi i dati dei sondaggi che danno Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni in continua ascesa. E il suo timore è che virando su posizioni moderate si esponga a un bagno di sangue elettorale. Ciò nonostante non ha scelta, se non quella di uscire dal governo. Ipotesi che chiaramente è impensabile. Per questo dovrà correggere progressivamente il tiro, sperando che nella svolta possa trovare altri ‘granai elettorali’.
E in un certo qual modo le parole con cui ieri ha giustificato il via libera della Lega al decreto dimostrano che è in atto ‘la lunga marcia’: «Il nostro voto a favore del decreto legge sul Green pass permette ai cittadini di affrontare la pandemia senza perdere le libertà, senza complicare la vita alle famiglie, senza far spendere soldi per tamponi». Parole che sembrano quasi sovrapponibili a quelle degli altri esponenti della maggioranza.
Ci vorrà tempo, ma come detto Salvini non ha scelta. Draghi, e l’esperienza di oltre sette mesi di governo lo testimoniano, non è tipo da deviare rispetto al programma che si è fissato. E sulla pandemia la linea di Draghi è quella della fermezza basata su vaccinazioni e green pass. Insomma, Salvini ha giusto un mese o poco più per riposizionarsi, tutto il resto sono chiacchiere che all’ex governatore della Bce non sono mai piaciute.
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