Maggioranza Draghi, più che democrazia è voglia di poltrone e di potere

di Mimmo Della Corte

Oggi l’élite piddina commissarierà il Pd affidandolo a Letta. La base accetterà la scelta dei ‘vip’, senza il consenso degli ‘umili’ o seguirà il sindaco di Milano, Sala che per protesta si è dimesso dal partito? Com’è vero che in Italia tutto cambia, ma niente muta. Basta pensare, ad esempio, che finora fra il Draghi 1 e il Conte bis, c’è una sola discontinuità: Draghi ha taciuto, almeno quanto Conte era ciarliero. Per il resto, tutto sostanzialmente “tale e quale” e l’Italia resta blindata.

In un anno quella delle chiusure è l’unica idea anti covid-19 che il Cts e il ministro Speranza sono riusciti a partorire. Forse, perché quest’ultimo non è un virologo e si fida del primo in cui non ci sono gli esperti che servirebbero. Forse, si. Per cui, di fatti concreti, sul fronte sanitario, come su quello economico, se ne registrano pochi.

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Ma venerdì a Fiumicino – dove, senza interlocutori, ha rotto, ma non troppo, il mutismo – Draghi ha garantito che da domani qualcosa cambierà. Niente più dpcm e misure anticovid assunte con decreti, correggibili in Parlamento.

Di più, i sostegni sono pronti, i 32 miliardi autorizzati sono già impegnati e con il def chiederà un ulteriore scostamento di bilancio per coprire velocemente (si fa per dire, il def va approvato a fine aprile, quindi…) una platea più ampia. Ci riuscirà? In teoria, possibile, in realtà, da vedere. Sul da fare, i partiti sono tutti d’accordo, sul come farlo per niente. E ognuno tira la coperta dalla propria parte. Pensate – solo per fare un esempio – al cashback nonostante il flop (vi hanno aderito solo il 6% dei potenziali destinatari) il M5S è restio a cancellarlo, ma la Lega insiste perché quei 5 miliardi vadano ai ‘Sostegni’

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Per non parlare delle crepe che attraversano i pentastellati – Grillo, si era addirittura proposto per sostituire Zingaretti – e dem (l’ingresso nella giunta del Lazio di due 5stelle, non migliora i rapporti fra i due alleati) alle prese con grossi problemi interni. Dal salvo intese “gialloverdi e giallorotte”, insomma siamo passati al “senza intese” del “mucchio selvaggio”. E così, il Paese continua a rotolare lungo un crinale interminabile, ingabbiato nella crisi sanitaria, che lo tiene sotto scacco ormai da più di un anno, e dal baratro economico che ne sta conseguendo e, secondo l’Istat, lo ha ulteriormente allontanato dall’Europa.

Nei giorni scorsi la sindaca Appendino ha parlato di «Torino come laboratorio: Pd, M55 e Leu, contro il centrodestra». Ed Epifani ha chiesto a Letta di «unire il centrosinistra per battere Salvini e Meloni». Ed è proprio qui il nostro problema. Il vero obiettivo dei partiti di sinistra non è governare il Paese, aiutandolo a crescere, per essere competitivo, bensì battere il centrodestra. E questo dalle Alpi al Capo Passero e a tutti i livelli istituzionali: assemblee comunali, regionali e parlamentari. Anzi, per quanto riguarda queste ultime, spesso con il contributo del Capo dello Stato, al momento, in carica.

Non c’è, infatti, chi non si sia reso conto, che nella gestione delle ultime due crisi di governo, Mattarella (cui va la mia solidarietà per le minacce ricevute) si sia preoccupato più del “benessere” dei partiti che dei cittadini, utilizzando la pandemia, per evitare le elezioni anticipate e scongiurare il rischio che le vincesse il centrodestra.

Da qui, la nascita di maggioranze farlocche come le mascherine anticovid cinesi. Prima quella gialloverde che ha provato a fare qualcosa; poi quella giallorotta che ha provato a disfare quel poco che aveva tentato di fare la prima; infine la grande ammucchiata giallorossorosaverdeazzurra con l’unica opposizione di Fratelli d’Italia, che – nonostante la premiership di Draghi e a parte l’accelerazione del piano vaccinale – finora, oltre le sentenze di condanne ai domiciliari per tutti, non ha fatto altro.

Il che rischia di distruggere l’autorevolezza internazionale di Mario Draghi. Speriamo riesca ad evitarlo. Significherebbe che ha davvero condotto l’Italia fuori dalla crisi. Ma la sensazione è che non dipenda solo da lui. Purtroppo, la chiamano democrazia, ma è solo desiderio di poltrone e voglia di potere.

Setaro

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