A chiedere la riapertura della scuola, questa volta, non è nè il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina nè l’ennesimo gruppo di mamme. La richiesta è di Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza coronavirus. «Il 7 gennaio è giovedì, quindi ci sarà un probabile slittamento a lunedì 11. In ogni caso l’indicazione di riapertura a gennaio non è garantita, visto che non abbiamo alcuna certezza sullo sviluppo della pandemia. E poi c’è Natale di mezzo» afferma in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
«Se nelle festività – spiega – avremo momenti analoghi a quelli vissuti nell’estate appena trascorsa, l’evoluzione dell’epidemia porterà a dati simili o addirittura peggiori di quelli attuali» aggiungendo che «la scuola rischia di restare chiusa altre settimane. Avremo una generazione di liceali che andrà all’esame di Stato a giugno avendo perso il contatto fisico con l’universo scolastico per quasi un anno. È un danno incommensurabile».
«Il 20 novembre – dice Miozzo – dopo la videoconferenza con il direttore regionale dell’Oms di Copenaghen, Unesco e Who Ginevra, abbiamo condiviso l’esigenza di far tornare i ragazzi a scuola in presenza il prima possibile. I dati ci dicono che i contagi in età scolastica non sono significativamente diversi da quelli di altre classi di età e non abbiamo evidenze per capire se siano avvenuti a scuola o fuori».
Il 4 marzo scorso il Cts «chiese al governo di chiudere le scuole seguendo le indicazioni della comunità scientifica internazionale, ma all’epoca non avevamo le regole attuali» spiega il coordinatore del Cts. «E poi non sottovalutiamo il ruolo degli insegnanti, gli unici a poter far comprendere ai ragazzi il rischio potenziale che rappresentano per i congiunti. È un tema formativo, un messaggio particolarmente difficile da dare».
Secondo Miozzo «tecnicamente il lockdown è la soluzione migliore, e paradossalmente la più semplice, per ridurre la curva e le possibilità di contagio» ma che non prende «in considerazione gli effetti devastanti che provoca sulla popolazione che subisce le restrizioni».
Il problema della riapertura delle scuole non è tanto il contagio all’interno delle aule, che sarebbe minimo, ma tutto quello che c’è intorno, come i trasporti. Per non far innalzare la curva del contagio c’è bisogno di «riorganizzazione del trasporto pubblico locale, scaglionamento degli orari di ingresso, monitoraggio sanitario». «Parlando da cittadino, mi pare evidente che non ci si renda conto del disastro che si sta consumando nelle giovani generazioni, il devastante impatto sulla sfera psichica e sociale non è evidente immediatamente, ma lo sarà nel lungo periodo» afferma il coordinatore del Cts.
«Forse bisognerebbe rileggere quello che avevamo suggerito proprio per far sì che le scuole aperte non avessero particolare impatto sulla curva. Siamo rimasti inascoltati e i ragazzi pagheranno gravi conseguenze» conclude Miozzo.
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