Nasce l’Italia a colori di Conte. Ma le Regioni non mollano e Renzi avvisa il premier sul futuro: «Se son rose fioriranno»

di Dario Caselli

L’Italia a colori, quella gialla, arancione e rossa, voluta da Giuseppe Conte è nata ufficialmente. Da oggi è entrato in vigore il nuovo Dpcm che stabilisce le varie zone in cui è diviso il Paese con le conseguenti misure anti-contagio. E sarà così per almeno un mese, fino al 3 dicembre. Poi si vedrà.

Nel frattempo, però, non è che detto che non possano registrarsi cambiamenti, attenuazioni del regime, spostamenti di fascia delle singole Regioni attraverso quel monitoraggio costante dei 21 indicatori inseriti nell’ordinanza del ministro Roberto Speranza. Anche se il tutto avverrà con una cadenza di 14 giorni. Quindi almeno per il momento il conto sarà di 4 Regioni ‘rosse’, 2 ‘arancioni’ e le restanti 14 ‘gialle’.

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Accanto, però, a questo non sembrano placarsi le polemiche dei governatori che non accennano a rassegnarsi a questa situazione e continuano a lanciare strali contro il governo. Protagonisti della battaglia, in particolare, i 3 governatori relegati nella zona rossa: Piemonte, Lombardia e Calabria. Tutti convinti di essere stati costretti in quella fascia da dati poco affidabili e vecchi di una decina di giorni e quindi non più rispondenti al reale andamento dell’epidemia.

Cirio: «I dati utilizzati sono vecchi di almeno dieci giorni»

«Nessuna polemica, chiedo uniformità» la protesta di Alberto Cirio, governatore del Piemonte, per il quale «i dati utilizzati dal governo sono vecchi di almeno dieci giorni». Da qui la richiesta che «il Piemonte venga classificato per i dati reali, come le altre regioni. Per questo ho chiesto una verifica». Il punto, come spiega Cirio, è che «non posso chiedere alle attività piemontesi di chiudere quando in altre regioni, con situazioni difficili come quella del Piemonte, riescono a continuare a condurre una vita normale».

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Rezza (Min. Salute): «Campania fascia gialla? Ha indice Rt più basso di Lombardia e Calabria»

Convitato di pietra è la Campania, la quale per i numeri alti del contagio viene bollata come favorita dal governo al punto di averla posta nella fascia gialla, anche se ieri il governatore De Luca ha prorogato fino al 14 novembre la chiusura delle scuole. E a dare soccorso al governatore ci pensa Gianni Rezza, direttore generale al ministero della Salute che spiega la situazione campana: «Ha molti casi ma ha un Rt molto più basso, per esempio, di Lombardia o Calabria. Evidentemente le ordinanze regionali possono avere avuto un certo effetto sulla trasmissione».

Regione Calabria pronta a impugnare l’ordinanza del ministro Speranza

Critico anche il presidente della Lombardia che a caldo aveva parlato di schiaffo in faccia ai lombardi, ma è Nino Spirlì, facente funzioni di presidente dopo la scomparsa di Iole Santelli, ad andare giù duro contro il governo, ipotizzando ricorso al Tar contro la decisione del governo di decretare la Calabria zona rossa: «Impugneremo la nuova ordinanza del Ministro della Salute che istituisce la zona rossa in Calabria. Questa regione non merita un isolamento che rischia di esserle fatale».

Salvini: «Follia dividere l’Italia in colori»

Fratelli d'Italia Centrodestra
Tajani, Meloni e Salvini

Dal Centrodestra è Matteo Salvini a schierarsi al fianco degli amministratori locali contro le decisioni del governo, avendo in questo tema trovato un nuovo fronte di attacco al premier Conte.

«Una follia la divisione dell’Italia in colori, spiega il leader leghista a Dritto e Rovescio, fatta senza preavviso sulla base di dati di due settimane fa. I dati sono vecchi di 15 giorni, l’incertezza è palese, non si può decidere la vita delle persone dalla sera alla mattina. Arriva Conte e dice ‘tu e tu sei rosso, giallo o arancione’. Noi chiediamo cure e controlli a casa senza intasare le terapie intensive e gli ospedali. Ci sono fondi fermi per investire sui trasporti, non su monopattini o banchi con le rotelle…».

Meloni: «Dpcm su base provinciale e non regionale. Tuteliamo gli anziani»

Critiche anche da Giorgia Meloni che dal salotto di Porta a Porta punta il dito sul sistema di rilevazioni adottato dal governo: «Il Dpcm dovrebbe essere su base provinciale e il Governo avrebbe dovuto usare i dati del 31 ottobre invece di quelli del 24. Così le regioni si dividono tra penalizzati e graziati».

E continua a spiegare: «Le misure vanno prese progressivamente, ma se tu parti dai ristoranti che non risolve niente e non fai nulla su trasporti e scuole…Oggi scopriamo i dati dell’Istituto superiore di sanità e scopri che nei decessi l’età media è di 80 anni con 3, 4 patologie pregresse. Quindi il virus è pericoloso per determinate categorie. Servirebbe assistenza domiciliare a tappeto. Ai medici di base poi un protocollo unico glielo vogliamo mandare o no?».

Conte firma il nuovo Dpcm
Giuseppe Conte

Conte: «Rimanere uniti scacciando le polemiche»

E il governo? Ieri sera si è tenuto l’atteso vertice di maggioranza nell’appartamento privato di Conte a Palazzo Chigi. Per la prima volta dopo la nascita del governo Conte bis si sono trovati attorno a un tavolo, senza dubbio a distanza di sicurezza, il premier, Vito Crimi, Nicola Zingaretti, Roberto Speranza e Matteo Renzi. Al termine è stata proprio una nota del premier a fare il punto della situazione, ribadendo che sull’azione di contrasto al Covid-19 bisogna «rimanere uniti scacciando le polemiche». Insomma, nessuna retromarcia. Anzi si va avanti sulla strada tracciata.

Conte: «Patto di Legislatura per durare fino al 2023». Al via due tavoli di lavoro su accordo di governo e riforme

Strada che per il premier Conte coincide anche con quel patto di Legislatura per durare fino al 2023 e che prevede di «aggiornare i 29 punti dell’accordo di programma, verificando il lavoro già fatto e gli obiettivi che restano da raggiungere. E’ stato definito un piano di lavoro per i prossimi giorni, da realizzare entro la fine del mese, con due tavoli. Il primo lavorerà per aggiornare l’accordo di governo e per definire quei progetti di riforma istituzionale che peraltro sono già in buona parte sul tavolo della maggioranza. Il secondo tavolo lavorerà per definire alcuni obiettivi e strategie di politica economica e sociale da perseguire in via prioritaria».

Soddisfazione di Zingaretti e Crimi. Renzi: «Se son rose fioriranno»

Soddisfatto Nicola Zingaretti che uscendo da Palazzo Chigi ha spiegato ai giornalisti che ora «dobbiamo lavorare anche per un patto di legislatura che garantisca, lavoro, crescita e benessere». E Vito Crimi: «E’ stato un incontro proficuo per consolidare il governo, avanti fino al 2023».

Matteo Renzi

Matteo Renzi, invece, non si è fatto vedere all’uscita. Ha preferito un’uscita secondaria, ma ha affidato a un post su Facebook il suo commento sulla riunione: «Oggi si è fatto un passo in avanti, stabilendo le tappe di un lavoro politico e programmatico che ci porterà entro la fine del mese a capire se ci sono i presupposti di un patto di legislatura. Bene che la richiesta di un tavolo politico sia stata accolta da Conte e che ci sia una sintonia forte soprattutto con il Pd di Zingaretti. Ora mettiamoci al lavoro: se sono rose fioriranno». E senza dubbio il fatto che non abbia mai fatto alcun riferimento al M5S non è certamente casuale.

Insomma, si va avanti ma la resa di conti è soltanto rinviata. Probabilmente al termine di questa fase di emergenza, il 3 dicembre. E allora si vedrà se queste rose, come ha detto Renzi, sono davvero fiorite.

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