Governo Conte in crisi di nervi, per il virus, ma non solo. E il fine corsa si avvicina

Il governo Conte sull’orlo di una crisi di nervi. Chiedono al centrodestra di collaborare. Gli serve un ‘garant’ che ne condivida le colpe, non entri nel merito dei provvedimenti e finga di non vederne le crepe. Marcucci, capogruppo Pd parla di rimpasto, Zingaretti lo smentisce, Renzi, invoca le crisi e il M5s perde pezzi.

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Dopo aver fermentato per 10 mesi, nelle botti dei pieni poteri, dei bla bla e dei dpcm, “accreditati” dal cts; gli aiuti promessi rivestiti d’urgenza ma arrivati a destinazione solo in parte minimale; il virus è esploso andando alla testa dei giallorotti.

Conte non sa più che pesci prendere e pensa ad un nuovo lockdown, che considera l’nica cura per evitare lo sfratto da palazzo Chigi. Ricomincia il rito quotidiano dei conti del Covid-19, come se informazione e trasparenza fossero sinonimi di ansia e paura. La Meloni e Salvini lo accusano. La prima di pensare «solo alla sua sopravvivenza», il secondo di prenderli in giro, e lui non si rende conto che è riduttivo prendersela solo con il virus per l’incombente fine corsa.

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Che è, invece, la ciliegina sulla torta di un fallimento, che coinvolge oltre i due governi Conte, quelli del passato che, hanno “taglieggiato” la sanità (ma in tempi di “pace” chi pensa alla guerra?). E forse anche gli italiani che, sull’onda dell’antipolitica, hanno creduto alle teorie di un comico, e di un movimento con un’unica idea: la “decrescita felice”. Per loro naturalmente che, frequentando Dumur: «la politica è l’arte di servirsi degli uomini facendo loro intendere di servirli», hanno scoperto Demostene che nel 300 a.C. riflettendo sui politicanti sosteneva «di quanto è declinata la fortuna dello Stato, di tanto è cresciuta la loro».

Molti grillini, prima del 2013, nullafecenti e pocotenenti, oggi – a furia di «vaffa…» alla “casta” e occupandone posto e scranni – sono tuttofacenti e moltotenenti. Qualcuno addirittura generale, con stipendi adeguati al grado, al di là di meriti, capacità e (in)competenze personali.

Di contro la gente, sta sempre peggio. Si pensa ad esempio alla Whirlpool di Napoli che ha licenziato 400 lavoratori con un sms e il lockdown in itinere, bloccherà – nonostante il rimbalzo del +16% in estate – il pil 2020 a -10. Sicchè, la situazione in cui ci ritroviamo, non dipende – se non in parte – dal virus che, pure, ha avuto un impatto notevole sui risultati elettorali di settembre, consentendo a governatori che a inizio anno erano dati per sconfitti di ribaltare i pronostici e vincere con maggioranze bulgare e, vedi De Luca, fare la voce grossa, la faccia truce e offendere tutti.

La fine politica del governo Conte è solo frutto della sua incapacità

Di talché, l’eventuale fine politica del governo Conte sarebbe solo lo (s)combinato disposto della sua incapacità di risolvere i problemi del Paese, che non riesce più a sopportare provvedimenti, come il “ristori”, che promettono il Paradiso, ma trascinano all’inferno. Decisioni come la chiusura totale di: palestre, cinema, teatri e auditorium; parziali – ma nelle ore più “fruttuose” – di: Pub, bar, ristoranti; la diatriba scuola «si» o «no»; il «no» alla movida, l’ennesimo attacco al popolo delle partite Iva, circolano da sempre nel Dna dei 5Stelle, e dal 2018 lo hanno trasfuso, nei governi Conte.

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Sicchè, quegli stessi italiani che per 9 mesi e tanti dpcm gli avevano dato fiducia, in appena 12 giorni e tre dpcm, hanno scoperto il trucco e si sono resi conto che, se il virus è ancora qui, è perché lui e i suoi alleati ci hanno rempito di fandonie, promesso tutto e il contrario di tutto, ma non hanno fatto alcunché per sconfiggerlo prima, ed evitarne il ritorno, dopo. La situazione infrastrutturale di sanità, trasporti e scuola è carente oggi, come lo era 10 mesi fa.

E dopo averne rispettato disciplinatamente tutte le disposizioni, non ce la fanno più e stanno esplodendo. Ma loro vedono solo la violenza che ultras, estremisti di sinistra e di destra, hanno scatenato, intrufolandosi senza invito, nelle manifestazioni di protesta, ma pacifiche, dei “tartassati” che da una settimana si susseguono in Italia dal Nord al Sud. Perché, così possono distrarre l’attenzione generale dal vero problema: i cittadini vogliono sopravvivere al Covid-19, ma anche alla fame.

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