Covid-19, un governo di gufi che lavora di notte perché nessuno s’accorga di cosa fa

di Mimmo Della Corte

A’ repubblica e’ zì fattèll”. Di fronte al Covid-19 ognuno fa da sé. Colpa di dpcm e misure contraddittorie che confondono le idee, aggrovigliando la situazione. Un “caos” cui contribuisce anche il Cts, più che tecnico scientifico, sembra un comitato di salute pubblica messo in piedi per fingere di affrontare il problema, sperando si risolva. Da solo.

Certo, questo virus è un nemico sconosciuto, di cui nessuno sapeva alcunché, ma che fra i 20 “chiamati” non ci sia alcun virologo, infettivologo od oncologo, non mi sembra il top. Più degli altri, questi, hanno dimestichezza con infezioni e profilassi e avrebbero potuto dare una mano. Tant’è che sono proprio loro gli “esperti” che distesi sulle onde hertziane, ci deprimono con le loro “covidate” televisive pluriquotidiane. A proposito, fra loro, non ci sono donne. Come mai nessuno lamenta la violata pari opportunità?

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Nessuno intende negare che la situazione è complicata, che il virus, c’è e che i contagi sono in crescita, seppure al 90% asintomatici o poco sintomatici, ma, rispetto al passato, è aumentato anche il numero dei tamponi di quasi il 500%; certo si registrano più decessi, ma anche i guariti sono di più.

Sicché, mi domando, è proprio necessario continuare a spargere sul Paese tanto allarmismo e panico? Purtroppo, si! Ne ha bisogno il governo, per evitare che si parli d’altro e che la gente si accorga che si tratta di un esecutivo di gufi che lavora di notte (così che nessuno veda cosa fa) ricorrendo a “fiducie”, dpcm e “salvo intese” (perché nessuno si renda conto delle sue “manovre”) e che, per quello che sta succedendo, se la prende con tutti tranne che con se stesso, le proprie inefficienze, inadeguatezze ed errori. Certamente ricorderete che all’inizio della pandemia, i primi ad essere considerati untori furono gli ultrasettantenni, poi ragazzi e movida.

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E ora, per distrarre l’attenzione degli italiani dal fatto che, dopo 8 mesi – durante i quali hanno continuata ribadirci il rischio di una seconda ondata peggiore della prima – in quanto ad infrastrutture sanitarie siamo sempre al punto di partenza e, per altro, nessuno si ricorda che non si muore solo di covid, ma anche di malattie croniche; nonché dalle insidie rappresentate per l’utenza, da tram, autobus, metropolitane e treni affollati, all’inverosimile – è arrivato il momento delle scuole (che De Luca in Campania ha già richiuso, dopo essere stato l’ultimo a riaprirle) e famiglie, cui viene “consigliato” di evitare feste e non ricevere più di 6 persone non conviventi. Ma non manderanno l’esercito a contarci. Dovremo farlo da soli.

E mentre qualche virologo, vedi: Crisanti, Ricciardi e Galli – sempre in tv a dispensare briciole di paura in trasmissioni serali e repliche mattutine –, prevede un possibile lockdown a Natale; Conte, tanto per cambiare, ne scarica la responsabilità sull’eventuale disobbedienza della “comunità nazionale”. Facendone crescere ansie, preoccupazioni e paure.

A crescere, però, non sono solo tensioni e timori di non riuscire ad uscire dalla crisi sanitaria, ma anche i ritardi del governo Conte che nel mentre richiude tutto, libera 9 milioni di cartelle esattoriali, richiedendone il pagamento da cittadini già stremati. Ed è venuto meno alla parola data, anche all’Europa.

Se, infatti, il 28 luglio aveva sostenuto che il recovery fund «è un’occasione storica di riforma e sviuppo» ed «entro il 15 ottobre» avrebbe presentato all’Ue «i progetti per ottenere il prefinanziamento del 10%» ed il 19 agosto faceva sapere «stiamo lavorando… perché intendiamo consegnare il piano a metà ottobre»; il 9 settembre ha presentato le linee guide per il piano, cerimonia, poi, replicata il 14 ottobre, solo che, nel frattempo, le linee, anziché «di guida», erano diventate «d’indirizzo».

Purtroppo, per lui, però, zero più zero resta zero. E a Bruxelles per il Consiglio europeo del 15 e il 16 ottobre Conte si è limitato a portare soltanto chiacchiere. Fortuna sua che, nella capitale del Belgio, per l’occasione, si è parlato d’altro. Viste, le contrarietà di “frugali”, Polonia e Ungheria il recovery fund, al momento, è «ricoverato in terapia intensiva». Speriamo si riprenda.

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