Conte alle prese con il ‘frullatore Italia’. Tanti ingredienti per un piatto da servire dopo il voto

Riforme, referendum, legge elettorale. E poi Recovery Fund, Mes. L’incognita regionale e l’ipotesi rimpasto. Senza dimenticare l’emergenza migranti e quella sulle scuole che riaprono, le misure di contenimento per il Covid-19. Sono tanti gli ingredienti nel frullatore della politica di questo settembre ma per sapere che cosa ne uscirà fuori bisognerà aspettare ancora una decina di giorni, il 20 e 21 settembre.

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Poi sarà più chiaro quale pietanza sarà servita agli italiani, anche se saranno le loro scelte determinanti in tal senso. Ma andiamo con ordine. I primi ingredienti sono profondamente legati tra di loro, o almeno così la maggioranza di governo racconta, soprattutto il Pd per giustificare il suo via libera al referendum.

Proprio quest’ultimo sembra essere tra gli ingredienti più decisivi per la pietanza post 20-21 settembre. Gli ultimi sondaggi raccontano di un No in sensibile aumento. Ricordiamo che il referendum si riferisce al taglio dei parlamentari. Fino a poco tempo fa il Sì era dato a una percentuale che si avvicinava al 90 per cento e invece nelle ultime rilevazioni sembra essere sceso sensibilmente.

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Ultimi sondaggi sul referendum indicano che i No sono in sensibile aumento rispetto ai Sì.

Sarà vero? Chissà, ma il timore che serpeggia nel M5S, che si gioca tantissimo se non tutto (forse la sua stessa sopravvivenza), è che come nel caso delle riforme renziane anche questa sia stata oggetto di una personalizzazione politica. Insomma, votare No o Sì non significherebbe tanto giudicare la bontà o meno del taglio dei parlamentari, quanto piuttosto esprimere un giudizio sul M5S.

A questo si aggiunge la freddezza dei partiti, tranne il M5S, che colta l’occasione di utilizzare il voto referendario come grimaldello per far saltare la maggioranza hanno deciso di tenere un bassissimo profilo. Discorso a parte per il Pd che si sta letteralmente dilaniando tra un vertice, o almeno una parte di esso, che dopo la Direzione nazionale di lunedì ha deciso di sostenere la campagna per il Sì, e il corpaccione del partito orientato per il No.

Saviano: «Pd è vapore acqueo». E si schiera per il No

Ed a tal proposito stanno facendo rumore le posizioni di esponenti di spicco di quell’area, punti di riferimento da sempre, come ad esempio Roberto Saviano, che non solo si sono schierati per il No ma hanno puntato il dito contro la segreteria di Zingaretti. «E’ succube di una gravissima mancanza di identità politica. Non ha una posizione chiara sulle questioni più rilevanti. È vapore acqueo», questa la sentenza emessa ieri in un’intervista a La Stampa contro il Pd dello scrittore di Gomorra.

Dichiarazioni che rischiano di pesare molto in termini elettorali e che hanno prodotto l’immediata reazione della dirigenza del Pd con Andrea Orlando per il quale l’attacco di Saviano «è un intervento a mio avviso sbagliato. A pochi giorni dalle elezioni regionali Saviano ritiene opportuno attaccare l’unica forza che in questi anni si è battuta contro la destra e il populismo».

Crimi: «M5S mantiene parola data. Ora andiamo avanti con le riforme»

Vito Crimi M5S
Vito Crimi

Quindi nessun ripensamento anche perché, come spiegano dal Nazareno, il via libera al testo base della riforma della legge elettorale, avvenuto ieri in Commissione Affari Costituzionali alla Camera, crea le premesse per temperare i guasti della riforma, rispettando inoltre l’accordo di governo firmato lo scorso anno. E infatti il capo politico del M5S, Vito Crimi, ha subito twittato soddisfatto: «Con l’approvazione del testo base sulla legge elettorale prosegue il percorso di riforme e rinnovamento che vogliamo dare all’Italia dopo troppi anni di pantano. Come sempre abbiamo mantenuto la parola data, ora andiamo avanti».

In effetti, la situazione è più complessa. In primo luogo, perché l’adozione del testo base rappresenta un obiettivo minimo, visto che il Pd puntava all’approvazione in Aula del ddl, e sia perché il via libera è avvenuto senza Italia Viva e Liberi Uguali. Insomma la minoranza della maggioranza ha dato il via libera al testo base. E tutto lascia presupporre che l’esame in Commissione, prima, e in Aula, poi, sarà tutt’altro che una passeggiata con il rischio altissimo che la legge sia affondata da una parte della stessa maggioranza.

Non è un mistero, infatti, che Matteo Renzi preferisca una legge maggioritaria ma soprattutto sia contrario ad un proporzionale con sbarramento al 5 per cento. Perciò quella di ieri rappresenta la classica vittoria di Pirro.

E se è incerto il cammino della legge elettorale, quello delle riforme lo è ancora di più. Ieri abbiamo scritto della proposta di Dario Franceschini di aprire una stagione riformista e spiegato come questa abbia riscontrato una generale freddezza. Che sia possibile avviare il cantiere delle riforme mantenendo in carica il governo attuale indipendentemente dal risultato elettorale, come spererebbe Franceschini, è pura utopia.

Utopia che sarà tale se il Centrodestra raccoglierà un importante risultato a queste regionale, il che significa 5 a 2 o addirittura 6 a 1 strappando anche la Toscana. Soprattutto in quest’ultimo caso la possibilità che il Conte bis continui la sua marcia senza che nulla sia accaduto è a dir poco impossibile. Ecco perché è difficile fare previsioni sul cantiere delle riforme, visto che con in tasca un risultato talmente ampio il Centrodestra punterà a capitalizzarlo con le elezioni nazionali. Questo naturalmente Recovery Fund o Plan che dir si voglia permettendo.

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ConteE qui veniamo all’altro ingrediente del frullatore, i 209 miliardi che l’Ue ha riconosciuto all’Italia per contrastare la crisi economica prodotta dalla pandemia di Covid-19. Il premier Giuseppe Conte ha già chiarito che proprio il Recovery Plan impedisce di andare a votare, perché entro aprile vanno consegnati i progetti. Progetti che però sono in alto mare, visto che il governo per ora ha semplicemente presentato le linee guida. Un documento di una trentina di pagina, che tanto ricordano le slide dell’allora premier Renzi, in cui a mò di slogan sono elencati gli ambiti di intervento.

Linee guida che hanno innescato una vera e proprio sollevazione all’interno della maggioranza parlamentare, che per l’ennesima volta si è sentita scavalcata per un documento che sarebbe dovuto essere il prodotto finale di un confronto in Parlamento e che invece è stato predisposto dai vari ministeri.

Conte su Recovery Plan ha riunito maggioranza: «Parlamento che avrà un ruolo centrale». E apre all’opposizione

Proprio per placare gli animi ieri il premier Conte ha riunito la maggioranza a Palazzo Chigi per un vertice chiarificatore, al termine del quale ha ribadito che il «Parlamento che avrà un ruolo centrale», auspicando anche «un dialogo con le opposizioni perché questo deve essere il piano nazionale non del governo Conte, o Conte bis, deve poter essere condiviso da tutti».

Rassicurazioni e impegni non nuovi visto che nel corso del lockdown Conte più volte aveva ripetuto tali concetti, senza però mai attuarli. La maggioranza però al momento sembra voler credere alle parole di Conte che, inoltre, ha assicurato «un ulteriore importante ruolo per il Parlamento: ossia il monitoraggio e il controllo dell’attuazione del piano, lì siedono i rappresentanti del popolo e auspico possano trovare una modalità per un efficace monitoraggio e controllo, non dobbiamo sprecare un euro, e il Parlamento è il miglior partner del governo. Il governo deve promuovere e presentare i progetti ma è importante il pungolo del Parlamento perchè non si sprechi un euro».

Meloni: «Il Mes è una fregatura. Non é vero che non ci sono le condizionalità»

Giorgia Meloni

Quanto al nodo del Mes, solo Italia viva avrebbe ribadito a Conte la richiesta, cara anche al Pd, di accedervi. Ma Conte ha chiarito che se il governo deciderà di farlo, la decisione passerà dal Parlamento. Sul punto però Giorgia Meloni continua ad essere contraria spiegando che «è una fregatura. E’ un trattato internazionale. Non é vero che non ci sono le condizionalità, ti fanno come il topo col formaggio. Fare ristrutturazione del debito, in questo momento, significa fare macelleria sociale. E poi se è così vantaggioso perchè nessuno vi sta accedendo?».

La sensazione è che comunque tutto rimarrà fermo fino alle elezioni regionali e al referendum. Anche l’ipotesi di rimpasto tanto che Matteo Renzi, che di questo governo non è tra i più fervidi ammiratori, proprio ieri ha invitato alla «calma con i rimpasti e i giochini: diamo priorità a competitività e lavoro. Problema è il progetto, non chi fa il ministro». E che «il presidente del Consiglio ha un solo nome e cognome: Giuseppe Conte. A lui chiedo di portare in Parlamento i progetti per il Recovery fund».

Sul fondo del frullatore, infine, rimangono la scuola e l’emergenza migranti. Tutte e due legate a filo doppio al tema del contenimento del virus. Sulla scuola si continua a registrare il muro contro muro tra maggioranza, in particolare il ministro Azzolina, e il Centrodestra. La conferenza stampa di due giorni fa a palazzo Chigi è servita a dare quella copertura politica al ministro ed a chiarire che sul tema della scuola tutto il governo è impegnato.

Salvini: «La prossima settimana presenteremo in Senato la mozione di sfiducia al ministro Azzolina»

Dal canto suo soprattutto Matteo Salvini continua l’attacco al ministro Azzolina annunciando che «la prossima settimana presenteremo in Senato la mozione di sfiducia». Mozione che firmerà anche Fratelli d’Italia, mentre Forza Italia sembra intenzionata a presentarne una per conto proprio anche se la parola finale spetterà a Silvio Berlusconi.

Conte al Med-7: «Meccanismi efficaci basati su redistribuzione obbligatoria dei migranti e un meccanismo efficace di rimpatri»

Infine, i migranti. Il premier Conte ieri a margine del vertice Med-7 ad Ajaccio ha chiesto che si giunga «a meccanismi efficaci basati su redistribuzione obbligatoria e un meccanismo efficace di rimpatri, per evitare che singoli paesi possano essere meno efficaci». Ammettendo, però, che «l’Europa ha dato segnali di essere più sensibile sui migranti: ha fatto passi avanti ma dobbiamo completare la riforma del patto di asilo». Intanto il governo sta cercando altre navi da destinare alla quarantena dei migranti che sbarcano via mare ed anche di quelli che arrivano via terra.

Ecco perciò il nuovo bando con il quale si punta a creare una vera e propria ‘flotta’ per ridurre l’impatto dell’accoglienza a terra che sta creando problemi in diverse aree. Ed in tal senso la rotta balcanica, con gli arrivi in Friuli Venezia Giulia, si sta ponendo come una delle questioni principali.

Chiaramente anche questo tema è legato al voto del 20 e 21 settembre, visto che se la maggioranza dovesse uscire fortemente ridimensionata l’ipotesi di riforma dei decreti sicurezza e soprattutto di un approccio più ‘morbido’ sul tema dei migranti sarebbe accantonato.

Ecco, ancora un po’ di pazienza e il quadro sarà più chiaro. Peraltro, la pazienza è essenziale in cucina…

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