Decarbonizzazione più rapida per l’ex Ilva di Taranto: entro il 15 l’accordo

Due le ipotesi sul tavolo per il futuro dell’ex Ilva

Una settimana di tempo per decidere il destino dell’ex Ilva. Due le ipotesi di Accordo di programma su cui si concentreranno, nei prossimi giorni, gli approfondimenti tecnici e le valutazioni di Regione ed enti locali, con l’impegno assunto dalle parti di firmare il documento martedì 15, quando si terrà un nuovo incontro alla presenza anche dei sindacati.

Ma c’è già un punto fermo: la decarbonizzazione dovrà essere più rapida, 12 anni sono troppi. Si scenderebbe a otto o a sette a seconda delle ipotesi. Andrebbe quindi verso un possibile rinvio la Conferenza dei servizi, prevista giovedì, per l’approvazione della nuova Autorizzazione integrata ambientale.

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«Credo che sia una giornata importante, decisiva, storica per Taranto, per la siderurgia italiana, per la politica industriale nel nostro Paese», ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, delineando i due scenari sul tavolo: «La prima opzione prevede di realizzare a Taranto tre forni elettrici con tre Dri (Direct reduced iron, ovvero gli impianti per realizzare il preridotto). Per questa soluzione serve una nave rigassificatrice che fornisca il gas necessario ad alimentarli».

«La seconda ipotesi», ha proseguito Urso, «è che a Taranto si realizzino tre forni elettrici alimentati anche con un contratto di servizio da parte della società Dri Italia, che realizzerà però il preridotto in un’altra località del Sud di Italia dove sarà più facile il rifornimento, a miglior costo e convenienza, del gas necessario».

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Sei milioni di tonnellate

Urso ha precisato che «in entrambi i casi sarà mantenuta la continuità produttiva» e che in ambedue gli scenari, «sono tre i forni elettrici per garantire 6 milioni di tonnellate di produzione, così come nel frattempo dovremo fare con gli altoforni».

Sugli investimenti nei forni elettrici, ha precisato il titolare del Mimit, «la prima scelta spetta a Taranto» ma «poi potremo valutare insieme se sarà utile e necessario creare le condizioni» perché si possa «eventualmente realizzare un forno elettrico per Genova e gli stabilimenti del Nord». Diminuiscono quindi i tempi per la decarbonizzazione dello stabilimento, punto sul quale Regione Puglia ed enti locali hanno concentrato il proprio pressing. Da 12 a 8 anni nella prima ipotesi, da 12 a 7 nella seconda.

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha sottolineato l’aspetto ambientale spiegando che «laddove non intervenisse l’accordo rischieremmo di avere, da parte del Mase, l’autorizzazione per gli impianti così come sono adesso, senza avere la garanzia della decarbonizzazione. Rischio che vorremmo evitare».

La nave rigassificatrice e la continuità produttiva

Altro nodo da sciogliere quello della nave rigassificatrice e dei costi per l’azienda. «Se l’alimentazione a gas avviene attraverso gasdotto o rigassificatore terrestre costa meno, sia la realizzazione sia l’attività e i costi operativi. Se invece il Dri viene alimentato da una nave, in porto o a largo, costa di più. E di questi aspetti economici dobbiamo tenere conto», ha spiegato Urso. Il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, ha specificato che sono in corso «valutazioni relative alla nave rigassificatrice, ma non in porto. Ci sono varie proposte, senza nave o con una nave distante dall’abitato».

Intanto c’è da garantire la continuità produttiva dello stabilimento. «La piena funzionalità di tutti e tre gli altoforni di Taranto è stata garantita per il primo trimestre del prossimo anno», ha affermato Urso, indicando la tabella di marcia: «Prima si fa la manutenzione ordinaria di Afo4, poi la manutenzione straordinaria revamping di Afo2» e poi i lavori necessari per Afo1 «quando sarà disposto il dissequestro». Non cambia l’appello dei sindacati che chiedono un intervento più deciso da parte dello Stato. Secondo la Fiom «per attuare il piano di transizione la soluzione immediata è il capitale e la gestione pubblica».

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