Delitto di Senago, i giudici: «Giulia capì che moriva anche Thiago»

La sentenza: Impagnatiello premeditò omicidio per 6 mesi

Un omicidio premeditato per quasi sei mesi e «programmato in ogni dettaglio». Alessandro Impagnatiello, condannato all’ergastolo per aver ucciso la fidanzata Giulia Tramontano nella loro abitazione a Senago il 27 maggio 2023, avrebbe «accarezzato l’idea di sbarazzarsi» di lei almeno dal dicembre dell’anno prima, quando la donna aveva scoperto di essere incinta. È quanto scrivono i giudici della Corte d’Assise di Milano nelle motivazioni della sentenza pronunciata lo scorso 25 novembre nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Un «proposito criminoso», quello di Impagnatiello, che in quei sei mesi non sarebbe più stato abbandonato. «Anzi – si legge -, lo ha fatto crescere e maturare dentro di sé, mentre in via parallela e speculare si intensificava e consolidava la relazione segreta» con un’altra donna. È questo, infatti, ciò che avrebbe spinto l’ex barman a pianificare di uccidere la compagna. Dapprima, somministrandole a sua insaputa del veleno per topi sul quale ha fatto ricerche online fin dal 12 dicembre 2022, poi aggredendola con 37 coltellate.

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La svolta

Il giorno del delitto ci sarebbe stata infatti «una svolta», ossia l’incontro tra Giulia e la collega con cui il 31enne aveva una relazione parallela, durante il quale le due donne «si sono rivelate reciprocamente tutte le menzogne» attraverso cui Impagnatiello le aveva «controllate, manipolate e tenute in scacco come ‘pedine’ sulla fantomatica ‘scacchiera’ narrata con vanto ai periti».

Sempre quel giorno, poi, a quanto osserva la Corte presieduta da Antonella Bertoja, l’uomo avrebbe anche realizzato di «essere diventato a sua insaputa lo ‘zimbello’ di tutti i colleghi dell’Armani Cafè», bar di lusso in cui lavorava, i quali sapevano «già da una settimana» di tutte le sue bugie. Una «presa di consapevolezza» che da un lato «lo ha avvilito e mortificato», ma che dall’altro è stata «compensata» da una «rabbia fredda e da una lucida risolutezza che lo ha portato, poche ore dopo, a riaffermarsi e vendicarsi di quel ‘torto’ subito».

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Poi la decisione di «rimodulare il programma criminoso» e di uccidere la compagna con «modalità nuove ed efferate». Una volta che Giulia è tornata a casa, lui l’ha sorpresa con un «agguato». Delle 37 coltellate con cui l’ha colpita, 11 le sono state inferte «mentre era ancora viva». Da qui la decisione dei giudici di riconoscergli, oltre alla premeditazione, anche l’aggravante della crudeltà. «Non solo: nel momento in cui è stata attinta dai primi fendenti – osservano -, mentre si trovava ancora in vita e comprendeva che il compagno la stava uccidendo, Giulia ha senz’altro realizzato, sebbene per una manciata di secondi, che insieme con lei moriva anche il nascituro che portava in grembo». Un pensiero che ha «senz’altro provocato» in lei una «sofferenza ulteriore».

Il tentativo di occultamento

L’«ultimo tassello del programma criminoso», dopo aver inviato alcuni messaggi con il cellulare di Giulia, era quello di bruciare il corpo nella vasca da bagno, come dimostrerebbe anche una ricerca online fatta alle 19 su «ceramica bruciata». A quel punto Impagnatiello ha «tentato di farla sparire per sempre, riducendola in cenere», senza però riuscirci.

Da quel momento «ha agito al di fuori del programma», in modo «grossolano, rudimentale e imprudente: in buona sostanza in modo diametralmente opposto a quello cauto, prudente e subdolo adottato nelle ore e soprattutto nei mesi precedenti». Davanti alla Corte, durante il processo, i giudici sottolineano che Impagnatiello «ha mostrato scarsa resipiscenza per il fatto commesso», tentando in modo anche «contraddittorio» di «attenuare la propria responsabilità».

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