Giustizia, Camere penali internazionali: «Commissione d’inchiesta su torture in carcere»

Il presidente Tirelli: «Riforma delle forze dell’ordine necessaria, c’è deriva anti democratica»

«La riforma del sistema carcerario e delle forze di polizia è ormai improcrastinabile. I 23 agenti di polizia penitenziaria sospesi a Biella questa mattina, per presunte torture ai detenuti, devono spingere le istituzioni a una riflessione profonda su cosa sia diventato il carcere oggi. Fino a prova contraria i poliziotti coinvolti sono innocenti, ma le continue denunce di maltrattamenti, in tutti i penitenziari d’Italia, non possono che preoccupare. Il corpo di ogni cittadino è sacro, a prescindere dal suo status giudiziario. Ora bisogna dare delle risposte forti e nette. Il Parlamento istituisca una Commissione d’inchiesta parlamentare».
Lo afferma Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale.

«Anche Amnesty International, nel corso degli anni, ha più volte denunciato gravi abusi di potere delle forze dell’ordine contro i cittadini arrestati o anche semplicemente fermati. Il poliziotto è servitore del cittadino, non uno sbirro che si fa Stato. Negli Stati Uniti, le auto della polizia riportano questa frase: “To serve and protect”».

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«Da tempo, purtroppo, assistiamo a un pericolo di scivolamento di alcune frange delle forze dell’ordine verso comportamenti di prepotenza, antidemocratici e alle volte perfino di sevizia verso reclusi, ma non solo. Lo testimoniano le scene da macelleria messicana di Bolzaneto; i casi di Giuseppe Uva, di Alberto Bigioggero, di Stefano Cucchi… Ogni giorno si assiste a decine di migliaia di soprusi, nascosti dall’omertà o dallo stato d’inferiorità “sociale” in cui versano il carcerato o l’arrestato» sottolinea l’avvocato Tirelli.

«Serve una riforma delle forze dell’ordine. Bisogna immaginare e attuare l’istituzione di una sezione speciale contro questi reati odiosi, una sorta di “affari interni” sul modello della polizia americana. Ma soprattutto, ora, bisogna rompere questo muro di silenzio che aleggia intono alle carceri italiane. Spesso sono luoghi dove la legge italiana non riesce a intervenire per tempo e scongiurare soprusi verso chi è più debole», conclude il leader delle Camere internazionali.

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