La riflessione: Il titolo V di una Costituzione in via di esaurimento…

Serve uno Stato capace di assimilare armonie e non proporre questioni che possono essere fonti di contrasti applicativi e regionalismi iniqui

Il fascino di una carta costituzionale sta nel riuscire a tradurre il testo scritto, costituito da principi e fondamentali valori, in vita vissuta di una comunità nazionale e soprattutto superare il governo della contingenza. Questo può avvenire solo quando si riesce a dare un impulso durevole sia nelle attività rivolte al benessere comune, sia alla tutela dei principi della persona che per lo stare assieme delle comunità, che nel rappresentare e nello svolgersi delle proprie esigenze laddove si prova a mettere in luce le proprie potenzialità in termini di sensibilità, intelligenza, creatività, identità, voglia di fare.

Qui sta tutto il peso ed il valore di un contenuto paradigmatico di un testo costituzionale che dovrebbe continuare ad ispirare e sorreggere l’impalcatura di uomini e donne che risiedono su un territorio. Di contro alla teorizzazione delle ragioni plausibili perviene la considerazione secondo cui l’attuale assetto costituzionale italiano, al di là delle belle parole e dei compiacimenti di rito, non appare al passo con il trascorrere dei tempi e con il necessario intervento risolutivo nell’applicazione delle prescrizioni e dei principi contenuti nella carta.

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Da qui rileva il grado di vetustà che già vive la Costituzione se si fa caso al ritardo di come gli obiettivi prefissati in essa siano andati in corto-circuito. Il fare impresa, lo svuotamento degli art.1, 3, 5 cost. e di molte altre parti della carta fondamentale rendono palmare lo svilimento di una “norma primaria”, a cui le assemblee legislative e politiche non riescono a mettere mano in maniera coerente e con una profondità di pensiero per ridarne smalto e prefissare nuovi traguardi di civiltà.

Oggi, con la messa in discussione di una aggiornata forma di autonomia differenziata, si continua a dibattere e procedere come nella riforma del Titolo V intervenuta con la legge costituzionale n. 3/2001, che ha interamente riscritto quella parte della Costituzione, modificando l’assetto del governo territoriale e sovvertendo i tradizionali rapporti tra Stato centrale ed enti periferici, senza garantire una parità di trattamento tra tutte le realtà territoriali.

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Così operando e legiferando si sono fatti venir meno i livelli essenziali assistenziali (LEA) e prestazionali (LEP) che si dovevano osservare nella dimensione legislativa che dovrebbe assumere le tutele ad esempio per il diritto alla salute. I LEA sono un concetto elaborato dal legislatore. In particolare, si trovano riferimenti ai livelli essenziali ed uniformi di assistenza ed ai livelli essenziali delle prestazioni nella disciplina legislativa che riguarda l’istituzione e le riforme del servizio sanitario nazionale (l. n. 833 del 1978 e d.lgs. n. 502 del 1992 succ. mod. da d.lgs. n. 229 del 1999) e nella disciplina di riordino dei servizi sociali (l. n. 328 del 2000).

I LEA sanitari possono essere definiti come tipologie di assistenza, servizi, prestazioni sanitarie erogate nei campi di assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, distrettuale ed ospedaliera. Si tratta dunque di obblighi di servizio pubblico a carico delle Regioni nei confronti dei destinatari dei servizi sanitari regionali. Si potrebbe affermare che essi sono ciò che il legislatore considera necessario e sufficiente in un dato momento storico, per assicurare effettiva tutela al diritto alla salute.

Questo non vuol dire che il legislatore possa “disporre” del livello di effettività del diritto alla salute abbassando troppo il livello di tutela della salute sino ad intaccare il contenuto minimo essenziale (il nucleo duro) del diritto alla salute: in tal caso le scelte legislative sui LEA sarebbero incostituzionali per violazione dell’art. 32 Cost.

I LEP, invece, sono oggi una categoria propria del diritto costituzionale positivo che vengono costantemente disattesi. A partire da qui si possono fissare le necessità improcrastinabili da garantire sulle quali le proposte di riforma costituzionale devono soffermarsi con cautela, sine ira ac studio.

Questo non è altro che un invito rivolto alla classe dirigente e politica di una nazione che deve ispirare uno Stato che sia capace e consapevole di assimilare armonie e non proporre questioni che possono essere fonti di contrasti applicativi, di conflitti di rango costituzionale e soprattutto di disomogeneità tali da determinare regionalismi iniqui a più velocità, sprovvisti di senso di solidarietà e di quella strumentazione utile a sostenerla ovverosia la conducente sussidiarietà.

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