Ricchiuti (FdI): «Il documento sulla Riforma fiscale non taglia la pressione tributaria e non cancella le vessazioni»

«Il voto negativo di Fratelli d’Italia al documento sulla riforma fiscale prodotto dalla commissione competente è il frutto di una disattesa speranza che si potesse finalmente andare nella direzione non solo di una sostanziosa diminuzione della pressione fiscale ma anche di un cambio di passo e di regole in merito alle vessazioni che subiscono le aziende in tema di accertamenti e contenziosi fiscali». Lo ha affermato Lino Ricchiuti, vice responsabile nazionale imprese e mondi produttivi di Fratelli d’Italia.

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«Ad oggi – spiega – ci si continua ancora a basare sul presunto, tanto è vero che sui documenti prodotti dall’Agenzia delle Entrate per contestare l’accertamento sempre più spesso si trovano frasi del tipo, ‘sembrerebbe’, ‘sembra strano’, ‘è immaginabile’, ‘potrebbe’ ‘verosimilmente’. A quel punto il contribuente ha due strade: trovare un accordo  o fare ricorso».

Ricchiuti: «Ricorso è un vero e proprio calvario»

«Per chi sceglie il ricorso – rileva – è l’inizio di un vero e proprio calvario. Tanto per iniziare deve versare un terzo della contestazione (solve et repete). Vince in primo grado? L’AdE fa ricorso. Vince il secondo grado? L’AdE fa ricorso (tanto gli avvocati non li pagano di tasca loro). Vinci in Cassazione? Il più delle volte, spese compensate. Se non ha chiuso prima si ritrova comunque una cifra notevole da sborsare, oltre al capitale fermo per anni per la quota parte versata all’inizio e i danni psicologici e di tempo perso impossibile da quantificare».

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«Ci sono 53.482 fascicoli fiscali arretrati in Cassazione, pari al 46% dei 120.473 giudizi totali pendenti davanti alla Suprema Corte, tutto per questo sistema di regole iniquo e vessatorio, che speravamo si potesse superare con questa riforma fiscale e che invece ha prodotto solo un piccolo topolino dove le aziende continueranno ad essere ostaggio dei contenziosi in barba ad ogni statuto del contribuente, che continuerà a percepire che la pubblica amministrazione lo ritenga sempre, e per definizione, di sicuro colpevole di qualche reato fiscale. A tutto questo si aggiunge, quell’obbrobrio giuridico da sempre da noi contestato dell’inversione dell’onere della prova» conclude Ricchiuti.

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