Il leader Cgil si mette di traverso sulla finanziaria 2026
Inutile dire che Landini sapeva benissimo la figuraccia che avrebbe fatto l’altra sera a «Di Martedì», definendo la Meloni «cortigiana di Trump», ma ha ottenuto ciò che voleva: un po’ di pubblicità spicciola in più, nel momento in cui il governo s’apprestava ad approvare la finanziaria 2026, che si preoccupa innanzitutto di famiglie e stipendi, con l’ok delle agenzie di rating. Vale la pena di regalargliene dell’altra?
Personalmente ritengo di no! Tanto più che la Presidente del Consiglio gli ha replicato con ironia e sarcasmo, mettendolo praticamente in ridicolo e sottolineando che si tratta solo di «un’altra splendida diapositiva della sinistra: quella che per decenni ci ha fatto la morale sul rispetto delle donne, ma che poi, per criticare una donna, in mancanza di argomenti, le dà della prostituta». Purtroppo, causa Meloni, Landini «schizofreneggia» ogni giorno di più. Forse è il caso di chiamare gli infermieri prima che sia troppo tardi.
Il «gatto e la volpe» del secondo millennio
Da qualche tempo mi chiedo – e non solo io – da che parte stiano il gatto e la volpe del secondo millennio: Landini e Schlein. In verità, mi piacerebbe sentirlo direttamente da loro, ma non lo faranno mai, perché sono convinti che «si fa ma non si dice». Allora mi cimento a farlo io, sulla scorta dei loro comportamenti. Anche perché, ormai è evidente – e non solo da oggi – che ha cambiato attività, ma senza ufficializzare il proprio cambio di status professionale.
Sicché è sempre il capo della Cgil, ma non si interessa più delle questioni dei lavoratori, delle loro esigenze, delle fabbriche che chiudono, e si è messo a organizzare scioperi e manifestazioni contro il governo che, guarda caso, cominciano pacificamente ma finiscono sempre in maniera violenta, con vetrine di negozi spaccate, cassonetti svuotati e lanciati, sassi, pietre e bottiglie, e aggressioni alle forze dell’ordine. E, dulcis in fundo, bloccando le città, strade e autostrade, vandalizzando stazioni ferroviarie, metropolitane e autobus.
«La gente non arriva a fine mese»
Certo, fino a che le questioni sul tappeto riguardavano l’Italia, i lavoratori, i giovani, la scuola, le famiglie, gli anziani, le pensioni, ecc., avevano un senso e, quando pacifiche, andavano giustamente condivise. Ma adesso che sostiene, un giorno sì e l’altro pure, che la gente non arriva a fine mese, che senso ha, caro segretario, firmare ben 22 contratti collettivi al di sotto dei 9 euro lordi (ovvero 5 euro netti) l’ora, che non risolvono il problema ma lo peggiorano?
Peraltro, senza dire una parola contro Stellantis, ex Fiat, che qualche giorno fa ha annunciato investimenti per 13 miliardi e 5.000 assunzioni negli USA, cancellando le proprie origini italiane e dimenticando quanto deve, per quello che è oggi, al nostro Paese.
Rammentiamoglielo: dal 1975 al 2012 ha ricevuto dallo Stato ben 220 miliardi di euro, pari cioè a 425.979 miliardi e 400 milioni di lire, cui va aggiunto quanto ha ricevuto dal 1899, anno di fondazione, al 1974 e dal 2012 a oggi. E non è poco. Senza dire dei privilegi economici di cui ha goduto e del fatto che ben il 50% dei contributi incentivanti, dal 2000 in avanti, sono serviti a realizzare modelli prodotti all’estero e venduti in Italia. Anche allora Landini tacque, in cambio di un po’ di spazio su «La Stampa» e «la Repubblica», proprietà Exor di Agnelli-Elkann, e la sinistra non gli fu – né lo è oggi – da meno.
Contro la manovra e il taglio dell’Irpef
Ma ora che il governo ha deciso di mettere al centro della propria azione il ceto medio, tagliando l’Irpef e destinando più risorse a famiglie e casa, Landini e Schlein si mettono di traverso.Sbraitano che «la manovra ci porta a sbattere», il terzo che la crescita non si fa tagliando l’Irpef ai lavoratori. Ma le banche si sono dette pronte a sottoscrivere un contributo di 4,3 miliardi per il 2026, 4,4 nel 2027 e 2,3 nel 2028.
La «rivolta sociale» come obiettivo politico
La realtà è che, purtroppo, il problema di Landini – poiché a Palazzo Chigi c’è un governo che non gli piace – non è più quello dei lavoratori, bensì la «rivolta sociale» per combatterlo e provare a farlo saltare, mettendo sottosopra il Paese. E allora ogni occasione è buona per fare guerriglia, anche quelle di Gaza e Palestina, che ormai sembrano avviate a conclusione grazie anche – come riconosciuto da Trump, Europa e Paesi del MO, ma non dalla sinistra italiana – al ruolo svolto dall’Italia.
Dallo sciopero del calcio alla «Democrazia al lavoro»
Il che a mister Landini non interessa e, addirittura, proclama lo sciopero del calcio, invitando i tifosi a disertare prima lo stadio di Udine per boicottare la partita con Israele valida per la qualificazione ai Mondiali 2026 di martedì scorso, con lo scontato corollario «guerrigliero» contro la polizia di un centinaio di proPal a volto coperto e due colleghi – di RaiNews e di Video Local Team – feriti durante gli scontri.
E non ancora soddisfatti delle «eroiche gesta» di martedì, i proPal guidati da «landinescu» hanno deciso di boicottare anche la Serie A di calcio, invitando, per sabato 25 ottobre, i tifosi a non andare allo stadio ma «in piazza» con loro: invito firmato da una fantomatica e bizzarra «Democrazia al lavoro». Che cosa sia e da dove arrivi, nessuno lo sa, ma si capisce che è figlia della fervidissima fantasia di Landini e della «rivolta sociale». «Democrazia al lavoro»? No, «rivolta alla democrazia».
E solo per carità di patria vi evito l’ennesima sottolineatura della gaffe di delirElly Schlein a proposito della bomba sotto l’auto di Ranucci, che sarebbe responsabilità della Meloni, perché con la destra al governo la democrazia è a rischio. Da che pulpito vien la predica! Del resto, perché sorprendersi: l’ex sardina divenuta alice è italiana solo per un terzo; per il resto è statunitense e svizzera. Quindi, con quella lingua triforcuta, di stupidate ne può dire di tutti i colori.




