Toghe rosse e opposizione si fanno da sponda perché «tutto cambi, ma nulla muti»
Ma l’Italia è uno stato giudiziario? Il rientro dei 43 clandestini dall’Albania – imposto dalle toghe rosse dell’ANM ovvero un’associazione privata sindacale e non un potere – ha inferto un altro colpo alla «Repubblica democratica fondata sul lavoro» in cui «la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione» e quindi col voto, disegnata dall’art. 1 della Costituzione.
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Il silenzio del Capo dello Stato e il potere dell’Anm
Non ci si può non chiedere, a questo punto, quanto stia pesando e quali conseguenze stia avendo, sullo scontro fra magistratura (ormai sembra aver cambiato ruolo: non più l’amministrazione della Giustizia, ma opposizione politica, per impedire che le riforme del governo, ancor di più, quelle della Giustizia e separazione delle carriere arrivino al traguardo) e governo, il silenzio del Capo dello Stato, in questi 10 anni di presidenza. Quanto basta perché l’Anm si senta – pur sapendo di non esserlo – l’unico e vero potere dello Stato.
Al punto che i suoi aderenti si ritengono autorizzati a disapplicare le leggi del governo che, in quanto eletto dal popolo e suo rappresentante ha – per attribuzione costituzionale – il dovere di legiferare, negli interessi dei cittadini, non dei partiti e neanche dell’Associazione Nazionale Magistrati, i cui iscritti, Costituzione alla mano, le leggi dovrebbero limitarsi, ad applicarle, non interferire con loro. Cosa che le toghe rosse non hanno alcuna intenzione di fare. Anzi! Non è un caso che hanno approfittato dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2025, per mostrare i muscoli al Governo, annunciando che il 27 febbraio incroceranno le braccia.
Il rinnovo del Comitato Direttivo Centrale
Salvo che sulla scorta del risultato del voto per il rinnovo del Comitato Direttivo Centrale che ha fatto registrare – grazie alla vittoria di Magistratura Indipendente (2.065 voti) e Unicost (1.560) e ai magistrati vincitori dell’ultimo concorso e appena entrati in organico – una decisa virata a destra. Resa, peraltro, possibile da una grande partecipazione al voto (81%).
Il che dimostra come – se i cittadini non hanno più fiducia nei giudici – la maggioranza degli stessi è stanca degli squilibri dei propri leader. Tant’è che, purtroppo per il presidente Santalucia, anche la protesta contro le riforme di Nordio si è risolta in un mezzo flop. Il che lascia sperare che dai «giudici ragazzini», possa arrivare un po’ d’aria fresca e consentire agli «ermellini», di riconquistare la fiducia dei cittadini.
Risultato auspicabile, ma non facile. A meno che questo cambiamento di rotta non produca effetti immediati consentendo di eleggere velocemente i 36 membri del parlamentino di Anm che dovrà poi provvedere a votare al proprio interno, il presidente, il segretario e gli altri 8 componenti della giunta esecutiva. Certo, trattative permettendo. Ma prima ci si riuscirà, meglio sarà, per il Paese, la Giustizia, e la Magistratura, cui si presenta l’occasione per riscattarsi dagli errori commessi da almeno 60 anni a questa parte. Che avrebbero potuto costarci ancora di più di quanto non ci siano costati.
Gli esempi illustri
Per fortuna quando questa storia è cominciata – eravamo ancora nella prima repubblica – abbiamo potuto contare su Capi di Stato che si sono fatti sentire in difesa, e non solo a chiacchiere, della Costituzione e degli italiani. Mi riferisco a esempio a Saragat che, quando – durante il suo settennato – i giudici minacciarono per la prima volta di scioperare, li bloccò ricordandogli «l’inammissilità giuridica di uno sciopero dei magistrati», ma anche al suo successore Leone che, li invitò a riflettere su «cosa succederebbe se decidessero di fermarsi anche i giudici della Cassazione o quelli della Corte Costituzionale o il Capo dello Stato».
Né furono da meno Pertini, chiamato a guidare il Csm quando questo riteneva di essere la terza Camera dello Stato e il «picconator cortese» Cossiga che già prima di diventare Capo dello Stato, aveva denunciato l’eccesso di politicizzazione della magistratura. Ebbene, cos’è cambiato da allora? Praticamente niente.
E se qualcosa è cambiato, la vicenda Almasri e il mutismo di Mattarella sul confronto fra governo, politica e magistratura, dimostrano che è mutato in peggio. Toghe rosse e opposizione si fanno da sponda l’un l’altra, perché tutto cambi, senza che nulla muti. Ma stavolta, pare abbiano fatto i conti senza l’oste. Anzi, senza Meloni e nonostante che l’inquilino del Quirinale – anziché sul colle, sembra vivere su un altro pianeta – continui a tacere.
Ora, però, sarà costretto a dire qualcosa. Perché i 5 laici di centrodestra del Comitato di Presidenza del Csm, che lui presiede, hanno chiesto l’apertura di una pratica disciplinare per l’iscrizione nel registro degli indagati di Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano per il caso Almasri (accusato delle peggiori nefandezze dalla Corte Europea di giustizia, ma non ancora condannato da alcun tribunale) che, per Di Pietro, notoriamente anti-destra: «non ha alcuna rilevanza penale». E, forse, sapremo da che parte sta Mattarella!