I locali di vico Quercia ricorrono contro l’ordinanza del Tribunale
Prosegue il caos movida a Napoli e la faida legale tra gestori dei locali, amministrazione e residenti. Il sindaco non si espone e non si sbilancia, spinge sull’elaborazione di una legge nazionale. Come presidente Anci, Manfredi è al lavoro per un tavolo nazionale che possa stabilire col governo delle regole certe. Accolto dal Tribunale civile di Napoli il ricorso dei residenti di vico Quercia, nel centro storico di Napoli. L’ordinanza impone a 8 locali della zona di dotarsi di un servizio di vigilanza privato, supporti antirumore per tavoli e sedie e accorgimenti relativi alla movimentazione del vetro dopo le 23. Gli esercenti impugneranno il provvedimento.
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Il ricorso è stato comunicato dopo gli esiti della sentenza che ha coinvolto il Comune in un risarcimento danni nei confronti di 7 residenti di piazza Bellini, seguiti dall’avvocato e consigliere comunale Gennaro Esposito, per una cifra di 230mila euro complessivi. La situazione per vico Quercia è leggermente diversa, poiché non vede coinvolto direttamente il Comune di Napoli, ma gli esercizi commerciali. Sette degli otto locali che impugneranno l’ordinanza sono assistiti, appunto, dall’avvocato Roberta Valmassoni, la quale afferma che «i provvedimenti sono giusti, ma potrebbero rivelarsi inefficaci giacché imposti solo a una minoranza di locali di somministrazione, rispetto a tutti quelli esistenti nell’area di interesse».
Accorgimenti giusti, non risolutivi
«L’ordinanza – prosegue Valmassoni – ci ha lasciati perplessi non tanto per gli accorgimenti imposti, che riteniamo giusti e praticabili, quanto per averci ritenuti responsabili del superamento dei livelli di tollerabilità laddove lo stesso CTU del Tribunale aveva chiaramente riconosciuto che i locali resistenti non sono causa diretta delle immissioni acustiche, la cui origine è stata, invece, individuata nel forte rumore antropico dovuto alla presenza di tante persone nell’intera area. Rumore che, peraltro, è forte anche di giorno. Stando così la situazione, appare illogico addossare solamente agli 8 locali coinvolti nel giudizio l’onere di riportare ai livelli di tollerabilità il rumore antropico di un’intera strada».
30 giorni per riorganizzare il lavoro
I residenti, però, insistono, inviano a Repubblica video del fracasso che si genera di notte, sostenendo che nemmeno l’ordinanza abbia fermato i locali nello svolgere le loro consuete attività. I locali, prontamente, rispondono che il Tribunale ha concesso loro un mese per riorganizzare il lavoro e trovare delle strategie per riuscire ad arginare il problema.
Il legale dei locali però insiste, sostenendo che «una regolamentazione parziale dell’area finirà per rivelarsi completamente inefficace e non risolutiva dei problemi lamentati dai residenti. È questa la ragione che ci ha determinato a proporre reclamo, dal momento che l’ordinanza lascia aperta la strada a sanzioni progressive gravissime che potrebbero successivamente essere applicate ai miei assistiti laddove non riuscissero a riportare il rumore antropico sotto le soglie della tollerabilità».
«Le predette sanzioni, che prevedono l’inibitoria degli spazi esterni nonché la chiusura degli esercizi entro le 23 dalla domenica al giovedì ed entro le 24 nel weekend, appaiono manifestamente ingiuste, comportando di fatto la chiusura dei soli locali coinvolti nel giudizio senza risolvere il problema della zona, in quanto più della metà degli esercizi di somministrazione dell’area di Cisterna dell’Olio e Vico Quercia rimarrebbe priva di restrizioni, in palese violazione degli artt. 1 2 e 3 della Costituzione e della libera concorrenza».
La responsabilità del Comune e la chiusura anticipata
È innegabile che imporre la chiusura entro le 23 in settimana ed entro le 24 nel weekend a esercizi commerciali che svolgono attività principalmente pomeridiana e notturna, possa indurre loro al fallimento, dovendo essere privati delle 4 ore più remunerative della settimana, ossia il venerdì dalle 23 all’1 e il sabato dalle 24 alle 2. Inoltre, le disposizioni inserite nell’ordinanza prevedono delle spese extra per gli esercizi commerciali che saranno obbligati ad affrontare. Intanto, i residenti vogliono dormire e il vicolo continua a essere un agglomerato di persone che non ha voglia di tornare a casa presto.
I giovani hanno bisogno di spazi di aggregazione, ma il centro storico non ne dispone. La responsabilità del caos, così come fa notare l’avvocato e presidente del Comitato Vivibilità Cittadina Gennaro Esposito, è dell’amministrazione. Il Comune ha rilasciato licenze per l’apertura di esercizi commerciali senza preoccuparsi delle conseguenze. Per cui, i locali che hanno aperto e vogliono svolgere regolare servizio e adempiere al proprio lavoro correttamente, sono costretti a lottare con chi risiede in quella zona da prima di loro e si sente violato in casa propria. L’attuale amministrazione se ne lava le mani, secondo il sindaco Gaetano Manfredi serve una legge nazionale.
I lavoratori della notte esistono e necessitano di essere ascoltati
«Il caso Bellini e il caso Vico Quercia si somigliano solo in apparenza», spiega l’avvocato Valmassoni. «L’unica cosa che li accomuna – prosegue – è il pericoloso clima repressivo che il dibattito sulla movida sta assumendo nei Tribunali di merito partenopei. Da un lato c’è la politica, con il sindaco Manfredi che dichiara di voler trovare una soluzione mediana e i Comitati di quartiere che chiedono solo le chiusure dei bar. Dall’altro la Giurisprudenza che tuona contro il Comune».
«Poi, in un angolo nascosto dell’opinione pubblica – sottolinea -, ci sono i lavoratori della notte, gli unici che davvero subiscono i recenti provvedimenti della Magistratura e di cui nessuno parla, quasi come fossero un inutile contorno di disturbo ad un dibattito troppo autorevole per interessarsi alla loro opinione. E invece, che l’Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro i Costituenti hanno pensato di dirlo nel primo articolo della Costituzione. Non può che lasciare perplessi il fatto che a Vico Quercia questo diritto venga ignorato e violato, rischiando di mettere letteralmente in mezzo alla strada decine di lavoratori, quando lo stesso CTU del Tribunale ha riconosciuto che il superamento dei limiti di tollerabilità acustica non è «conseguenza diretta dei locali». Senza responsabilità del fatto non potrà mai esserci sanzione».
Napoli non è una città per giovani
I giovani scappano dal Sud Italia, quotidianamente sui giornali si parla di Neet e di fughe di cervelli, ma tra i giovani c’è anche chi sceglie di rimanere e investire nel proprio territorio, concretizzando un sogno come quello di aprire un esercizio commerciale al centro storico. La risposta alla realizzazione di questo sogno, da parte dei residenti, principalmente quelli un po’ più adulti, è la guerra.
I locali, tramite il loro legale, nonostante tutto, rassicurano: «I miei assistiti provvederanno a mettere in atto le soluzioni imposte e ogni altro accorgimento volto al miglioramento della vivibilità dell’area, spontaneamente e a prescindere dalle sorti dell’ordinanza, ma non potranno riuscire da soli a risolvere il problema né potranno essere destinatari di ulteriori sanzioni ingiuste ed eccessivamente gravose, non essendo i responsabili diretti del superamento dei limiti acustici della zona».
La testimonianza di un gestore
Una testimonianza di esercenti che hanno investito nei propri sogni è Luca Coda, titolare di uno dei locali di Vico Quercia raggiunti dal provvedimento, il quale manifesta tutta la sua preoccupazione per il futuro della propria attività commerciale, nella quale ha creduto ed investito dando lavoro ad almeno 10 persone.
«L’impossibilità evidente – dichiara Coda – di contenere da soli il flusso di persone che ormai da tempo frequentano la zona, che è diventata ormai un punto di riferimento per napoletani e turisti, finirà per far scattare nei nostri confronti le altre sanzioni riportate nell’ordinanza che equivalgono alla totale chiusura delle sole attività coinvolte dai ricorrenti. Abbiamo sempre lavorato nel rispetto dei residenti, cercando, laddove possibile, momenti di confronto e dialogo, e, pertanto, chiediamo che il nostro diritto al lavoro venga tutelato».
«Certamente – spiega – adotteremo tutti i provvedimenti necessari al miglioramento della situazione ma resta l’amaro in bocca nei confronti di un provvedimento che riteniamo ingiusto anche tenuto conto dell’opera di riqualificazione di una zona che in passato era teatro di criminalità e degrado. Il lavoro costante che abbiamo svolto a Vico Quercia, proponendo un’attività di qualità e ben frequentata, dove non si sono mai registrati fenomeni di illegalità o violenza, ci ha fatto sentire parte di una comunità che oggi ci sta quasi mettendo alla porta, senza riconoscere l’impegno quotidiano profuso per condurre le nostre attività»