Il «No» della magistratura al piano Albania? Forse alle «toghe rosse», non piace il «governo tricolore»

Perché 26 paesi dell’Ue possono espellere e il 27esimo, l’Italia, no?

Da più parti ancora si sostiene che quella italiana è «la Costituzione più bella del mondo». Vero. Ma non ci si può nascondere – salvo che non s’intenda farlo per interessi ideologici – che la guerriglia scatenata da una parte della magistratura di rosso vestita, contro il governo – a proposito del «piano Albania», Paesi sicuri e immigrazione clandestina – sia figlia e conseguenza delle tante ambiguità presenti nella stessa.

Lo ha esplicitamente detto anche il presidente uscente della Consulta Barbera che non può essere certo tacciato di connivenze con la Destra. A fine marzo, intervistato da «Il Sole 24 Ore» ha parlato di «sistema ereditato dalla guerra fredda» e «utilizzato proprio per non permettere al vincitore delle elezioni di governare».

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Tra i padri costituenti – a suo dire – c’era la paura che vincendo l’uno o l’altro schieramento i valori degli sconfitti fossero messi in discussione. Per cui «le forze costituenti, preferirono adatttarsi alla paura e alla diffidenza reciproca».

La cui prima conseguenza – dal momento, che i comunisti temevano la Dc e il suo potere clericale, i democristiani erano preoccupati dell’accoppiata socialcomunista e, tutti insieme, come oggi, avevano paura della destra – negli anni ‘60/’70 s’inventarono l’assolutamente incostituzionale (perché escludeva dal dibattito politico dell’epoca una fetta non indifferente d’italiani la cui unica colpa era di non pensarla come loro) «arco costituzionale» escludendone quel Msi che – a loro dire – ne era l’erede, seppure con la faccia lavata.

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Sicché – considerando che la maggioranza che redasse e diede il via libera a quella Costituzione era un cocktail di sinistri, cattolici e liberali – è fin troppo facile rendersi conto che quella che ne derivò fu il frutto di una serie di compromessi, controlli, rigidità sui meccanismi istituzionali e sulla separazione dei poteri. E soprattutto in materia giudiziaria.

Le ambiguità

A leggerla con attenzione, infatti, è facile accorgersi che, in quanto ad ambiguità, soprattutto nei rapporti fra politica e magistratura, la Costituzione abbia dato, dia e dà, il meglio di se stessa. E per rendersene conto basta riflettere su quanto statuito in due articoli della prima sezione «l’Ordinamento giurisdizionale» del titolo IV relativo alla Magistratura.

Il primo: l’art 101 statuisce «La giustizia è amministrata in nome del popolo» e che «I giudici sono soggetti soltanto alla legge» e fin qui tutto in perfetta regola. In uno Stato di diritto, laddove «la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (cioe, col voto)», la giustizia non può che essere amministrata «in nome dal popolo» ed il giudice non può che rispondere soltanto alla legge scritta dal governo ed approvata dal Parlamento che, ne sono espressione.

A confondere, però, un attimino le idee – a chi ha interesse a farsele confondere (vedi le toghe di rosso vestite) – è l’art. 104 che mentre nella sua pima parte statuisce e giustamente che «La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere» non chiarisce però che a governare quel potere non sono i giudici ordinari, bensì il Consiglio Superiore della Magistratura.

A dimostrarlo la constatazione che nell’intero articolo si parla sempre e soltanto di composizione, prerogative, organizzazione e modalità di elezioni dei suoi componenti, senza mai citare o richiamare i giudici. Che singolarmente presi non sono la Giustizia, ma gli operatori della stessa e – sulla scorta del suaccennato art. 101 – restano «soggetti alla legge» e devono solo applicarla. Salvo che – per motivazioni politico-ideologiche, come nel caso della sentenza che ha bloccato i centri in Albania – non ne siano convinti, nel qual caso, però, prima di disapplicarle, devono chiederne e ottenerne la decretazione d’incostituzionalità da parte della Consulta.

L’assenza del Colle

Intanto continua a lasciare perplessi l’assenza o quasi del Colle, rispetto ai comportamenti dei giudici. Certo, ha detto «si» al decreto «Paesi sicuri», ma solo per «evitare scontri con le toghe». A mio avviso, però, sarebbe giusto ricordasse loro che, in quanto magistrati ordinari – vedi Art. 101 – sono un ordine (anche i commercialisti lo sono ma non possono disapplicare le leggi fiscali) mentre il potere di cui sopra nel loro caso – art. 104 – è rappresentato dal Consiglio Superiore della Magistratura.

Sicché, è tempo di accelerare l’approvazione della riforma della Giustizia e delle separazione delle carriere! Checché ne dicano e vogliano le toghe rosse d’Europa che, vorrebbero fermarla! A proposito, sarebbe opportuno che qualche magistrato ci spiegasse perché tutti i 26 paesi dell’Ue possono espellere, la Germania guidata dal cancelliere socialdemocratico Scholz ha sospeso Schengen e il 27° (l’Italia) grazie a loro, no? Non sarà perché alle toghe rosse, non piace il governo tricolore?

Setaro

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