Fisco e quadri, Vittorio Sgarbi prosciolto dalle accuse a Roma

di Virginia Iadonisi

A processo con la compagna per sottrazione fraudolenta alle imposte

«Non luogo a procedere». È quanto ha deciso il gup di Roma nel procedimento che vedeva imputati l’ex sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi e la compagna Sabrina Colle accusati di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Debiti che il critico d’arte aveva con l’Agenzia delle Entrate per un totale di circa 715mila euro.

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La tesi accusatoria

I pm avevano chiesto il processo per Sgarbi contestando l’acquisito di un dipinto nel 2020 all’asta, facendo figurare la compagna come acquirente e con denaro di una terza persona, con l’intento di mettere l’opera al riparo da eventuali aggressioni da parte del Fisco. Il procedimento era stato avviato nel 2023. La vicenda, finita all’attenzione dei magistrati del pool che si occupano a piazzale Clodio di reati fiscali, risale all’ottobre di tre anni fa ed è legata ad una vendita durante la quale, secondo l’accusa, la compagna di Sgarbi, avrebbe acquistato un’opera dell’artista Vittorio Zecchin pagandola 148 mila euro circa. Secondo l’impianto accusatorio il reale acquirente sarebbe però lo stesso critico d’arte.

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Una ricostruzione da subito contestata da Sgarbi che venne ascoltato anche dagli inquirenti ai quali annunciò anche un piano per rientrare dal debito con il fisco. L’acquisto del dipinto, «Il giardino delle fate», dipinto del 1913, secondo la tesi di Sgarbi, sarebbe stato realizzato grazie alla munificenza dell’ormai defunto Corrado Sforza Fogliani, avvocato cassazionista e banchiere, ex presidente di Confediliziae vicepresidente dell’Abi. Per la Procura l’obiettivo era, invece, mettere l’opera al riparo da eventuali interventi da parte dell’Entrate.

Per chi indaga quanto avvenuto configura il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte come previsto dall’articolo 11 della legge 74 del 2000 che punisce chiunque «al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte» «aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva».

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Una ricostruzione non condivisa dal gup che ha fatto cadere le accuse per i due imputati. «La decisione del gup ci lascia pienamente soddisfatti – commenta l’avvocato Giampaolo Cicconi, legale di Sgarbi – anche perché siamo in presenza della formula assolutoria più ampia. Con oggi speriamo si chiuda una vicenda giudiziaria che ha provocato sofferenze al mio assistito e alla sua compagna»

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