Arresti per usura, l’ombra dei Contini: alcuni indagati imparentati con un ras della Stadera

di Enrico Biasi

Il racconto di una delle vittime: «Sapevo chi fossero. Uno mi disse che se avessi pagato non mi sarebbe successo nulla»

C’è l’ombra del clan Contini (anche se l’aggravante mafiosa, ipotizzata, è stata esclusa dal gip) alle spalle dell’organizzazione sgominata dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia carabinieri Poggioreale, con il supporto dei militari del Nucleo Investigativo di Napoli e dei gruppi carabinieri di Napoli e di Castello di Cisterna. La contestazione mafiosa (non avallata dal gip) deriva dal fatto che il gruppo agiva nella zona della Stadera, area sotto il controllo del clan. Ma anche dal fatto che uno degli indagati è figlio di un defunto esponente di spicco dei Contini.

Il gruppo della Stadera

Nell’area della Stadera, come dimostrato nell’ambito di altre inchieste, si estende il gruppo Contini, attraverso una sua emanazione sottoposta agli storici ‘capi’ del Rione Amicizia. Fino al 2018 – anno del suo decesso, avvenuto per cause naturali – la direzione del «Gruppo Stadera» era stata affidata a Paolo Di Mauro, meglio noto con l’appellativo di «Paoluccio ‘o ‘Nfermiere», in ragione del ruolo ricoperto all’interno dell’ospedale San Giovanni Bosco, da sempre ritenuta struttura di «particolare interesse» per il clan Contini.

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Di Mauro, dopo un periodo di latitanza durato sette anni, venne arrestato in Spagna, a Barcellona, nel mese di gennaio del 2010. Nel corso della sua lunga fuga «Paoluccio o ‘Nfermiere» fu sostituito da quello che potremmo definire il suo «attendente», Domenico Cimminiello, altrimenti detto «Mimi ‘o mericano». Cimminiello, nel periodo in cui «’O ‘nfermiere» era latitante, avrebbe garantito la gestione del «Gruppo Stadera», occupandosi della gestione degli affari.

L’ombra minacciosa

Gli indagati non erano dunque inseriti nel gruppo malavitoso, ma alle loro spalle aleggiava un’ombra minacciosa. Una delle vittime, spiegò di essere consapevole di questo ‘sfondo’: «Sono consapevole delle dinamiche che regolano il quartiere Poggioreale ed ero a ben a conoscenza del fatto che una delle donne fosse sposata con un uomo che tutti conoscevano con il soprannome di ‘O’ Merican’ e che può essere considerato uno dei luogotenenti dell’organizzazione».

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Poi aggiunse: «Tutte le persone del quartiere sono perfettamente a conoscenza del fatto che la sua famiglia possa essere considerata nel contesto criminale». Una consapevolezza che lo portò a dire: «Sapevo che con loro non potevo assolutamente sbagliare e che non potevo affatto ritardare nel pagamento delle varie rate da corrispondere». Dopo la morte della ‘titolare’ del credito, la palla passò agli eredi. Uno di loro disse alla vittima: «Se sei puntuale nei pagamenti, non ti succede nulla». Parole che suonarono come una vera e propria minaccia.

Le persone indagate

Quindici provvedimenti emessi (di cui 14 eseguiti) a carico di indagati, a vario titolo, di usura ed estorsione. Gli indagati avrebbero estorto denaro ai danni di due fratelli, un medico e un dipendente pubblico, che avrebbero contratto debiti con tassi usurari spesso superiori al 100% mensile. Con picchi che arrivavano al 240%.

L’ordinanza emessa dal gip ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di otto indagati: Angelo Alfieri, 53 anni, Giovanni Alfieri, 60 anni, Costantino Bacioterracino, 68 anni, Salvatore Cinque, 58 anni, Francesco Cosenza, 53 anni, Mirko Davide, 31 anni, Fiore Ferraro, 61 anni, Fabio Musella 41 anni. Ai domiciliari sono invece finiti: Raffaele Cacciapuoti, 36 anni, Massimo Cerrato, 52 anni, Giuseppe Cimminiello, 34 anni, Leonardo Cimminiello, 29 anni, Vincenzo Cosenza, 33 anni, Lucia Ferraro, 62 anni, Elisabetta Visco, 44 anni.

La denuncia

L’indagine è nata dopo le denunce di un medico in pensione e del fratello, dipendente pubblico. Il professionista avrebbe conosciuto uno degli usurai nel periodo compreso tra novembre e dicembre dell’anno 2017, sempre tramite un meccanico, conoscenza comune. L’indagato avrebbe concesso al medico un prestito complessivo di 25.000 euro, elargiti in diverse tranche. Una somma che serviva a ripianare i debiti con altri usurai.

Nel periodo compreso tra il mese di gennaio e quello di giugno del 2018, il medico avrebbe versato una serie di rate settimanali dall’importo di 500 euro, per un importo totale pari a 13.000 euro, per poi sospendere i pagamenti nei mesi luglio ed agosto del 2018, a causa delle pressanti richieste degli altri usurai. Successivamente, dal settembre del 2020, fino a dicembre 2020, il professionista avrebbe corrisposto all’indagato rate settimanali da 250 euro, fino a totalizzare un importo complessivo di 28.000 euro. A fronte di un prestito complessivo di 25.000avrebbe pagato 41.000 euro, di cui 16.000 euro di puro interesse.

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