Alla scoperta della Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta: un gioiello ritrovato

Il primo santuario della città ad essere dedicata alla Vergine

La Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, nel centro storico di Napoli, in via dei Tribunali, è una chiesa basilicale tra le più particolari anche perché fu il primo santuario della città ad essere dedicata alla Vergine. La struttura originaria fu edificata sotto l’episcopato di San Pomponio (524-532), come basilica paleocristiana su un’antica struttura di epoca romana, con molta probabilità un tempio dedicato alla dea Diana.

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Leggenda narra che la Vergine sia apparsa in sogno al vescovo mostrandogli un pezzo di stoffa azzurra e dicendogli che ove avesse visto quel pezzo di stoffa avrebbe dovuto edificare una sacra struttura per liberare il popolo dall’infestazione del diavolo che si manifestava sotto forma di un maiale.

La leggenda, l’edificazione e la riapertura

Durante il suo episcopato, Pomponio, notò anche che il terrore si stava diffondendo nella zona poiché, all’imbrunire, venivano uditi spaventosi grugniti tra i vicoli, al punto di far pensare alla gente che si trattasse di una presenza maligna e costringendo quest’ultima a rinchiudersi in casa.

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A contribuire a questa paura, si aggiunse anche il fatto che, nei tempi passati, erano state scoperte delle janare, che secondo la tradizione popolare erano delle streghe, dedite al culto di Diana proprio nello stesso luogo. Fu proprio sui resti dell’antico edificio romano che Pomponio fece costruire il Santuario dedicato alla Madonna di Napoli che divenne meta dei fedeli da ogni parte della città; infatti secondo la tradizione era su queste antiche rovine che fu trovano il panno azzurro.

Nel 1600 si rese necessario ricostruire la chiesa a causa delle gravi condizioni strutturali in cui versava, dovute ai danni provocati dal terremoto del 1456. I lavori per la costruzione della nuova Basilica ebbero inizio nel 1656 con la direzione Cosimo Fanzago. Durante la Seconda Guerra Mondiale due bombardamenti danneggiarono gravemente la struttura e distrussero i capitelli corinzi. La chiesa rimase per molto tempo, affinché fosse restaurata.

Una solenne messa fu celebrata il 21 giugno del 2007 in occasione della sua riapertura. Oggi è stata trasformata in uno spazio espositivo, «Il Lapis Museum», che ospita mostre di arte contemporanea principalmente.

Una costruzione maestosa

L’interno, a pianta combinata che pone particolare attenzione sulla spazialità creata dal gioco delle volte a calotta e cupole, presenta una decorazione in stucco con ordine gigante di lesene corinzie. La pavimentazione in maiolica risale al XVIII secolo e fu realizzata da Giuseppe Massa. Di grande impatto è il campanile della Basilica che, ha mantenuto la sua forma romanica originaria. Avente una pianta quadrata e costruito su quattro livelli è interamente in mattoni.

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Artisti come Michelangelo Schipa e Benedetto Croce pensavano che il campanile fosse contemporaneo alla chiesa ma studi successici del Venditti lo fanno risalire al IX-X secolo. Ha elementi decorativi di rilievo come le teste di grifo, mitico animale, metà leone e metà aquila che simboleggia il conflitto tra natura divina e natura umana. La facciata della chiesa è addossata ad un corpo laterale composto dalla Cappella Pontano e dalla settecentesca Cappella del Salvatore.

La Cappella Pontano

La Cappella Pontano fu costruita per volere di Giovanni Gioviano Pontano nel 1492, per rendere omaggio alla sua defunta moglie Adriana Sassone, morta due anni prima. Il monumento funebre fu costruito su progetto di Francesco di Giorgio Martini o di fra Giovanni Giocondo. Sul portone d’ingresso erano presenti gli stemmi della famiglia Pontano e di sua moglie e al suo interno vi erano anche epigrafi in greco e in latino scritti da Pontano stesso sui temi della vita. La struttura ha una pianta rettangolare e un pavimento di formelle in maiolica. Successivamente divenne anche luogo di sepoltura dello stesso Pontano.

Le prime cisterne

La Cappella del Santissimo Salvatore, invece, risale al 1150 e nel Settecento fu rinnovata completamente; fu abbellito l’altare maggiore e inserito un pavimento di maiolica. Sotto la Basilica è presente una cripta che corrisponde al livello di una domus romana e ancora più in basso c’è il regno dell’acqua. Fu proprio lì che i greci vi costruirono le prime cisterne che raccoglievano l’acqua piovana; utilizzate successivamente dai romani e per poi essere anche da rifugio durante la Seconda Guerra Mondiale.

La struttura può vantare un suggestivo percorso sotterraneo: un Decumano Sommerso che si estende per circa un chilometro. Fondamentale è il Museo dell’Acqua, un importante progetto nato dalla collaborazione tra l’Associazione Pietrasanta e ABC Napoli, che ha restituito l’originaria funzione delle antiche cisterne greco-romane.

Inoltre, c’è la Sala della Luna, che ricorda le origini pagane e della mitologica figura della dea Diana, dea delle selve e, appunto, della luna e infine, a chiudere l’itinerario di visita la Sala dei Racconti, con la proiezione di una scena di eduardiana memoria, e la Sala dei bombardamenti, le cui installazioni provano a restituire le sensazioni e le emozioni vissute nel passato da coloro che hanno vissuto in prima persona quei drammatici momenti.

L’Associazione Pietrasanta

L’Associazione Pietrasanta ha voluto rendere questo percorso universalmente accessibile così è stato fatto installando il primo ascensore archeologico del centro storico, capace di collegare l’ambiente della cripta con il sottosuolo in appena 20 secondi, scendendo ad una profondità di ben 35 metri e 2000 anni indietro nel tempo. Il complesso della Pietrasanta, ora come in passato, resta un luogo ricco di fascino dove è possibile fare un viaggio nel tempo, nel cuore del centro storico di Napoli e riuscire a vedere cosa c’è stato prima di noi.

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