Sparatoria a Capodimonte, la pista della lite degenerata

I 3 feriti potrebbero aver avuto una discussione al culmine della quale sono spuntate le armi

Potrebbe esserci una lite a monte della sparatoria che si è verificata in pieno giorno in corso Amedeo di Savoia nel pomeriggio di giovedì. È questa la pista principale della Squadra Mobile che sta cercando di ricostruire le fasi che hanno portato al ferimento di tre uomini all’esterno di un salone da barbiere, nei pressi di una filiale della banca Bper.

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Trasportati al Vecchio Pellegrini, due di essi hanno rifiutato il ricovero. Si tratta di Antonio Russo e Vincenzo Grandelli, entrambi di 55 anni, sono stati colpiti rispettivamente alla gamba destra e alla gamba sinistra, ma per loro il codice era verde, dal momento che i proiettili sono entrati e usciti dai tessuti molli senza intaccare l’osso. In condizioni più gravi, tanto che per lui è stato necessario il trasferimento all’Ospedale del Mare, Gennaro Esposito, 61 anni, arrivato in codice rosso in pronto soccorso con un proiettile nel fianco. Secondo gli investigatori, almeno due dei feriti, sarebbero specialisti di una delle bande del buco che imperversano in città.

Il curriculum criminale

Nel curriculum di Esposito e Grandelli, infatti, c’è un arresto risalente al 2009 insieme ad altre tre persone, quando la Squadra Mobile li catturò perché sospettati di un colpo da 60mila euro all’interno della filiale del Monte dei Paschi di Siena, in corso Novara. Il colpo fu portato a termine con la tecnica del buco. In quel caso, gli ‘uomini talpa’ utilizzarono un basso nei pressi del corso Garibaldi come quartier generale. L’incursione partì da quel punto.

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Si introdussero nel sottosuolo e, dopo aver coperto una distanza di circa due chilometri, sbucarono al corso Novara. Lì, con un foro praticato nel pavimento di uno stanzino, proprio accanto all’ufficio del direttore dell’istituto di credito, fecero irruzione nella filiale, sequestrando persino il direttore per tutto il tempo della rapina. Ma c’è anche una seconda pista sulla quale stanno lavorando gli investigatori e che porta direttamente alla camorra. Non si esclude che, a monte del raid (come accaduto in altri casi), possa esserci la mano dei clan che, dagli specialisti nei reati contro il patrimonio, pretendono la tangente.

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